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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Budapest 23 (1) / La medaglia che non t'aspetti

Domenica 20 Agosto 2023


fabbri-budapest


Miracolo sul Danubio: alzi la mano chi l'aveva previsto. Considerazione che nulla tolgono all'impresa di Leo Fabbri. Godiamoci questa medaglia d'argento in attesa di quanto ancora potrà arrivare (Larissa, of course).  


Daniele Perboni


La medaglia che non ti aspetti. Il pezzo prezioso di giornata che sino alla vigilia non avevi neppure pensato di poter sfiorare. “Armati” di bombarde micidiali gli altri erano sicuramente più attrezzati. Ma Leonardo Fabbri, il fiorentino erede di una dinastia di lanciatori toscani dalle lontane origini ci ha creduto sino in fondo. Dopo una finale acciuffata per i capelli (20.74 e dodicesima piazza, l’ultima utile) ha saputo riscattarsi sino all’argento, portando il proprio limite a 22.34, al terzo tentativo, superato solo dal “mostro” dei 23 lo statunitense Ryan Crouser (22.51 all’ultimo lancio ma già al comando con il 22.63 della prima chiamata in pedana).

Ma andiamo con ordine. Sono le 11,30 quando i colossi del peso si schierano sul campo per la presentazione, divisi in due gruppi. Zane Weir nel gruppo A, Leo Fabbri nel B. Qualificazione sicura fissata a 21.40. Il sudafricano ci arriva (21.82) transitando per un 20.81. Al fiorentino servono tre lanci: 19.41, nullo, 20.74. Inquadrato dalle telecamere dopo il nullo sembra un poco stranito. Occhi spenti, forse spaventati. Una faccia che pare domandarsi “Ma che ci faccio io da queste parti?”. Davanti alle telecamere poi promette “Una finale quasi persa. Oggi però mi diverto”. Chi gli crede? Sinceramente noi no. 

Pomeriggio, 20.37. Riecco gli omoni presentarsi al pubblico. Mister 23 chiarisce subito che lui non ci sta a farsi consumare dalla tensione lancio dopo lancio. Piazza lì, tanto per andare sul sicuro, la prima misura vincente di 23.51. Per Leo si alza la bandierina rossa. Ahi. Non è nuovo a performances del genere con una sfilza di X a condizionare la sua gara. Secondo turno: Crouser 22.98, Leo 21.26. Terza chiamata: 22.28 per il doppio campione olimpico e udite udite, 22.34 per l’azzurro. Nettamente migliorato il personale di 21.99 datato 2020. Urla, salti, corsa a bordo pista a cercare Paolo Dal Soglio, il tecnico vicentino che in questi anni ha avuto la pazienza e la capacità di plasmarlo e riportalo ai vertici mondiali dopo due anni più che travagliati. Da lì in poi tutta una discesa, con altri due nulli vicinissimi ai 23 metri ed un ultimo lancio a 21.22. E Weir? Una finale buttata letteralmente alle ortiche: 11º (N, 19.99, N).

Le parole dell’argento iridato in zona mista: «Pazzesco. Ho sognato questa gara per una vita, sin da quando ho iniziato a fare atletica. Sono veramente contento. Andrò in camera a piangere come un bambino. La forza l’ho trovata nella mia testa. Sapevo di valere i 22 metri anche se mancava qualcosa. Stamattina ho avuto un po’ di problemi con la pedana, il ritardo, non mi sono riscaldato bene (mancavano solo le cavallette…). Oggi il peso sembrava una pallina da tennis. Volevo fare 22 metri, sapevo di essere in forma. Mi son tolto un bel sassolino. Meglio di così… Il mio pensiero ora va a Paolo. Lo vedevo un po’ giù perché conosceva le mie potenzialità. Ma ora lo voglio proprio abbracciare».

Paolo Dal Soglio: «Si è avverato un piccolo sogno. Leo è stato magnifico, il primato personale, se lo merita, poi con quel nullo sulla linea dei 23… La sua “ricostruzione”? Un lavoro quotidiano, senza mai perdersi d’animo. Dalla metà del 2022 ha fatto un gran passo avanti e ci siamo sempre allenati con fiducia». Ora il record italiano di Alessandro Andrei è sempre più vicino.

MARCIA BLUFF - Lomello, primi di agosto. A cena con il vecchio guru della marcia Pietro Pastorini e altri amici che del tacco e punta apprezzano ogni gesto. Si finisce tardi. Il gestore quasi ci accompagna alla porta. Non si smetterebbe mai di ricordare, analizzare, commentare. Attraversiamo la strada deserta e il vecchio, così fra una chiacchiera e l’altra, butta lì una frase che inizialmente passa quasi inosservata, tanto che l’avevamo completamente scordata. Poi ecco che uno dei commensali presenti quella sera ce la riporta alla mente. Diceva il vecchio marinaio, navigatore di acque infestate da zanzare a milioni e rane rimaste in poche centinaia come i bufali nelle praterie a fine ottocento: «Ho la netta sensazione che non prenderemo neppure una medaglia – riferendosi alla sua specialità prediletta – Ho notizie poco confortanti. Spero di sbagliarmi».

