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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Il piacevole scorrere dei risultati

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Giovedì 4 Maggio 2023

alekna 


Negli anni è stato un hobby, un lavoro, una mania, una fonte. Leggere significa anche stupirsi di fronte alle origine degli atleti, da un atlante geografico a uno etnografico: gruppi, tribù, popoli che si sono sovrapposti.


Giorgio Cimbrico

Si può cominciare con i 71.00 di Mykolas Alekna, lituano di Vilnius, 21 anni ancora da compiere: mai nessuno aveva lanciato il disco così lontano alla sua età. Mykolas, precoce campione europeo e vicecampione mondiale, è Alekna III: il fratello Martynas, due anni più anziano, è andato appena oltre i 60 metri. Alekna I è Virgilius, due titoli olimpici, due titoli mondiali, uno europeo, il gigante andato più vicino al 74,08 di Jürgen Schult, che sta per tagliare il traguardo dei 37 anni di durata, centrato non molto prima che il paese del martello e del compasso si sciogliesse.

Virgilius è a 20 centimetri: il 73.88 dell’annata 2000 è venuto ai campionati nazionali, a Kaunas. La botta di Mykolas – più basso di papà, 1,94 contro 2,00 – è arrivata a Berkeley. Lui vive in California. I tempi cambiano e dal Baltico ci si può spostare al Pacifico.

La lettura dei risultati è sempre piacevole. Negli anni è stato un hobby, un lavoro, una mania, una fonte. Senza l’atletica molti di noi non saprebbero dove si trovano Tatabanya, Sollentuna, College Station, Pittipudas, Adler, Sopot, Echo Summit e molti altri posti ancora che, tutti assieme, formano un atlante non immaginario.

Una volta era più facile: i quotidiani ne offrivano liste lunghe, in corpi minuscoli. Ora non usa più e si naviga per siti. Leggere significa imparare, stupirsi di fronte alle origine degli atleti, e così da un atlante geografico si passa a un atlante etnografico: gruppi, tribù, popoli che si sono sovrapposti a popoli precedenti. Come i neri che nel Caribe hanno preso il posto degli indiani sterminati perché, secondo i domenicani, non era certo avessero un’anima: isole sopravento e sottovento, dalle Bahamas a Trinidad.

L’atletica insegna che i nandi e i kalenijn, da cui provengono i grandi del Kenya sono molto diversi dai turkana e dai masai che non si sono impegnati molto ma quando l’hanno fatto, hanno dato David Rudisha, e così il loro apporto può essere sufficiente per un secolo a venire.

Le gare della NCAA sono una miniera di gioia e di dubbi: sarà proprio elettronico il cronometraggio? E sarà stato ben tarato l’anemometro? In un caso o nell’altro è bello imbattersi in sconosciuti e sconosciute, magati originari di St Lucia o di Barbados, che corrono sotto i 10”00 e sotto gli 11”00.

La novità, l’ultimo grido si diceva una volta, è Issam Asinga, nome nigeriano, americano della Florida, che a 18 anni e quattro mesi ha corso tre volte – illegalmente – sotto i 9”90 e in 19”97, questa volta legalmente, battendo il record delle high school, il nostro liceo, che con 20”09 era in mano a Noah Lyles. Loro usano un termine che si finisce per imparare, all conditions: viene usato per un risultato che non tiene conto del limite del vento, fissato a 2 metri al secondo. In questo senso, con 9”83, Asinga è stato il più veloce liceale della storia, così come quella pazza scatenata di Sha’Carry Richardson, con 10”57, ha fornito il terzo tempo di sempre dietro soltanto al 10”49 (dubbio) di Florence Griffith e al 10”54 di Elaine Thompson e alla pari con un altro 10”57, ventoso, della scomparsa Flo Jo.

Oltre che “in tutte le condizioni”, all conditions potrebbe anche essere tradotto con “ottenuto da un essere umano dotato di due gambe”. Vento o non vento, mica facile correre così forte.

Da noi gli argomenti sono altri: parole, molte parole, promesse, ambizioni, polemiche, gare concesse con il contagocce, trionfalismi federali. Meglio dedicarsi alle Drake Relays o all’ultima botta a 22.69 di Joe Kovacs, l’uomo-mortaio.


