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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Budapest 23 (4) / Un oro mondiale che vale due vite

Mercoledì 23 Agosto 2023

 

tamberi-giornalisti 


“Ho cercato di essere me stesso, e a 2.36 mi sono reso conto che c'era un possibile match point. Mi sento ripagato di tutti i sacrifici fatti. Questo non è uno sport individuale, c’è un lavoro di squadra che richiede tanta dedizione.”

Daniele Perboni

Inutile negarlo, quando è in pedana attrae inesorabilmente, come il formaggio per il topo, le cariche elettriche di segno opposto. È il principio della legge dell’attrazione: l'energia attrae energia simile. Insomma, quando “Gimbo” Tamberi è in pedana e se vince un oro mondiale, l’unico titolo internazionale che mancava alla sua personalissima collezione, tutto il resto è noia, noia, noia … Sfidiamo chiunque a sostenere il contrario. E quanto siamo stati felici con lui ieri sera, guardando quelle immagini di allegria, giubilo, gratificazione.

L’energia che ancora pervadeva il neo campione iridato non ha risparmiato nessuno: pubblico, addetti ai lavori, atleti, giudici, padre (Mutaz Essa Barshim) e figlio (Josef Essa, tre anni), il grande amico con cui ha diviso l’oro olimpico. Inutili gli sforzi dei giudici nel cercare di rimettere ordine in pedana. Il “ragazzo” di 31 anni non ascoltava nessuno, intento com’era a esultare, posare per i fotografi, baciare la moglie, abbracciare i tanti tifosi giunti appositamente dall’Italia.

Ad un certo punto ha raggiunto la riviera delle siepi e con il vincitore dei 3000, il marocchino Soufiane El Bakkali ed il terzo arrivato, il keniano Kibiwot, ha improvvisato una sorta di bagno notturno. Ecco, in quel frangente lo abbiamo un poco invidiato. Quanto è fresca e rigenerante quell’acqua. È festa, canta la PFM, e festa sia. Sino a notte. Non serve cercare un cavallo veloce per cavalcare sino a Samarcanda. A Budapest ha vinto, a Budapest rimarrà legato per sempre il ricordo di quest’oro.

DUE VITE – Una vita atletica, quella di Tamberi, che pareva essersi interrotta in quella maledetta estate del 2016, all’indomani del successo agli Europei di Amsterdam. L’obiettivo erano i Giochi di Rio. Gimbo valeva ampiamente i 2.40. A Montecarlo salta 2.39, record italiano. Alza l’asticella a 2.41. Nella fase di rincorsa il crac: la caviglia non regge, va in pronazione. L’esito è una lesione del legamento deltoideo e lacerazione della capsula articolare della caviglia sinistra. Giochi addio, stagione finita. Immediata l’operazione il giorno dopo a Pavia. Lento recupero e rieducazione.

Nel 2017 non va oltre i 2.29. I due anni successivi sono altalenanti: 2,33 (2018), 2,29 (2019), 2.30 (2020). Poi l’oro olimpico (2.37), il titolo europeo a Monaco di Baviera e la doppia vittoria (’21 - ’22) nella Diamond League a Zurigo (2.34). Nell’autunno del 2022 “rompe” con il padre Marco e sceglie di farsi allenare da Giulio Ciotti, ex saltatore in alto. Sembra un coppia perfetta. Niente stagione invernale. A fine giugno, all’improvviso si rende disponibile per il campionato europeo a squadre. Parte per la Polonia e vince con 2.29.

E poi e poi, … l’apoteosi di Budapest: 1. Gimbo Tamberi (1º Giu 1992) 2.36 alla prima; 2. JuVaughn Harrison (30 Apr 1999) 2.36; 3. Mutaz Essa Barshim (24 Giu 1991) 2.33. Che dire di più? Forse che i 2.36 rappresentano la miglior prestazione mondiale stagionale? Che con questo successo ha scalato il ranking di WA piazzandosi al primo posto per l’alto e al 31º nella classifica generale? Meglio fermarci qui. Rischieremmo di rasentare la ruffianeria. Resta il fatto che Tamberi è il prototipo del vero campione, quello che sa esaltarsi nelle difficoltà, sa rinascere, correggere i propri errori e, soprattutto, vincere quando serve. 