Budapest, vigilia delle gare. In conferenza stampa Massimo Stano e Francesco Fortunato buttano sul tavolo tutta la loro sicurezza. Stanno bene, affermano, se la giocheranno sino in fondo. Fortunato azzarda: «Partirò veloce, per stare sempre con i primi». Appaiono baldanzosi e disinvolti. I risultati ottenuti in primavera, specialmente per quanto riguarda Francesco, lasciano poco spazio ai dubbi. Il campione olimpico, della 20, e iridato, della 35, è sempre sorridente. Meglio dargli fiducia. Perché mai si sarebbe iscritto sulle due prove se non fosse sicuro della possibilità di ben figurare?

E invece … Invece bastano pochi chilometri per capire quanto i due abbiano barato come in una partita a poker. Appena il ritmo si alza ecco che si staccano. Il divario aumenta con il passare dei chilometri. Stano si ritira al 15º km, Fortunato, resiste ma non va oltre una deludente 11ª piazza (1h19’01”). Vince l’iberico Alvaro Martin, doppio campione europeo (Monaco 2022, Berlino 2018), con la miglior prestazione mondiale 2022 (1h17’32”). Che si sia trattato di una gara ad eliminazione lo dimostrano i tempi cronometrici. Nei primi dieci si son registrati cinque record nazionali, quattro personali e uno stagionale. Ora credere in una resurrezione, di Stano, nella prova lunga è sempre più difficile.

PROMOSSI – Larissa Iapichino, data fra le vincenti dalla “bibbia” dell’atletica, come pomposamente si autocelebra TrackandFieldNews (ma visto come hanno clamorosamente ciccato le previsioni nella marcia non sono da prendere molto sul serio …), ha passato agevolmente lo scoglio delle qualificazioni con il primo balzo a 6.73/+1,4, dimostrando grande maturità tecnica e tenuta mentale, visto il ritardo, due ore, con cui sono scese in pedana le saltatrici. In finale, oggi pomeriggio alle 16,55, ci sarà da divertirsi, in una prova dove non si vedono “marziane” in grado di uccidere la gara ai primi balzi. 

Approdato alla finale anche il triplista Ihemeje (16.91/+0,3).

JACOBS E GLI ALTRI Vanno a casa in tanti: i due gemelli Osama nelle siepi, ben piazzati sino agli ultimi 3-400 metri poi inesorabilmente finiti nelle retrovie. Non è la prima volta che accade. Possibile che non si riesca trovare una soluzione? Eppure il tecnico che li segue, Gaspare Polizzi, nel bel paese è considerato una specie di guru, uno dalle grandi capacità e sensibilità. Ci spieghi, allora il prof, questi continui cali di tensione proprio quando la gara entra nel vivo!

Eliminati anche gli staffettisti della mista, sesta in batteria in 3’14”56. Ecco i parziali: Benati (vittima di un problema all’adduttore, ha raccontato, dopo la prima curva) 47”15, Folorunso 50”60, Meli 45”72, Mangione 51”09. Fuori anche Sinta Vissa (4’01”66, primato personale), Bussotti (3’48”55) e Meslek (3’35”12) nei 1500.

Promossi Pietro Arese (3’34”48), Gaia Sabbatini (4’03”04) e Ludovica Cavalli (4’03”81). Qui vigeva la nuova regola: nessun atleta recuperato in base ai tempi. Serviva piazzarsi tra i primi sei. Come è stato per i promossi, mentre la Vissa, pur ottenendo il personale è stata eliminata. Giusto, sbagliato? Personalmente riteniamo più avvincente questa formula. Per passare il turno devi meritartelo, senza tener conto se nelle altre serie sono andati più forte o più piano.

Nei 100 fuori anche Ceccarelli, quarto in 10”26/-0,8.

E veniamo al caso Jacobs. Visto l’ultima volta in quel di Parigi a giugno, il campione olimpico è riuscito a passare indenne il turno di qualificazione con un deludente 10”15/-0,4. Legnoso, partenza da dimenticare, sicuramente lamenta disabitudine alle gare. Stando alle dichiarazioni rilasciate davanti ai microfoni RAI avrebbe corso anche nei turni eliminatori pur di mettere qualche gara in cascina prima delle semifinali di questa mattina. Possiamo dargli tutta la fiducia che vogliamo, essere positivi, vedere il bicchiere mezzo pieno ma … Approdare in finale è tutta un’altra storia. Sempre lieti di esser smentiti, naturalmente.

E dopo una giornata a consumarsi gli occhi davanti agli schermi di TV e computer lasciateci dare sfogo alla nostra turpe voglia: ascoltare uno dei nostri gruppi di prog rock preferiti: “Biglietto per l’inferno”. 


 

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