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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Duribanchi / L'imbattibile nuotatrice della porta accanto

Martedì 22 Agosto 2023

 

ledecky 


La donna-pesce, anello di congiunzione tra il nuoto maschile e quello femminile. Come ha spiegato Simona Quadarella, tra le migliori fra le umane: “Con lei in vasca, al massimo puoi gareggiare per il secondo posto“.

Andrea Bosco

Kathleen Genevieve Ledecky (Washington, USA) è una nuotatrice. Ma meglio sarebbe chiamare Katie (26 anni, 1.83, peso 83 kg) “la“ nuotatrice. E non solo per una bacheca dove medaglie e records si sprecano. Ma per “come“ quelle medaglie e quei records sono stati ottenuti nelle differenti specialità nelle quali ha gareggiato. Katie è una donna-pesce: una sirena che conquista non con la melodia o l'avvenenza (Katie non è una bellezza), ma per la capacità di sbalordire. Katie, infatti, è una aliena delle piscine.

50 metri stile libero? Record (2015) 100 stile? Record nel 2016. Nello stesso anno record nei 200. E sempre nel 2016 record nei 400 e negli 800. Ci mette due anni (2018) per battere il record nei 1500. Come ha spiegato Simona Quadarella, una delle migliori tra le umane: “Con lei in vasca, al massimo puoi gareggiare per il secondo posto“. Una volta non ha partecipato: un virus l'aveva debilitata. E solo per quello, la medaglia finì proprio a Simona. Lascio stare i tempi che sono cosa per specialisti e io non lo sono. Anzi: ringrazio Paolo, un mio amico fisico nucleare con la passione del nuoto che mi ha indirizzato nella ricerca.

Katie ha trionfato alle Olimpiadi, ai Mondiali, ai Campionati Pampacifici. Gli esperti la reputano l'anello di congiunzione tra il nuoto maschile e quello femminile. Ha vinto sette medaglie d'oro e tre argenti ai Giochi Olimpici. 21 ori e 5 argenti ai Campionati Mondiali. Cosa che la rende la nuotatrice più medagliata della storia. Solo i connazionali Lochte e Phelps hanno fatto meglio di lei. E' dall'Olimpiade di Londra (2012) che detta legge in ogni piscina. Allora stupì il mondo vincendo l'oro negli 800 metri: aveva 15 anni, cancellando il record USA detenuto da Janet Evans. Katie fu la più giovane atleta di sempre della nazionale olimpica statunitense. E' stata nominata per sette volte “Nuotatrice americana dell'anno“ e dall'Associated Press, nel 2017, “Atleta donna dell'anno“, unica nuotatrice ad esserci riuscita nel 21.esimo secolo.

Vederla gareggiare è un incomparabile spettacolo. Schizza dai blocchi e ai 30 metri è in testa. Dopo la prima virata ha già fatto il vuoto. Le altre inseguono la sua scia. Tentano uno strappo per ricucire il distacco. Ma Katie Ledecky è un motoscafo: qualsiasi sia la distanza che deve percorrere nuota con la medesima frequenza di braccia. I piedi sembrano eliche in movimento. Quasi come la famosa accelerazione di Federica Pellegrini che nei 200, la sua gara, negli ultimi 50 metri accendeva il turbo e andava a vincere. Anche Federica Pellegrini è una stangona di 1.80. Ma Federica, nata in provincia di Venezia a Spinea, conquistò la popolarità non solo per la qualità delle sue imprese sportive. La conquistò anche per quella avvenenza che le valse il nome di “Divina“. In effetti Federica Pellegrini è di una bellezza solare. Una bellezza veneziana del tipo che si può trovare nelle tele di Tiziano. Federica in Nazionale è stata un “capo“. E la sua mai limata inflessione veneta, la sua simpatia, le sono valse l'attenzione delle televisioni, oltre che (immancabilmente) della pubblicità.

