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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Budapest 23 (7) / E venne il tempo delle staffette

Sabato 26 Agosto 2023

 

4x100-budapest 


Un quartetto del tutto inedito fa il miglior tempo di giornata (37”65), secondo di sempre dopo il 37”50 olimpico. Sullo stesso piano di efficienza le ragazze che maltrattano il record nazionale portandolo a 42”14. Ed ora la doppia finale.

Daniele Perboni

Una pausa. Finalmente ci siamo presi una pausa rilassante. Sveglia a metà mattina. Accendiamo la Tv? Manco se ci ammazzano. Calzoncini, maglietta, scarpe e via di corsa, sembriamo un ragazzino alla fine della scuola (?). Apriamo la porta e veniamo rimbalzati dentro. Un muro, non quello di Berlino e neppure quello del pianto. Aria calda, rovente. Non ritentiamo neppure. Al diavolo la corsetta. Ci pensino gli assatanati della forma e i giovincelli senza problemi cardiaci.

Meglio starsene rintanati in casa e attendere le 19 per le batterie della 4x100, con l’Italia in seconda. Alle 17,53 arriva la formazione: Roberto Rigali, Marcell Jacobs, Lorenzo Patta, Filippo Tortu. Per quanto riguarda le donne (ore 20,00) Zaynab Dosso, Dalia Kaddari, Anna Bongiorni, Alessia Pavese. Sospiro di sollievo. L’operazione Barbarossa, Urano va che è meglio, può prendere il via. 

MIRACOLO ITALIANO Azzurri in seconda batteria, quinta corsia. Passano le prime tre squadre, più i due migliori tempi. Già si sa che gli Stati Uniti, pur bisticciando parecchio nei cambi, come d’abitudine, hanno piazzato 37”67, la Giamaica 37”68 e il Giappone 37”71. Quarta la Francia (37”98), quinta Trinidad & Tobago (38”89, un tempo abbordabilissimo).

Allo sparo, Rigali piazza un 10”60 (0,115 tempo di reazione) e cambia con Jacobs senza eccessivi brividi. Marcell si scatena. Come continuamente ha ripetuto man mano che gareggia acquisisce consapevolezza e sicurezza. La sua frazione viene cronometrata in un favoloso 8”81, secondo miglior tempo della serata. Meglio soltanto il fenomenale statunitense Kerley (8”62). «Sono estremamente contento della mia frazione. Correre in squadra è tutto diverso e penso che in questi momenti tutta la nazione corre con noi. Il tempo finale ci mette tanta fiducia».

Quando il testimone raggiunge Lorenzo Patta, il sardo non si fa trovare impreparato. Un cambio buono ma perfettibile. 9”24 la terza frazione, per portare il testimone a Filippo Tortu. «Prima della gara ero un po’ scettico – aggiunge il sardo – Venivo da un infortunio. Però so che realmente valiamo questo tempo». A quel punto gli azzurri sono già in testa. Filippo tarda un tantino a partire e il cambio è un un poco “schiacciato”. 

Stando a quanto sostiene Stefano Tilli, proprio in quella frazione si potrebbero guadagnare ancora un paio di decimi se solo si fidasse (Tortu) un po’ più di se stesso e del compagno in arrivo. «Vai tranquillo – afferma l’ex velocista e commentatore televisivo – quello tanto ti prende».

Alle sue spalle, intanto, sudafricani e britannici vanno ad occupare la seconda (37”72) e la terza piazza (38”01). Il tempo finale, tenuto conto della bellissima frazione di Tortu (9”00) regala un fantastico 37”65, due centesimi meglio degli yankee (ma senza Lyles) ed è la seconda miglior prestazione italiana di sempre. Solo nella finale di Tokyo il quartetto azzurro (Patta, Jacobs, Desalu, Tortu) corse più velocemente (37”50).

«Quando entriamo in campo siamo tutti fratelli – le parole di Tortu – Corro per loro, anche per quelli che sono rimasti al campo di riscaldamento. Ecco perché do qualche cosa in più. Negli ultimi 50 metri ho visto che eravamo in vantaggio e mi sono trattenuto. Ho sentito anche qualche piccolo acciacco. Comunque ci siamo, ma, attenzione siamo solo a un quarto del lavoro».

Dopo dodici anni la 4x100 azzurra torna in una finale iridata che al maschile mancava dall’edizione del 2011. Eliminati tra gli altri i campioni mondiali in carica del Canada (decimo tempo con 38”25).

