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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Biblioteca / Storie d'atletica (e del XX secolo)

Giovedì 24 Agosto 2023


roggero-libro


(gfc) Com’è ben noto ai nostri quattro lettori, noi non abbiamo volutamente una rubrica di recensioni. Troppi i rischi di sbagliare. Basterebbe, per conferma, scorrere l’elenco dei titoli assegnatari del Premio Letterario del CONI nell’ultimo decennio (o anche prima): tanto che non so se augurare a Roggero di vincerlo. Ma, come suggerisce a bassa voce Cimbricus, "percorrere i sentieri dell’atletica è un po' seguire la strada maestra della storia: era il disegno che Nicola Roggero si era prefisso: ha raggiunto l’obiettivo". E io, che di Cimbricus mi fido ora è molt'anni, a lui mi affido.

Giorgio Cimbrico

Il contenuto è già tutto nel titolo, “Storie di atletica e del XX secolo” (Add editore, 256 pagine, 18 euro): un secolo breve e spietato, secondo un’analisi che ha preso sempre più forza, quella di Eric Hobsbawm, un periodo punteggiato di guerre, rivoluzioni, genocidi, ideologie nate e spazzate via, intolleranza, ricerca della libertà che si è allungato anche oltre la scadenza naturale dei cento anni.

Roggero racconta di esser nato poco prima dell’Olimpiade di Tokyo e forse i tump tump impressi sulla pista dai piedi di Bob Hayes sono entrati in lui come le note del violino del padre Leopold si impressero nella coscienza del giovane Wolfgang Amadeus.

Il filo narrativo diventa un lazo che prende e non molla: le medaglie negate – e troppo tardi restituite – a Jim Thorpe, il primo decathleta meraviglioso incontro di etnie; l’amicizia esemplare tra il marchese di Exeter e Luigi Facelli; il conflitto che divora campioni come Rudolf Harbig e Lutz Long e imprime il marchio dell’infamia sulla fronte di Martinus Osendarp; il tedoforo nato nel giorno della prima esplosione nucleare.

E ancora, la Guerra Fredda e l’amore caldo tra un americano che lancia il martello e una ceka che spedisce nell’aria un disco; la discriminazione razziale che continua a percorrere gli Stati del Sud cento anni dopo la Guerra Civile; il Sessantotto che diventa fermento anche nella galassia dello stadio (Hines e Evans, Hemery e l’Africa che corre, Beamon, Fosbury e i pugni chiusi di Smith e Carlos), il crollo della DDR, le frontiere raggiunte e superate da Hassiba Boulmerka, da Derartu Tulu e Elana Van Zyl, da Cahy Freeman, lo strazio dell’Ucraina perché la storia non si ferma, si ripete, è implacabile.

Venti capitoli per volare su un lungo tempo che può trasformarsi in un battito di ciglia, in un tumulto del cuore, in una visione che comprenda tutte le vicende, i protagonisti, le loro gioie, i loro drammi. E tutto può esser racchiuso nell’immagine della copertina azzurro cielo: Valeri Brumel, la perfezione spezzata nel momento più alto.

 

 

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