I sentieri di Cimbricus / Benevolenza o ipocrisia?

Venerdì 25 Agosto 2023

Solo chi cade può risorgere. Vero. Ma una volta gli inglesi non dicevano che cade sempre chi è più debole? Oggi Lord Coe ha altre idee: l’atletica deve stare al passo con i tempi. E anticiparli, se possibile.

Giorgio Cimbrico

“World Athletics”, che caccia a pedate chi segna 99 millesimi (un anno fa, Devon Allen) ed evita di ritoccare un regolamento demenziale o squalifica per un paio di appoggi sulla linea bianca della corsia un “monumento” come Kirani James, è benevola con chi – per spinte o tamponamenti –, frana sulla pista e guadagna il traguardo a distanze abissali. O promuove, motu proprio, chi come Andrew Hudson è vittima dell’incidente tra pullmini diventato ormai un classico moderno dei Mondiali di Budapest.

Il giamaicano, parole sue, aveva la vista un po’offuscata dopo che gli era stato rimosso un frammento di vetro dall’occhio. Cinque degli esclusi avevano fatto meglio di lui. E, nel complesso delle due batterie, erano 18 quelli che avevano fatto meglio dell’australiano Stewart McSweyn. Il messaggio è: la sfortuna va premiata. Perché, con ogni probabilità, viene bene accolto tra lo sterminato popolo che passa il tempo inviando faccine sorridenti, cuoricini etc. E l’atletica, dice Lord Coe, deve stare al passo con i tempi. Anticiparli, se possibile.

Qualche giorno fa abbiamo dedicato un capoverso alla vittoria di Ethan Katzberg nel martello uomini. Ora è il caso di dedicarne uno anche a Camryn Rogers che ha messo le mani su quello delle donne. L’uno e l’altra sono canadesi. Cresciuti in mezzo a zolle alzate da sovietici di ogni nazionalità presente nello sterminato paese, da tedeschi est e ovest, da polacchi e ungheresi, non possiamo che prender atto del cambiamento, del nuovo mondo novo in cui ci troviamo immersi.

Questo nuovo mondo prevede anche la sparizione della Francia proprio nei giorni della scomparsa di Claude Nallet. La resa di Kevin Mayer dopo due prove del decathlon ne è il simbolo più efficace e triste.

La Germania si trova più o meno nella stessa situazione: può esser salvata da un magnifico ragazzo classe 2000 di pelle abbastanza scura, sassone di nascita e residente in Texas: Leo Neugebauer, erede della tradizione nazionale del decathlon. Zehnkampf, dieci battaglie, come lo chiamano loro, dando al termine qualcosa di guerresco. Il discorso sulla decadenza dell’Europa va rimandato a Mondiali finiti, ma i segni – pardon, le crepe – sono piuttosto evidenti.

Gian Marco Tamberi ha bruciato sul filo di lana Giuseppe Gibilisco che stava per celebrare i vent’anni dell’ultimo titolo mondiale conquistato da un azzurro in una prova all’interno dello stadio: era il 28 agosto 2003 a St Dennis quando l’Archimede siracusano inventò il 5.90 della vittoria. Beppe non giunse mai ai 6.00 che avrebbe meritato, ed è un suo rammarico. Ora tocca a Gimbo far cifra tonda, 2.40, prima di chiudere.

A proposito di anniversari: Antonio Watson (nella foto) ha vinto i 400 a quarant’anni dal successo di Bertland Cameron nella prima edizione dei campionati. La Giamaica si era rivelata al mondo proprio con i magnifici quattrocentisti delle annate olimpiche 1948 e 1952. Non è un caso che la prima statua eretta davanti al National Stadium di Kingston sia stata dedicata a Arthur Wint. Watson è piccolino, 1,73, corre per i Racers di Kigston, il club diretto d Glen Milles, lo stesso di Seville, Forde, Hughes e altri, ed è stato un perfetto esempio di chi sa cogliere l’occasione.

Gardiner assente per infortunio, van Niekerk in modeste condizioni, americani lontani dalla forma di giugno. Matthew Hudson Smith, cui non è servito scendere ancora sotto il vecchio record di Schonlebe, è stato infilzato nelle ultime battute.