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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Diversita' e peculiarita' d'altre epoche

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Lunedì 29 Maggio 2023

 

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“Il revisionismo e il cancellazionismo (cancel colture, dicono i più accesi) spirano ormai come una tormenta o un fuoco su cui soffiano ipocriti o ingenui che si fanno coinvolgere. Spazzando allegramente dubbi e, perchè no, un confortante fascino.”

Giorgio Cimbrico

Dopo l’attacco frontale a “Swing low sweet chariot” e a “Delilah”, razziste e sessiste (come no …), oggi tocca al fondatore o almeno a chi la leggenda attribuisce l’intuizione, la scintilla: William Webb Ellis. Dalla Nuova Zelanda parte l’idea di cambiare il nome della Coppa del Mondo intitolata al vicario che riposa nel cimitero vecchio di Mentone.
Riassumendo: il rugby è cambiato, è diventato professionistico e il simbolo è Jonah Lomu che, “immagina iconica” (il virgolettato non è opera nostra), calpesta Mike Catt e va in meta. E così, Jonah Lomu World Cup.

Perché, secondo chi sostiene questa interessante tesi (non è il caso di riportarne il nome), è l’ora di finirla con un rugby nato in una scuola privata, frequentata dalla borghesia britannica. A questo punto è bene ricordare che la giovane vedova del capitano dei dragoni caduto nella battaglia di Albuera, scelse Rugby perché chi aveva residenza entro le dieci miglia dalla torre dell’orologio, poteva inviare gratuitamente i suoi pargoli a quell’istituzione. Ma questi sono particolari che oggi non interessano, trascurabili.

Meglio intervenire su altri concetti, il professionismo, ad esempio. Allora perché non intitolare la Coppa del Mondo a qualche vecchio eroe di quel rugby proletario e per proletari che era la Rugby League, professionale sin dai suoi esordi, nella tarda età vittoriana? Il fatto di esser disprezzata e tenuta lontana dai signori della Union dovrebbe oggi rivalutarla agli occhi dei revisionisti a tutti i costi. Che sono poi gli stessi che vanno a tirare la vernice sulla statua di Winston Churchill o ignorano che l’abolizione della schiavitù, nell’Impero britannico, fa data dal 1833, grazie a William Wilberforce. Negli Stati Uniti, campioni di democrazia, le cose sono andate in modo molto diverso. E anche oggi …   

Altre considerazioni: il povero Lomu, che, scomparso a 40 anni, oggi starebbe per raggiungerne 48, è certamente, ahimè, iconico, ma anche il simbolo di un rugby che in una sorta di selezione naturale, sta sempre più escludendo i “normali” di un tempo felice: Barry John, Gareth Edwards, Gerald Davies tanto per rimanere in una parentesi di gesti semplici e magnifici. Lomu è il primo titano che ha inferto una svolta irreversibile. E, in questo scenario di presunto ugualitarismo a tutti i costi, ha un vantaggio: aveva la pelle scura. Era di un altro genere. Razza non si dice più. E etnia lo lasciamo dire al ministro Lollobrigida, che dirige agricoltura e sovrana alimentazione.

Rispetto a tutti gli alti sport, il rugby ha alcune diversità o peculiarità: porta il nome del luogo dove è nato (se nello Warwickshire nasce un comitato che discute questa antica scelta, siamo fregati …) e ha un inventore non saldo e sicuro come il reverendo Naismith da cui scaturì il basket. E proprio i dubbi, gli interrogativi che investono questa figura, lo rendono unico. Persino la statua che il collegio di Rugby ha dedicato a Webb Ellis ha qualcosa di fiabesco, da renderla simile a un’altra statua, quella che a Kensington onora e ricorda Peter Pan. In Gran Bretagna i mondi segreti – da Alice ad Harry Potter – hanno finito per diventare molto reali.

Se si va avanti di questo passo, sorgeranno problemi anche sulla figura di un altro grande appassionato di rugby: il barone Pierre de Coubertin. Un nobile, un privilegiato, uno che aveva un’idea aristocratica dello sport.

Ma ai revisionisti, agli appassionati di cancellazioni (che ricordano i primi estremisti cristiani che diedero l’assalto al biblioteca di Alessandria) ha mai spiegato nessuno che la storia è un fiume che trasporta ninfee e stronzi, ceste che contengono profeti in fasce e liquami? Provare a negarla è impossibile, ma ha un certo effetto su chi non la conosce e si accoda, entusiasta.

 

 

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