Non credo che Katie Ledecky sfilerà mai come modella (Federica l'ha fatto e in passerella, le professioniste se le è “mangiate“). Ma se un confine, un tempo da abbattere ancora ci saranno, Katie Ledecky li polverizzerà. E' nata per nuotare. Si allena con quella continuità che va oltre il dolore. Perché inanellare vasche in allenamento diventa alla fine una grande sofferenza mentale. Non ti diverti, ma devi continuare. Battevo da ragazzo un discreto crowl: niente di eccezionale, i tempi erano modesti. La distanza era quella dei 100 metri. Mi allenavo nella piscina del mio istituto. Nuotavo e pensavo al campo da calcio e a quello da basket. Il fiato, con l'abitudine riesci a romperlo, la coordinazione arriva. Ma mentalmente dopo un chilometro non ne puoi più.

Pare che Katie Ledecky di chilometri nel faccia giornalmente una trentina. A volte di più. Sempre accentuando il ritmo delle bracciate. E' la sua forza. Ha la faccia della “ragazza della porta accanto“ Ledecky. L'esatto contrario dello stereotipo di moltissime atlete statunitensi: formose come la “bagnina“ Pamela Anderson, bellissime come l'altra “bagnina“ Yasmine Amanda Bleeth, stellari come le sciatrici Lindsey Vonn e Mikaela Shiffrin. Affascinanti e bravissime. Anche se non sempre è bastato per vincere. Specie quando in pista scendeva anche una bergamasca con le arre moscia, coraggiosa fino all'incoscienza e con la faccia da schiaffi: Sofia Anna Vittoria Goggia.

Non ce l'ha la “faccia da schiaffi“, Katie Ledecky. Ma in piscina è più affidabile di un conto in banca: una vincente. Non è “californiana“, non ha la nuotata californiana di Don Schollander (che con i piedi non faceva schiuma) e neppure quella di Shirley Babashoff. Che disputò Olimpiadi, stabilì record, ma vinse l'oro solo con le compagne della staffetta, in stagioni dominate nell'individuale dalle nuotatrici della DDR. Che si scoprì, successivamente, facevano uso di sostanze dopanti. Ma il CIO non aprì mai una seria indagine sulle vicende e soprattutto non revocò mai le medaglie.

Senza il doping abusato dalle avversarie, Babashoff che nuotava i 100, i 200, i 400 e gli 800 (oltre alle staffette) avrebbe conquistato ori invece che argenti, e si sarebbe risparmiata il nomignolo di “Surly Shirley“ (sgarbata Shirley) per i suoi continui attacchi alle tedesche. Come risultò in seguito, aveva ragione a farlo. A Monaco di Baviera (dove vinse un oro nella staffetta e due argenti nei 100 e nei 200) rivelò di essere chewing-gum dipendente. E di “masticare“ anche mentre si allenava. Era convinta di poter trionfare. Ma la “chimica“ delle avversarie la relegarono al secondo posto. In vasca comunque era un razzo: a Montreal 1976 (dove vinse l'argento nei 400 metri stile) avrebbe con il suo tempo sconfitto Don Schollander dodici anni prima ai Giochi di Tokio del 1964. Dopo la fine dell'attività agonistica diventò una madre single e prese lavoro presso le Poste nella contea di Orange in California. Oggi ha 66 anni.

Alcuni anni fa un giornale la intervistò e parlò anche di Katie Ledecky. Dicendo tra l'altro: “E' una lavoratrice formidabile e ha un grande talento. Qualcuno mi ha suggerito che il segreto delle sue vittorie potrebbe essere nella struttura ossea che sarebbe più leggera rispetto a quella delle “umane“. Leggere, le ossa, le aveva anche Roland Matthes, nuotatore della DDR, incredibile dorsista, vincitore di 8 medaglie olimpiche, che rimase imbattuto nelle competizioni internazionali dal 1967 al 1974: denominato “sughero“ per le sue capacità di galleggiamento. Pare che la sua sensibilità all'acqua fosse tale da permettergli di regolare la nuotata in modo da migliorare i record un decimo alla volta. Cosa basilare per Matthes visto che dopo ogni record riceveva dal suo governo un encomio e un premio in denaro. Nessuno sospettò mai da parte sua pratiche illecite. E sulle sue imprese non gravarono mai ombre. Forse anche perché sul collo, Roland, non aveva l'incazzatissima “Surly” Shirley.

 

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