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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Budapest 23 (2) / La ragazza col fiore non delude mai

Lunedì 21 Agosto 2023


lyles-budapest 


E’ la seconda medaglia (di bronzo) che entra in cascina. Non si può dire che fosse la più attesa, ma certo la più soddisfacente, considerate la traversie dei due anni passati ed anche l’inattesa caduta che l’ha propiziata.

Daniele Perboni

Sveglia all’alba per un’altra “Maratona Mondiali” davanti allo schermo, con il caldo di questa pianura padana che se non ti uccide ti fiacca nel corpo e nello spirito. Non basta un gelato, una birra, i piedi a mollo nel secchio con ghiaccio come bottiglie di chardonnay. No. Ma è un dovere. Si deve fare? Lo facciamo. Punto e basta. Quando accendiamo la Tv le ragazze sono già pronte. Così pensiamo, pimpanti, cariche e “calde”. Nel senso che hanno già effettuato il riscaldamento di rito. Il caldo atmosferico lo affronteranno più avanti. Si parte alle 7,25 con 21 gradi (88% di umidità) e si arriva alle 9,00 con 26º (72%).

Tutte allegramente in gruppo sino al 15º chilometro, con l’Antonella dal fiore tricolore nei capelli sempre fra le migliori là davanti. A controllare il gruppo, a rammentare a tutte che, sino a prova contraria, è lei la campionessa olimpica, anche se negli ultimi due anni ha dovuto affrontare problemi fisici (compreso un intervento chirurgico all’anca) di una certa entità che non le hanno mai permesso di allenarsi al meglio e, soprattutto, con serenità e continuità. Ma la ragazza di Mottola (Puglia) ha un carattere tosto che non si lascia abbattere facilmente. Supera brillantemente anche una caduta a metà gara affrontando il classico giro di boa. A proposito: non si capisce perché debbano farli così stretti. Una vera e propria inversione a U, bocciata anche dal codice della strada. Roba da perdere punti sulla patente.

Nulla sembra fermarla. Non salta un rifornimento, gli occhi che scrutano e analizzano. Al 13º km si piazza davanti a menare la danza. Provoca una selezione. Poi… arriva il quindicesimo chilometro. La spagnola Maria Pérez, campionessa europea della 20 a Berlino 2018 e prima in Coppa Europa (km 35 / 2h37’15”) a Podebrady lo scorso maggio, si scatena, sbattendo sul piatto quattro frazioni chilometriche da 4’06, 4’09, 4’05, 4’06 e un ultima, dai 19 all’arrivo, di 4’21 per un totale di 1’26"51. Precedentemente le ragazze non erano mai scese sotto i 4’20. Nulla da fare per l’australiana Jemina Montag, seconda (1h27’16”) e Antonella Palmisano, terza (1’27”26). Due giorni, anzi due mattinate, due prove di marcia e due ori che sono andati ad arricchire il bottino della Spagna.

Così ai microfoni l’Antonella sempre in piedi: «Non me lo aspettavo quella caduta, ma mi è servita. In pochi secondi ho visto che cosa ho passato in questi due anni. Non vedevo più la luce. Poi Patrik (il suo tecnico, Patrizio Parcesepe), non smetterò mai di ringraziarlo, mi ha affrontato e quasi schiaffeggiandomi moralmente mi ha detto: “Se non ce la fai fermati”. Ora mi resta tanta felicità e gioia. Ho dimostrato a me stessa che ci sono, io e lui (il tecnico di Ostia) con qualche acciacco ma ci siamo per Parigi. Manca un anno, posso sognare. Sono tornata». E non mollerà. Così come non ha lasciato nulla di intentato per essere qui in terra magiara.

Ventesima Eleonora Giorgi (1h31’45”), 22ª Valentina Trapletti (1h32’57”).

GLORIA E LACRIME - Alle 16,55 le dodici sopravvissute del salto in lungo, di un lotto che ne comprendeva trentasei, sono pronte in pedana. Il caldo è opprimente: 33 gradi con 46% di umidità. La prima a saltare è la serba Ivana Vuleta, Spanovic prima del matrimonio, 33 anni, un personale di 7.10 datato settembre 2016, già sul podio ai Giochi di Rio 2016 (terza) e ai Mondiali di Mosca 2013 e Pechino 2015 (sempre terza). Insomma, non proprio una novellina. La penultima chiamata in pedana, l’undicesima del mazzo, è una giovincella con 12 anni in meno sulle spalle e una carriera sportiva ancora all’inizio: Larissa Iapichino.