«Pazzesco! – esclama dopo i festeggiamenti in campo – Non riesco neanche a sentirmelo dire che sono campione del mondo! È una sensazione unica, riuscire a battere atleti che sembrano superiori. Prima della gara ho fatto un ottimo riscaldamento, e avrei potuto solo distruggere tutto con la mia testa. Conosco gli avversari, sapevo che poteva servire più di 2.38 per vincere. In pedana ho cercato di essere me stesso, di rimanere concentrato, e a 2.36 mi sono reso conto che era un possibile match point. Se c’è un’opportunità, devi mettercela tutta per coglierla. Mi sento ripagato di tutti i sacrifici fatti. So quanto ho investito nel mio team. Questo non è uno sport individuale, c’è un lavoro di squadra che richiede tanta dedizione. Quando si cambia guida tecnica dopo dodici anni si esce dalla comfort zone e la paura è tanta, mi sono caricato di tante responsabilità. Mio papà Marco mi ha insegnato a saltare, quello che ho fatto oggi è anche grazie al percorso condotto insieme a lui. Non è stato facile separarmi, digerire un cambiamento del genere, non ci parliamo da tanto tempo, ma è merito anche di quello che mi ha insegnato. Devo ringraziare Giulio Ciotti e Michele Palloni per come si sono approcciati a questa nuova sfida, un team molto, molto affiatato».

AYO A MENO 54” Anche l’esuberante Ayo Folorunso è una ragazza che, come si dice dalle nostre parti, se non c’era bisognava inventarla. Ma lei c’è, quasi sempre. Specialmente in staffetta. Il corpo a corpo di questa specialità la esalta, tanto da sfoderare ottime prestazioni senza mai deludere. Ieri nella terza semifinale, ci ha messo l’anima e con la quinta piazza ha messo a segno il nuovo record italiano (53”89) abbattuto di 33 centesimi (il precedente, 54”22, lo aveva messo a segno vincendo il titolo tricolore a Molfetta a fine luglio), la sua prima discesa sotto i 54 secondi e la sua prima finale iridata. Seconda dei due posti disponibili dovuti al ripescaggio cronometrico ha dato un enorme dispiacere a Dalilah Muhammad che, tanto per non dimenticare, può vantare, fra prova individuale e staffetta 4x400, due ori e un argento olimpico, due ori, due argenti e un bronzo iridati, due titoli mondiali under 18. La 33enne statunitense infatti con 54”19 è la prima delle escluse.

«Dietro al blocco di partenza mi veniva quasi da sorridere – racconta – e mi sentivo calma. Volevo uscire a testa alta, con la consapevolezza di aver dato il meglio. C’era un bel treno davanti, ero nella posizione migliore. Mi son detta che per agguantarla bisognava essere coraggiosi. Lo sono stata e sono contentissima. Poi mia mamma, in un lungo discorso tutto nel suo dialetto, mi ha spronato dicendomi di non stare a guardare le altre, “non sono certo venute qui per vendere arachidi”».

LUDO PER SEMPRE «Sono un po’ stanchina, …». No, non stiamo riproponendo una celebre battuta di Forrest Gump. Più semplicemente stiamo riportando le parole di Ludovica Cavalli dopo la finale dei 1500. Finale in cui la ligure, allenata da Stefano Baldini dalla fine del ’22 (dall’autunno 2019 vive a Modena dove si era trasferita per allenarsi con il tecnico Liberato Pellecchia e studiare chimica) è arrivata undicesima, migliorandosi ulteriormente, portando il personal best a 4’01”84 e centrando lo standard per la partecipazione ai Giochi Olimpici del 2024 (4’02”50). 

