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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
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I sentieri di Cimbricus / Era la mia prima incoronazione ...

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Domenica 7 Maggio 2023

 

king charles


… ed ero piuttosto emozionato. In realtà, ero già nato al tempo di quella di Elisabeth ma non avevo ancora due anni e così i ricordi non sono confusi, proprio non ci sono. Una pièce teatrale in due atti di un suddito britannico in esilio.

Giorgio Cimbrico

ATTO PRIMO – Elisabeth ebbe in dono la conquista dell’Everest, arrivata quattro giorni prima grazie all’impresa di Edmund Hillary e Tenzing Norgay. L’attempato Charles, non lontano dai tre quarti di secolo, ha ricevuto le dure accuse del premier del Belize, l’ex-Honduras britannico, sul passato coloniale e schiavista. “Siamo pronti a diventare una repubblica”, ha tuonato allineandosi sulle intenzioni di Barbados, l’antichissima colonia dove i primi schiavi avevano la pelle bianca: meglio tagliar canna in quell’isola che languire in un carcere londinese.

I giornali inglesi – conservatori o progressisti – sono una miniera: offrono l’orario minuto per minuto e la mappa del viaggio del royal coach dorato da Buckingham Palace all’Abbazia di Westminster; l’elenco degli invitati che non comprende rappresentanti di Russia, Bielorussia, Myanmar (già Birmania), Nicaragua, Venezuela, Iran e Sarah Ferguson, e che, su espresso invito del neo-sovrano, comprende invece  il re degli Ashanti (Ghana), il capo degli indios dell’Amazzonia, la leader dei nativi del Canada; le precisazioni sulla presenza del Duca di York (Andrew, fratello del re) e del Duca di Sussex (Harry) che non avranno ruoli formali; il primo compito ricoperto da George, primogenito di Williams e Kate, uno dei paggi che accompagneranno il nonno all’antico trono di Edward, dove l’arcivescovo di Canterbury lo renderà sovrano, imponendogli sul capo la corona che porta il nome dell’antico sovrano.

La speranza di chi, come me, seguirà la cerimonia, è che gli esperti e soprattutto le esperte non sii dilunghino troppo – come hanno fatto con il funerale della donna che aveva attraversato un secolo – su Diana o su Meghan, attualmente in California. Ma le mie sono illusioni, parabole di vecchi, come diceva don Alfonso in “Così fan tutte”. Dimenticavo che qui in ballo c’è anche Camilla. Fonti inesauribili.

Meglio rifugiarsi in altre amenità, come l’ago che punta all’insù nella vendita di cibi e bevande per i party in giardino, in casa, in strada. Pare saranno 200.000. In testa alla hit parade la quiche, lorenese e non inglese ma ormai globalizzata, e la pork pie, questa inglese doc. La birra deve inchinarsi di fronte allo champagne e al prosecco, confidando che la scelta cada su quello buono, non quello da tre euro, due sterline e mezzo.

Charles non ha fatto come sua nonno che da Albert divenne George. Charles era e Charles rimane, senza curarsi del ricordo di quello che quasi quattro secoli or sono perse la testa – fuor di metafora – o del figlio del decapitato, non propriamente uno dei sovrani più amati o popolari.

Ha battuto largamente ogni record: il gaudente Principe di Galles, diventato Edward VII alla morte di Victoria, aveva 60 anni al momento dell’accesso al trono, Lui marcia verso i 75. Camilla verso i 76.

In compenso Charles ha vissuto un’accentuata precocità filatelica e in questo ha avuto la meglio sulla madre: se una riccioluta Elisabeth apparve a sei anni su un valore di Terranova (Newfoundland), Charles non ne aveva ancora due quando, in bianca vestina e in braccio alla sovrana, divenne il protagonista di due valori neozelandesi del 1950. Dopo quest’esordio in tenerissima età, torna in scena nel 1969, in occasione della sua investitura, al castello di Caernarvon, a principe di Galles. In uno dei cinque valori, un suo ritratto in chiaroscuro. Al Principato – nome celtico, Cymru – Charles rimarrà sempre legato: una serie di suoi eleganti acquarelli adornano l’incisione dell’integrale delle sinfonie di Gustav Mahler dirette da Leonard Bernstein. Amante dell’arte, in particolare dell’architettura, si è dedicato anche alla coltivazione a alla produzione di generi bio.