Cosa le divide, oltre all’età? La previsione del successo. La più giovane è molto più quotata. L’altra è data in disarmo. Eppure è una di quelle che non demorde. Le difficoltà la esaltano. Già al primo salto, un nullo piuttosto lungo, dimostra di non voler abdicare così facilmente. Al secondo eccola lì: 7.05/+0,8 che la mette al riparo da sorprese. Larissa, invece, non riesce a trovare il bandolo della matassa: nullo, 6.73/-0,6, N, 6.17/+0,3, N, 6.82/+0,8. Insomma, solo alla fine fa pace con la pedana. Ma non basta.

È quinta con gran rabbia e rammarico. Scoppia in un pianto dirotto, trovando conforto fra le braccia proprio di “mamma” Vuleta che, da buona veterana, è sempre riuscita a veleggiare nella zona alta della classifica, senza mai scendere dal primo posto del podio (N, 7,05/+0,8, N, 6.91/+0,5, 7.14/+1,2, 6.78/-0,6). Oltre sull’oro iridato atterra sul primato nazionale, sulla migliore prestazione mondiale stagionale e sul primo posto nel ranking mondiale. Seconda la statunitense Tara Davis-Woodhall (6.91/+0,5), terza la romena Alina Rotaru-Kottmann (6.88/+1,6).

RECORD? – Forse ci siamo. Batterie dei 100 donne, dove schieriamo la sola Zaynab Dosso, 24 anni il prossimo settembre, sessantadue chili innestati su un metro e 70 di altezza. Origine ivoriana, arrivata in Italia a 10 anni per ricongiungersi con la famiglia. Italiana dal 2016. Allenata da Giorgio Frinolli, vive a Roma dove si è trasferita nell’autunno del 2021. Nella stagione indoor 2022 ha inanellato una serie di progressi nei 60 metri eguagliando per due volte il record italiano di Marisa Masullo (7”19), risalente al 1983, fino a migliorarlo con 7”16 ad Ancona e 7”14 ai Mondiali di Belgrado. Poi nei 100 è scesa a 11”19, seconda azzurra di tutti i tempi. È schierata in quinta batteria.

Alle semifinali approdano le prime tre più i tre migliori tempi. Oggettivamente non è una serie facile. Solo in due hanno un tempo di iscrizione peggiore del suo. Corre in quinta corsia. Sulla destra si ritrova la statunitense Sha'Carri Richardson, personale di 10”71 e quarta nel ranking di World Athletics. Reagisce bene allo sparo (0,160): è la seconda del mazzo. Regge per cinquanta metri poi, inevitabilmente, viene risucchiata ma riesce a mantenere la terza posizione, così da passare agevolmente il turno. La sorpresa arriva con il crono finale: 11”14/+0,4. Record italiano di Manuela Levorato eguagliato. Interpellata velocemente, la veneta di Dolo risponde: “Sono in montagna, non ho visto nulla, brava bravissima”.

«Ho preso tante batoste – confida Zaynab – e queste batterie mattutine le consideravo un’occasione per mettermi a nudo. Quando ho scoperto che nella corsia a fianco c’era Sha’Carri mi son detta: “questa è la mia gara”. L’unico modo per accedere alle semifinali era centrare il record italiano». Ora vedremo se le sono rimaste ancora energie nervose. Semifinali in programma nel pomeriggio alle 20,35. In dote le hanno assegnato la prima serie, di tre (passano le prime due più i migliori due tempi), ottava corsia e ben sette avversarie con un personale under 11. Robetta …

QUEL CHE T’ASPETTIParafrasando un celebre spot pubblicitario potremmo affermare che Gimbo Tamberi è “L’uomo che non delude mai”. Era venuto da queste parti per cercare l’oro che gli manca e per farlo doveva fare tappa, forzosa, su quello scoglio chiamato qualificazioni? Detto e fatto. Sceso in pedana nella mattinata di domenica 20 agosto ha svolto il suo compito, non senza qualche emozione, ed è ritornato in camera a pensare alla prossima strategia da adottare (Martedì 22, ore 19,58). Non è stato poi così facile come sembra.

