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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / L'asettica prudenza dell'informazione

Mercoledì 19 Luglio 2023

 

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“E’ un mondo appassito, che rinuncia alle proprie opinioni per sposare quella dell’onda dominante, che non si fa più spingere dalla generosità nell’offrire una battuta che può risultare da tramandare. O da vivere”.

Giorgio Cimbrico

Ci sono parole che non vengono più dette, che non devono essere dette, e altre che vengono usate a sproposito, con allusioni pesanti, e in questo caso gli aggettivi sono “goliardico” e “greve”. In un caso o nell’altro tutti – perlomeno quelli che sono all’interno dell’SSM, Sistema dei Social Media – sono alla mercé degli avvoltoi schierati sui rami del nostro mondo perduto, pronti a segnalare, a denunciare. La forma anonima è quella preferita. Ai tempi dell’Inquisizione – ma anche della tollerante Serenissima – significava finir davanti a un tribunale e subire i tormenti della tortura della corda.

Il vero problema non è il “grossier” che ha turbato recentemente la spedizione RAI a Fukuoka, ma certe normalità perdute. Domenica, finale di Wimbledon: nessun commento, anche il più benevolo e scontato, sull’ingresso in campo della principessa di Galles, sottile come un giunco (magra, parola da evitare come grassa) e in verde smeraldo.

Al tempo della Duchessa e del Duca di Kent, padroni di casa, quel momento era atteso perché venivano accettate quote su quanti ballboys o ballgirls sarebbero stati interpellati dalle Loro Grazie. Le scommesse fioccarono quando sul Centrale venne ammesso il primo ballboy con la pelle scura.

Nessuna parola neanche su Brad Pitt, sempre bello ma ormai segnato dal tempo che avanza o, il giorno, prima, sul sorriso deliziato e triste di Dame Maggie Smith, meravigliosa vegliarda o sul piglio del principino che nel 2060 potrebbe essere George VII e regnare su quel che resta di Britannia.

E’ probabile che nelle tv siano partiti da tempi ordini di scuderia: evitare qualsiasi osservazione a qualsiasi costo, dribblare la battuta innocente che viene naturale, dimenticare l’osservazione di colore (il pubblico di Wimbledon, un cocktail di nobiltà, borghesia e plebe degno delle migliori incisioni di William Hogarth si presterebbe alla perfezione), limitarsi per non essere investiti dall’onda sporca dei frustrati, dei maligni, di chi non ha meglio da fare che spruzzar veleno come quei serpenti che al morso preferiscono l’emissione salivare. E così nasce l’asetticità prudenziale e nessuno osa dire che Carlos Alcaraz sembra uno di quei monelli dipinti da Murillo. Per fortuna certe cose possono ancora esser scritte. Per quanto o dove non si sa.

E’ un mondo appassito, che rinuncia alle proprie opinioni per sposare quella dell’onda di cui sopra, che non si fa più spingere da un momentaneo “elan vital”, dalla generosità nell’offrire una battuta che può risultare memorabile, da tramandare, come “la sovrana che indossa una pelliccia di chinchilla e uno spericolato cappellino di paglia verde” che Paolo Rosi inventò spontaneo in un febbraio gelido a Cardiff quando veniva celebrato il primo centenario del rugby gallese.

Erano ancora i tempi in cui tutto questo era permesso e tutto quello che era più alto dell’erba poteva esser spazzato via. In quarant’anni è cambiato tutto.

 

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