- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / 100 "mondiali": operazione Overlord

Martedì 15 Agosto 2023

 

hughes 


Da sempre la gara più attesa: mai con tanti possibili pretendenti da smazzare al botteghino delle scommesse. Tra rientri e incroci, il pronostico è incentrato in una insolita sfida a tre continenti. Anche se a ben guardare, …

Giorgio Cimbrico

Vent’anni fa, a Parigi, vinse Kim Collins di St Kitts and Nevis. Questa volta ha forti chances Zharnel Hughes (nella foto), nato ad Anguilla: una volta le tre isole formavano una piccola federazione. Hughes corre per la Gran Bretagna, vive in Giamaica, è allenato da Glenn Mills che ha appena compiuto 74 anni. Mills è l’uomo di Bolt e di Blake ed è il direttore tecnico dei “Kingston Racers”, il club di Hughes. Se porta un altro discepolo al titolo mondiale, va a quota cinque. Nel pantheon del National Stadium anche lui meriterebbe una statua.

Hughes, 28 anni, non ha corso molto i 100 ma il suo 9”83 newyorkese – record britannico strappato per quattro centesimi a Linford Christie –, è stato magnifico, affacciato sulla perfezione, specie la fase lanciata in totale decontrazione. Di così bello possono esser rinvenute le volate di Donovan Bailey e certi giorni felici, lontani dallo stress, di Asafa Powell. Bolt correva più forte ma non era così elegante.

In un’altra tappa di avvicinamento ai Mondiali, i campionai britannici a Manchester, Hughes si è trovato a fronteggiare un diluvio e ha chiuso in 10”03. Progressi anche sui 200: terzo nella Diamond di Londra, alle spalle di Noah Lyles e Letsile Tebogo, 19”47 e 19”50, è sceso a 19”73, a un centesimo dal record europeo, vicino ai 44 anni, di Pietro Mennea.

Se Hughes centra l’obiettivo diventa il quarto britannico a poter dire di essere l’uomo più veloce del mondo dopo Harold Abrahams, Allan Wells e Christie, campione mondiale trent’anni fa a Stoccarda dopo l’oro olimpico di Barcellona.

Molta Africa nella concorrenza: il kenyano Ferdinand Omanyala, 9”84, un altro esempio di passaggio dal rugby all’atletica, è un carro armato pericoloso nella gara secca, da analizzare sui tre turni; a 20 anni il botswano Letsile Tebogo sta dando prova di una grande versatilità e può aver scoperto nei 200 (è diventato il quinto di sempre) la sua distanza; il sudafricano Akane Simbine vuole scrollarsi di dosso la fama di piazzato nei dintorni del podio e mai su uno scalino; il camerunense Emanuel Eseme.si è fatto vedere in Diamond in un periodo in cui è nato un forte affollamento di tempi tra 9”94 e 9”98, senza picchi e con un logico allargarsi dell’area dei finalisti e dei medagliati.

Gli americani: Fred Kerley, che ha “mancato la squadra” sui 200, è partito forte in Giappone a inizio stagione (9”84 e 9”88) e ha rallentato negli impegni per concentrarsi nella difesa del titolo conquistato a Eugene; Cravont Charleston ha dato il meglio vincendo a sorpresa le selezioni; Noah Lyles continua a ruggire la sua spacconeria: 9”65 e 19”10 sono gli obiettivi dichiarati. Forse è un po’ matto ma lui ci crede; Christian Coleman non è più quello di tre anni fa.

Dalla modesta esibizione di Parigi, settimo in 10”21, sono passati quasi due mesi. Da allora l’operazione Marcell Jacobs è stata secretata come Overlord, che portò allo sbarco in Normandia, o il progetto Manhattan, quello della bomba atomica. A Budapest si presenta più o meno da 200° al mondo, da 51° tra gli iscritti. Sabato – la prima smazzata con le batterie – tutto sarà più chiaro.

 

 

Cerca