Qualificazione a 2.30, misura che sino a quel momento solo in 12 avevano superato nella stagione estiva. In tre hanno ottenuto il personale stagionale ed uno ha eguagliato il personale. 

Il marchigiano “passa” 2.14 e 2.18, quindi 2.22 alla prima, 2.25 alla seconda. Per i 2.28 deve ricorrere alla terza prova strizzando ogni energia nervosa e chiedendo l’aiuto del pubblico. A quel punto restano in 13. Basta così, tutti fuori decretano i giudici. 

Quasi identico il percorso di Marco Fassinotti, entrato in gara già a 2.14, superato alla seconda prova, così come 2.18. Poi: 2.22 (prima), 2.25 e 2.28 (seconda), misura che non “toccava” da sei anni.

«Non sembra, ma sto bene – confessa Tamberi – e non avrei mai accettato di sbagliare quel salto, non me lo sarei perdonato. Ma avevo già la testa alla finale e ho fatto fatica in una qualificazione che mi ha fatto soffrire. Se fosse un esame sarei stato bocciato, questa mattinata mi ha messo dei dubbi, ma devo togliermeli dalla testa».

LMJCome previsto, i numeri non mentono mai. Quasi … Marcell Jacobs ha lasciato la compagnia. Arduo scalare la montagna di una stagione iniziata male. È quinto nella sua semifinale (10”05/+0,3) abbandonando i sogni di gloria su cui, effettivamente, non aveva mai fatto affidamento. «Molto meglio di ieri – il suo commento davanti ai microfoni della Rai – Sapevo che non era facile. Mi mancano le gare. Potevo starmene a casa, ma io non ho paura, non mi nascondo. Quando mi guarderò allo specchio saprò che in questo frangente ho dato tutto quello che potevo dare. Ora pensiamo alla staffetta, poi cercherò di gareggiare il più possibile».

In semifinale, bocciato anche Fred Kerley (terzo in 10”02/-0,3), a dimostrazione che non sempre le parole seguono i fatti. La maglia iridata la indossa Noah Lyles (9”83/0,0) con la miglior prestazione mondiale stagionale, davanti al giovane Letsile Tebogo (9”88), al record nazionale del Botswana. Terzo il britannico Zharnel Hugues (9”88), presentatosi col miglior crono dell’anno.

SCRUTINI – Promossi e bocciati. Giornata piuttosto fruttuosa sul fronte delle qualificazioni. Passano i vari turni Daisy Osakue nel disco (61,31), Davide Re nei 400 (45”07), Alessandro Sibilio (49”50) e Mario Lambrughi (49”05) nei quattro acca, Hassane Fofana (13”53/+0,5) e Lorenzo Simonelli (13”50/0,0) nei 110.

Una splendida Ludovica Cavalli approda in finale nei 1.500 con una condotta di gara giudiziosa e intelligente, dove riesce a sfruttare ogni pertugio per rimanere in scia delle avversarie, cogliendo il sesto posto utile e il personale portato a 4’02”83 ed un ultimo giro cronometrato 60”10. «Nel riscaldamento avevo una paura matta, ma sono scesa in pista determinata a fare almeno il personale. Insomma, ero carica, sul pezzo».

Bocciati: Alice Mangione nei 400 (51”57), Stefano Sottile nell’alto si arrende a 2,22 (tre nulli a 2,25), Pietro Arese nei 1.500 (3’33”11. «Avendo centrato il personale posso dire di aver ottenuto una medaglia di consolazione…»), Yeman Crippa, dodicesimo (28’16”40) nella finale dei 10.000 vinta dall’ugandese campione olimpico a Tokyo, Joshua Cheptegei (27’51”42), davanti al keniano Ebenyo (27’52”60) e all’etiope Barega (27’52272).

MEDAGLIEGià 18 le nazioni presenti nel medagliere. Davanti gli Stati Uniti con tre ori, due argenti e un bronzo. Seguono Spagna (2 ori), Etiopia (1/1/2), Gran Bretagna (1/1/1)… ottava Italia con l’argento di Fabbri e il bronzo della Palmisano. 

 

 

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