L’Africa va sempre più veloce

L’Africa non corre più solo a medio o a lungo raggio, in pista e su strada. Va dannatamente veloce anche sul rettilineo, sul mezzo giro e sul giro intero, e questa non è una grande novità: il record del mondo è africano, anzi sudafricano (Wayde van Niekerk) e un botswano (Isaac Makwala) e da qualche giorno uno zambiano (Muzala Samukonga) sono andati sotto i 44”00 trovando posto tra i primi venti di sempre.

A stagione ancora in fasce, i 200 sono guidati dal ghanese, classe 2001, James Dadzie, 19”79 a Lubbock, Texas, e dal botswano Letsile Tebogo, 2003, 19”87 a Gaborone. Nei primi dieci il liberiano Emanuel Matadi (l’unico di una certa età, 1991), Tapiwa Makarawu dello Zimbabwe (2000), il nigeriano Udodi Onwuzurike (2003) e Joe Fahnbulleh (2001), nato in Minnesota ma liberiano di passaporto, racchiusi tra 20”07 e 20”14. Fahnbulleh l’anno scorso, è sceso a 19”83 (eguagliando o Tommie Smith) ed è stato quarto a Eugene. A Gainesville, con vento +2,9, l’ugandese Tarsis Orogot si è trasformato in fulmine: 19”60, terzo tempo illegale della storia.

Sono sei paesi che diventano otto passando ai 100: il sudafricano Akani Simbine, veterano classe ’93 e sempre piazzato nelle grandi occasioni,  è secondo dopo il 9”92 di Potchestroom, un centesimo dietro il vertice occupato dal ventenne prodigio bahamense Terrence Jones; e dopo una serie di tempi fasulli iin patria, il kenyano Ferdinand Omanyala, tanto carenato di muscoli quanto sono essenziali i suoi conterranei che corrono a lungo, ha vinto a Gaborone in 9”78 con +2,3 davanti a Tebogo con lo stesso tempo del suo mondiale under 20. Con vento di troppo anche Dadzie, studente allo Western Texas College, è andato fortissimo, 9”89 a Lubbock con +3,2.

Il nono paese che fa irruzione è lo Zambia con la sorpresa Samukonga che sorpresa in realtà non è: il ventenne (è nato nel dicembre 2002), l’anno scorso ha interrotto il decennale regno del Botswana ai Campionati Africani, scandito dalle vittorie di Makwala e di Baboloki Thebe, e ha conquistato il titolo del Commonwealth in 44”66. Ora, ai 1000 metri di quota di Gaborone, 75 centesimi di progresso in un colpo solo.

Samukonga guida la stagione davanti a Wayde van Niekerk che si è finalmente lasciato alle spalle un calvario di infortuni e ricadute durato anni: 44”17 ai 1340 metri di Potchestroom. Il botswano Bayapo Ndori, classe ’99, è quarto con 44”61.

Con Bassant Hamida i paesi salgono a dieci: la velocista egiziana (classe ’96, record personale 11”02) è per il momento la migliore del Continente con l’11”09 di Gaborone. Precede di un centesimo Tobi Amusan, la piccola e fulminea ostacolista nigeriana che si è impadronita del titolo e del record mondiale sulle barriere alte. Uno dei segni del cambiamento in atto.

 
La misteriosa morte di Tori Bowie
 
Qualche giorno fa, vicino agli 84 anni, se n’era andato Ralph Boston. Ora il Mississippi perde un’altra stella, mezzo secolo più giovane. A 32 anni, per cause non ancora accertate, è scomparsa Tori Bowie, tre volte sul podio olimpico di Rio de Janeiro (oro in staffetta, seconda nei 100, terza nei 200), campionessa mondiale nei 100 e nella 4x100 l’anno dopo a Londra e in possesso di record personali di grande valore: 10”78 e 21”77.

Nei 2018 la sua elegante silhouette era apparsa sui manifesti di Valentino. Tori aveva gareggiato anche ai Mondiali di Doha prima di sparire dalla circolazione. Ultima apparizione, quasi un anno fa, in un modesto 200 chiuso a due secondi dal suo limite. E’ in questo periodo che si sono diffuse voci su attacchi di depressione. Nessuno, per il momento, ha rilevato particolari o azzardato ipotesi.

   

 

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