«Hanno chiuso fortissimo là davanti – riferendosi alle prime classificate –. Solitamente dopo diversi turni mi sento stanca ma oggi le gambe giravano, c’erano e rispondevano. La finale più bella che potessi fare. Stiamo lavorando per Parigi». 

Alla domanda se l’indomani pomeriggio (Mercoledì 23 agosto, ore 19,02. Orario posticipato di alcune ore a causa del caldo asfissiante che calerà sulla capitale magiara) sarà al via nelle qualificazioni dei 5000 risponde serafica e sorridente: «Devo vedere cosa dirà il “capo”. Solitamente decidiamo insieme. Però sono proprio stanchina. Vedremo». 

Il successo non poteva che andare alla keniana Kypiegon (3’54”87), non solo in virtù del record mondiale (3’49”11) siglato il 2 giugno a Firenze. Seconda la ventunenne etiope Diribe Welteji (3’55”69) e terza l’olandese Sifan Hassan (3’56”00), a cui era già sfuggito il titolo dei 10.000 a causa della caduta a pochi metri dal traguardo. 

DOPPIO 800 - Da quando non si vedevano due ottocentisti azzurri nelle semifinali di un avvenimento internazionale? Simone Barontini, secondo nella sua batteria in 1’45”21, e Catalin Tecuceanu, terzo in 1’45”31, staccano il biglietto per la semifinale. Entrambi sono autori di una condotta di gara attenta e giudiziosa, raccogliendo gli applausi della curva, colma di tifosi in attesa di esaltare le imprese di Tamberi, peraltro anconetano come Simone. A tal proposito Barontini, commentando la sua gara, spiega ai microfoni Rai che «Mi sono acceso allo stadio, mentre lui (Gimbo) è acceso da un anno e mezzo…».

Il terzo ottocentista azzurro, Francesco Pernici, dopo una gara d’attacco manca il passaggio del turno per non più di tredici centesimi. È quarto in 1’45”89.

RECORD, FINALMENTE Fuori dalla finale anche Davide Re nei 400: quarto in 45”29, debilitato a causa di disturbi intestinali che lo hanno tormentato tutta la notte precedente. In questa prova finisce la lunga rincorsa al record europeo che Thomas Schönlebe (Germania dell’Est) stampò vincendo la finale iridata a Roma ’87: 44”33. A porre fine a quel regno lungo 35 anni è il britannico Matthew Hudson-Smith con 44”26. Non si tratta certo dell’ultima generazione di specialisti del quarto di miglio britannici. Il ventottenne Matthew nel curriculum vanta una serie di successi: terzo ai Mondiali di Eugene (44”66) e terzo con la 4x400; due titoli europei individuali (Monaco ’22/44"53 e Berlino ’18/44”78), altrettanti con la staffetta del miglio) (Monaco ’22 e Zurigo ’14). Insomma un veterano.

Ma il più veloce dei 24 semifinalisti è il giamaicano Antonio Watson, 21 anni, già sceso tre volte sotto la barriera dei 45, con il personale portato a 44”13.

 

MEDAGLIE E PUNTI - A circa un terzo dei titoli assegnati (18), la squadra italiana si colloca al quarto posto per numero di medaglie (3), alla pari con Kenia e Gran Bretagna, e al sesto per numero di piazzamenti tra i primi otto: 26 punti, uno meno degli inglesi, lontanissimi dagli americani (116).

 
TROPICI Budapest prepara una calda accoglienza. Il servizio metereologico prevede temperature elevatissime e così gli organizzatori hanno diffuso il seguente comunicato: “Le condizioni meteorologiche a Budapest stanno diventando estreme. Il nostro sistema di registrazione mostra valori molto elevati, che aumentano il rischio di un colpo di calore da sforzo. Secondo le previsioni attuali, le batterie dei 5000 femminili di mercoledì 23 agosto, previste alle 11,00 verranno spostate alle 19,00. In conseguenza di questa decisione, e batterie dei 200 metri donne inizieranno alle 11,20, e quelle maschili alle 12,15. 

 

 

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