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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Duribanchi / Nel paese dei baiocchi, capita di tutto

Giovedì 17 Agosto 2023

 

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Il calcio d'Arabia oggi è la vera Superlega. Non ha basi, non ha tradizioni, ma ha una sconfinata disponibilità economica. Difficile possa avere uno sviluppo. Ma per cinque-sei anni potrebbe durare. E ora se ne è accorto anche Mancini.

Andrea Bosco

Roberto Mancini: dimissioni agostane da CT della Nazionale. Orizzonti sauditi a cifre iperboliche. Così recitano le gazzette. Dissidi con Gabriele Gravina. Staff cambiato radicalmente. Via i “suoi“, amici fin dai tempi della Sampdoria. Dentro altri a cominciare da Gigi Buffon. E poi una clausola infamante: in caso di mancata qualificazione all'Europeo, rescissione automatica del contratto. Telenovela calcistica in atto. Pagine zeppe del possibile sostituto di Mancini al secolo Luciano Spalletti. Vincolato da una clausola (3 milioni e mezzo di euro) imposta da Aurelio De Laurentiis. Gossip che impazza.

I pro e i contro: solita storia italica tra guelfi e ghibellini. Vale in politica, vale in letteratura, vale al cinema, vale nello sport. Quando è andata “bene“ è stato Bartali contro Coppi. Due che si stimavano e che interpretavano lo sport da “lords“ come testimonia quella “borraccia“ passata da Bartali al Campionissimo, su una storica salita mentre Coppi era visibilmente disidratato. Oggi va in altro modo: che “cafone“ De Laurentiis che non pensa al bene della Nazionale e che per “principio“ (non per il “vil denaro“ come ha sostenuto il patron del Napoli) non “libera“ Spalletti. Ci stanno lavorando gli azzeccagarbugli di settore. Le mosche cocchiere hanno sentenziato: trattasi di Principio con la P maiuscola.

Din-don: altra campana. Vuoi mettere la signorilità di Andrea Agnelli, mollato (sempre ad agosto) da Antonio Conte, che non fece un plisset, quando Tavecchio (allora presidente federale) gli offrì la guida della Nazionale? Juventus abbandonata dal sulfureo salentino impossibilitato (a parer suo) dalla proprietà bianconera a sedersi in un ristorante “da cento euro“ a pasto. Miserie italiche.

Il calcio nazionale ha debiti per 4 miliardi di euro, ma nessuno chiede le dimissioni del principale responsabile del disastro: Gravina Gabriele, presidente della FIGC. Il gattopardo incapace di attuare una sola riforma, ma solido sulla sua poltrona con l'appoggio della politica. Perché, in Italia, se i politici non ti appoggiano, nel giro di un'ora, se cerchi di resistere, ti prelevano con la gru. Mancini si è dimesso. Il vero motivo lo conosce solo lui. Ma le ipotesi finora fatte, hanno più di un fondamento. Ma Mancini è solo la punta dell'icesberg.

La sterminata montagna di ghiaccio che viaggia nel mare calcistico si è formata nel tempo per l'incapacità di chi nel corso degli anni ha operato. L'ultimo presidente che “decise“ fu Franco Carraro. Decise male, portò il campionato di serie A da 18 a 20 squadre per evitare che il compianto Gaucci si rivolgesse al TAR, bloccando i campionati, ma decise. Dopo Carraro (e dopo Calciopoli) arrivò Guido Rossi (commissario straordinario con inclinazioni interiste: riposi in pace). Poi Abete (presidente passato alla storia per aver manzonianamente “deciso di non decidere“). Poi Tavecchio, principesco gaffeur che comunque, qualche tentativo per riformare, lo fece. Bloccato dagli egoismi dei club.

Società gestite da gente incapace di guardare oltre il proprio naso. Avida nell'arraffare diritti televisivi, avida nel rastrellare all'estero carneadi da far maturare nel campionato italiano (grazie al decreto decrescita) e poi rapidamente da rivendere. L'ultimo campionato giovanile lo ha vinto il Lecce che in squadra non aveva italiani. Gravina, eletto con maggioranza bulgara, ha saputo sfruttare al meglio la riforma Melandri: i voti dei dilettanti pesano nell'elezione federale più di quelli dei professionisti di serie A e serie B. Votano per l'elezione del presidente i giocatori con la propria associazione, votano gli allenatori con la propria rappresentanza. E votano gli arbitri: gli stipendiati dalla Federazione che votano per l'elezione del presidente. Sindacalismo all'italiana.

Il calcio specchio della politica e della società. O viceversa, poco importa. Attivo di Gravina: un campionato Europeo. Passivo di Gravina: mancata qualificazione (per la seconda volta di fila, la prima a carico di Tavecchio) al Mondiale. Mancata qualificazione (e sono otto anni consecutivamente che accade) alla Olimpiade. Disastro al mondiale femminile di calcio: credevano così tanto nelle ragazze che nessun federale ha alzato il deretano dalla poltrona per presenziare alla trasferta. Notarella: il Sudafrica versione femminile è l'equivalente della Corea vincente in Inghilterra nel 1966 sugli abatini di Fabbri. O della Macedonia che infilzò i prodi di Mancini. Poi ci sarebbe la questione giudiziaria: quei “figli e figliastri“ che la famiglia federale accarezza o punisce a seconda della convenienza.