RECORD – Al femminile una straordinaria Italia demolisce il record nazionale, migliorandolo di oltre mezzo secondo (42”14, il precedente era di 42”71, ottenuto ai Mondiali di Eugene con Dosso, Kaddari, Bongiorni, Fontana). Zaynab Dosso (11”48), Dalia Kaddari (10”03), Anna Bongiorni (10”65) e Alessia Pavese (9”98) portano la squadra, per la terza edizione consecutiva, ad una finale mondiale con il quarto tempo del lotto. Sono terze nella seconda batteria, alle spalle di Stati Uniti (41”59) e Costa d’Avorio (41”90), al record africano. Sensazionale il tempo della Giamaica, prima in 41”70, con una fantastica frazione di Shelly-Ann Fraser Pryce (9”88)

Alessia Pavese: «Quando Anna mi ha dato il testimone non capivo più nulla. Sono partita e via. Tutte ci hanno dato una grande carica». Dosso: «Ci credevamo fortemente. A Eugene (Mondiali 2022) ho sbagliato un sacco di cose. Ora abbiamo sistemato i cambi e senza troppi giri di parole lo abbiamo fatto (il record)». Kaddari: «Abbiamo fatto bene, corso forte e domani dobbiamo solo ripeterci». Bongiorni: «Per quanto riguarda la mia frazione posso dire che a Monaco (Europei 2022) avevo fatto meglio, quindi non posso che migliorarmi. Poi non abbiamo nulla da perdere, penso che ci divertiremo».

TRIPLO BIS Due azzurre nella finale del triplo. Quasi fossimo cubani… Dariya Derchak e Ottavia Cestonaro. Obiettivamente non avevano speranze da podio ma raggiungere comunque una finale iridata è pur sempre un ottimo risultato stagionale. La carabiniera Cestonaro si è fermata al decimo posto (14,05/0,0), mentre la Derchack, portandosi a 14,36/-0,1, primato stagionale (unico salto valido della serata) è atterrata all’ottava piazza. 

Una sola predestinata all’oro in questa gara: la venezuelana Yulimar Rojas, primatista mondiale (15,74), campionessa olimpica e tre volte iridata. Le altre già sanno che dovranno battersi per l’argento o il bronzo. Prima tornata di salti: l’ucraina Marina Beck-Romanchuk piazza un 15,00/+0,1, a due centimetri dal personale. Argento assicurato ma per ora è oro. Chiamata in pedana per la venezuelana, allenata dal cubano Ivan Pedroso, 8.71 di personale, campione olimpico a Sydney 2000 e quattro volte sul podio più alto ai campionati mondiali. Qualcosa sembra non andare per il verso giusto. Salto nullo. Poi una serie di tripli balzi mai all’altezza della sua fama, anche se tutte le altre in pedana farebbero a gomitate per avere personali come quei salti non certo spettacolari. L’ucraina, nel frattempo, non riesce a migliorarsi. Ultima chiamata. Nullo per la Romanchuk e… 15.08/0,0 per Yulimar. Tutto sistemato. Possiamo chiudere la faccenda con un sorriso. Un po’ forzato ma il problema è stato risolto.

In questo clima, interlocutorio – ma neppure tanto – il decimo posto complessivo (su 24) della romana Elisa Corio sugli 800: manca la finale ma scende per la seconda volta sotto i 2’ e porta il “personale” a 1’59”61. Seconda in Italia.

200 STELLARILe due finali che chiudono il venerdì hanno qualcosa di “santo”. Non siamo forse al penultimo giorno dei sette? In scena le donne. Anche in questa prova abbiamo una vincitrice quasi predestinata. Ma, come diceva il nostro vecchio maestro Dante Merlo, “In atletica mai fare previsioni, troppo alto il rischio di essere smentiti”. Comunque finisce che a vincere è quella indicata da tutti i bookmakers: Shericka Jackson, ventinovenne giamaicana. Stampa un fantastico 21”41/+0,1 a sette centesimi dal record mondiale della statunitense Florence Griffith-Joyner (21”34 nel 1988), portandosi a casa il secondo titolo consecutivo. Seconda la statunitense Thomas (21”81) e terza la connazionale Richardson (21”92) apparsa già appagata del titolo conquistato sulla distanza breve.

Ultima gara del programma: i 200 maschili. Anche in questo caso il vincitore pare già scritto. Noah Lyles da giorni sbraita che batterà il record del mondo di Bolt (19”19 a Berlino ’09). Attualmente è sì il più forte velocista in circolazione ma scendere a quei tempi per ora appare eccessivo. Insomma, fra una battuta e l’altra si impone in 19”52/-0,2 (10”26 i primi 100), davanti al connazionale diciannovenne Knighton (19”75) e al ventenne del Botswana Tebogo (19”81). Il futuro è già qui.

TEMPI CHE CAMBIANO E poi dicono che l’atletica non è universale. Guardate la finale del giavellotto uomini in programma domenica pomeriggio, un tempo regno di alti, tedeschi, finlandesi e norvegesi. Ma anche islandesi e italiani (Carlo Lievore, record mondiale a 86.75 il 1° giugno del 1961) e recentemente keniani ed egiziani. Nei 12 finalisti si contano tre indiani, un pakistano e un egiziano, ... A quando nuovamente un azzurro?

 

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