Nel 1981, per le nozze con Diana Spencer, la Gran Bretagna, le isole del Canale, le poche minuscole colonie rimaste (Gibilterra, Bermuda, St Helena, Tristan da Cunha, Falkland e altre minuscole isole popolate di foche e pinguini), le ex-colonie, i dominion e persino la parte turca di Cipro e il Camerun diedero vita a uno sterminato “giro” in cui Charles figura in divisa, in borghese, da giocatore di polo, da escursionista, da passeggero di riguardo dello yacht Britannia in compagnia della donna che scomparirà tragicamente nel ’97 nel tunnel parigino dell’Alma.

Ora il suo profilo è sulle monete: è l’uomo che attese per diventare re. Non tutti fanno le cose in fretta.

ATTO SECONDO – Al momento culminante della cerimonia, quando l’arcivescovo di Canterbury sta per porre o imporre la corona sulla testa di Charles III e pronunciare il God Save the King ripetuto da tutti coloro che occupavano le navate, Sky ha scritto il suo capolavoro: mezzo schermo, quello di destra, senza audio collegato con l’Abbazia di Westminster; mezzo schermo, quello di sinistra, con audio concesso a Silvio Berlusconi che, con quella maschera da teatro kabuki, ha ricordato di aver salvato l’Italia dai comunisti creando il partito dei moderati. Forza Italia con o senza punto esclamativo.

La tv dovrebbe avere le caratteristiche dell’immediatezza e in quel momento stava capitando qualcosa di storico (ogni tanto l’aggettivo così martellante può anche essere usato …) dal momento che a un’incoronazione non si assisteva da settant’anni. E per chi al tempo era ancora sprovvisto della tv (tra i paesi, l’Italia), era una prima assoluta. Che l’Italia sia stata salvato dai comunisti grazie all’intuizione di Silvio I, fa invece parte di un repertorio non proprio nuovo di zecca. Non da prima pagina.

Appassionato come sono, sin dalla più tenera età, di storie e glorie britanniche, mi sono costretto ad ascoltare ore di parole e nomi, sempre le stesse, sempre gli stessi: tradizione e innovazione (per fortuna non hanno fatto capolino anche la sostenibilità e la resilienza), Meghan, Diana, Sarah, Camilla. Costanti accenni alla pioggia ma nessuno alla bella musica che spaziava dall’elisabettiano William Byrd, al seicentesco e geniale Henry Purcell sino al re del Musical Andrew Lloyd Webber, alla voce di Bryn Terfel (un gran Leporello a Salisburgo), alla presenza di un gospel e dell’inno gallese, Land of my fathers, voluto da chi per oltre mezzo secolo è stato principe di quella terra dopo l’investitura, nel ’69, al turrito castello di Caernarvon.

Tutto a larghi palmi, sempre all’insegna del “e ora cosa succederà?”. Per la conduttrice i militari portano vestiti: e tuniche rosse si chiamano uniformi. E il procedere da Buckingham Palace all’Abbazia e ritorno era una processione. Ma non era mica il Corpus Domini. Sarebbe stato meglio usare il termine corteo e viste le cadenze e le caratteristiche della seconda parte, ancora meglio sarebbe stato definirla parata.

Nessun accenno alle bandiere dei paesi del Commonwealth che una ad una mi sono divertito a riconoscere. Antigua, British Virgin Island, Cayman, etc; e ad Anna che nonostante la non più verde età ha cavalcato, come faceva un tempo sua madre, portando in testa una feluca in tutto simile a quella del Duca di Wellington quando caracollava su Copenaghen. E sbrigata, senza approfondimenti, l’omaggio con triplice hip hip hip hurrah delle truppe agli ordini di un sergentone dalla voce un po’ rauca. La Black Watch ha salutato con un marziale lamento delle cornamuse.

L’impressione è sempre la stessa. Quando gli italiani si confrontano con la storia inglese lo fanno sempre con un certo sorrisino di sufficienza. D’altra parte un’ottantina di anni fa dalle nostre parti era in voga una canzoncina che suonava così: “e la fine dell’Inghilterra incomincia a Giarabub”. Monarchia e paese bene o male tirano avanti da quasi 1000 anni.

Sul balcone, con loro e vicino a loro, hanno voluto i nipoti, a cominciare da George che un giorno potrebbe essere il VII con quel nome. Due anziani, non troppo provati. Camilla era felice e non lo nascondeva. Alla fine, è stata lei ad avere la meglio.

 

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