Nel paese delle meraviglie, direbbe Maurizio Crozza, capita di tutto, ormai. Anche che il “carnefice“ saudita, grazie ai petrodollari, possa essere smerciato come un “salvatore“. Se a peso d'oro compri un Milikonvic Savic sei un benefattore. E poco importa che il Barnum messo in piedi a quelle latitudini sia un moloch con i piedi d'argilla. Venghino, a vedere le tigri e gli elefanti, i trapezisti, la donna cannone, e il razzo umano. Venghino a vedere i clowns senza indagare di cosa ci sia sotto al trucco di biacca e rossetto.

Quel mondo non ha tradizione calcistica, non ha retroterra. I ragazzi non giocano in strada. Non mettono gli zainetti, come un tempo si mettevano le cartelle, per simulare immaginifiche “porte“. Mai stati a Dubai? Sembra di stare a Disneyland. Lusso ai massimi livelli. Tutti contenti e sorridenti. Niente sporcizia, nessun clochard, niente reati. Se ci sono li nascondono. Dubai è l'ultima incarnazione del marketing, come nel film “The Joneses“. La perfezione che in realtà è un monumento alla finzione. Mai stato a Riad, ma pare sia simile a Dubai. L'ultima è questa: negli Emirati, uno sceicco capriccioso si è fatto costruire una Hammer, lunga 14 metri, alta 6 e mezzo, larga sei, dotata di cucina e bagno. E gli statunitensi della Hammer, invece di mandarlo (lo sceicco), a scopare il mare, gliela hanno costruita e consegnata: chiavi in mano.

L'importante è esagerare cantava il menestrello Jannacci. Ormai anche i funerali sono diventati uno show. Come quello di Michela Murgia, mancata dopo lunga malattia. Niente fiori sulla bara ma carciofi, carote e melanzane. Murgia era eccentrica e pasionaria, come ha rammentato l'Orso (bentornato) e quindi va bene anche l'orto sulla bara. Mi resta un dubbio. Visto che il prete che ha officiato le esequie ha accostato la scrittrice al vangelo di Giovanni, (le pagine che spalancano le porte del Padre), stante lo scempio perpetuato da Murgia alla lingua italiana, il Principale lo avrà chiamato Padr***?

Pecunia non olet. E Infantino che ha assicurato a quel mondo più posti che agli europei nel businness calcistico denunciato anche recentemente da Michel Platini, non si è mai fatto scrupolo di verificare per conto della FIFA quanto quei denari siano sporchi. Ma lo sono, visto che da quelle parti le donne hanno meno (eufemismo) diritti rispetto agli uomini, gay e lesbiche proprio non ne hanno. Non ci sono chiese e neppure sinagoghe: niente templi buddisti. I diritti umani non sono garantiti. Gli operai muoiono mentre lavorano (come accade in ogni angolo del mondo) ma non a migliaia come accaduto a quelle latitudini. Se bevi una birra e ti scoprono vai in galera. Se fumi erba, anche. E se ti azzardi a rivelare le malefatte del potere, anche se sei un giornalista del Washington Post ti fanno a fette nell'ambasciata di un altro paese mentre stai al banco a chiedere il rinnovo del passaporto e poi ti danno in pasto ai cani.

Ma se ti chiami Ronaldo e dopo un gol ti fai il segno della croce, fingono di non aver visto. Ronaldo è una azienda che l'Arabia ha acquisito e ora vende al mondo. Quel naso fine di Urbano Cairo ha fiutato il vento e si è garantito i diritti per poter trasmettere una gara a settimana di quel campionato/esibizione dove sono andati a giocare Cr7 e Benzema. Mai visti gli Harlem Globe Trotters? Spettacolari, ma il basket è un'altra cosa. Mai visti (se siete anziani magari li avete visti) i tennisti della troupe di Kramer? Incredibili. Pancho Gonzales, Pancho Segura. Con quelle racchette: durissime e piccolissime. In quella “banda“ fini anche l'italiano Merlo. Sedeva nel pulmino in ultima fila, ma era “uno di loro“.

Il calcio d'Arabia oggi è la vera Superlega. Non ha basi, non ha tradizioni, ma ha una sconfinata disponibilità economica. Difficile possa avere uno sviluppo. Ma per cinque-sei anni potrebbe avere l'attenzione del mondo. Poi potrebbe finire come con il calcio USA o quello cinese. Anche in Cina giravano ingaggi iperbolici: anche per i Pellè. Così come anni prima ne giravano (maglia Cosmos) di principeschi per i Pelè: quello vero e con una elle sola.

In ogni caso non è colpa degli arabi se il calcio europeo arrischia di implodere. E' colpa degli occidentali. Si salva la Premier (per ora) che sembra praticare un altro sport. Per il resto, caro Ghirelli (ex braccio destro di Gravina), non è che i ragazzi abbiano una “attenzione“ inferiore ai quattro secondi. E' proprio che il calcio italiano fa sbadigliare. Ho visto Juventus-Atalanta a Cesena. Dopo venti minuti mi sono appisolato. E' finita 0-0 in amichevole. Perché gli Allegri e i Gasperini neppure in amichevole “osano“.

Come andrà a finire? Quien sabe? Direbbe il peòn interpretato da Volontè. Ma niente nel calcio (come nella vita) resta impunito. Il discutibile Ceferin fu eletto presidente UEFA con il voto determinante dell'esuberante Tavecchio. Il Principe di Salina del calcio, al secolo Gabriele Gravina, è stato eletto vicepresidente UEFA con il benestare di Ceferin. Disse Wendell Phillips (nel discorso del 1° novembre 1859 a Brooklyn): “Ognuno finisce per trovare la sua Waterloo “ . Prima o poi .

 

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