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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Gianfranco Colasante
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I sentieri di Cimbricus / A Boston solo delusione per Eliud

Lunedì 17 Aprile 2023

 

kipruto-23 


Nessun miracolo è previsto su questo insidioso percorso vecchio 127 anni. Non riesce neppure a Kipchoge che deve arrendersi a Kipruto, chiude al sesto posto ad un chilometro dai primi. Ma resta l’obiettivo-ter di Parigi ’24.

Giorgio Cimbrico 

Freddo e pioggia a Boston per la resa senza condizioni di Eliud Kipchoge. Quando l’antica corsa entra nella fase collinare e insidiosa, Eliud è ancora in testa al gruppo dei sette. Contrariamente al solito, è nervoso e poco prima aveva sollecitato qualcuno a tener alto il ritmo, a dargli il cambio. Inascoltato. A Boston non sono previste lepri. Ognun per sé. 

E così al 30° chilometri, poco prima della Heartbreak Hill, la collina spezzacuore, quando il tanzaniano Gabriel Geay allunga, rispondono Evans Cheebet e Benson Kipruto (nella foto d'apertura), stessa scuderia –, quella di Gabriele e Federico Rosa –, stesso allenatore, Claudio Berardelli. Kipchoge non risponde, scivola dietro, sempre più indietro. Nessun accenno di reazione, Il passo è sempre calligrafico, ma è monotono. Qualche fitta a una gamba. Chi si dà battaglia sparisce avanti, Eliud sparisce indietro.

Nessun miracolo è previsto su questo insidioso percorso vecchio 127 anni. E’ una giornata di rinnovata gloria per Gelindo Bordin che è e rimane l’unico campione olimpico riuscito, nel 1990, ad avere la meglio in una prova che fa parte della chanson de geste dello sport moderno. 

Davanti, Kipruto fa buon gioco di squadre con Chebet. Insieme eliminano le velleità del tanzaniano prima che Chebet vada via, per il bis bostoniano e per una conferma: nei grandi appuntamenti è lui a dettare legge. Negli ultimi dodici mesi, a segno due volte a Boston e in mezzo New York. E questa volta in 2h05’54”, un minuto in meno del suo primo acuto nel Patriots’ Day. Geay, 2h06’04”, riesce ad aver la meglio per due secondi su Kipruto. 

Kipchoge è lontanissimo, a un chilometro abbondante. Finirà sesto, a tre minuti e mezzo, in 2h09’23”, il peggior tempo nella sua lunga vita su strada, una successione di 15 vittorie in 17 prove, di record mondiali, di due ori olimpici, del superamento del promontorio delle due ore nella “sperimentazione” viennese, quando ebbe a disposizione una legione di scanditori di ritmo per metter le mani sull’ideale dei 21 km orari appena abbondanti. 

E’ la terza sconfitta: la prima nel 2013, all’esordio, dietro a uno Wilson Kipsang da record del mondo; la seconda nel 2020, a Londra, quando un orecchio lo fede impazzire, perdere il senso dell’equilibrio. Ora questa, da 38.enne, a poco più di un anno dal coronamento di un’ambizione assoluta: lasciare la compagnai di Abebe Bikila e di Waldemar Cieripisnki e diventare il primo e l’unico a vincere tre volte l’oro olimpico sula rotta da Parigi a Versailles e ritorno. Questo brusco ricadere sulla terra avrà incrinato le sue sicurezze?  

Hellen Obiri è una veterana di 33 anni, ma nella maratona è quasi un’esordiente. Un’esperienza sei mesi fa a New York, per la kenyana, ed è tutto per chi in pista, partendo dai 1500 e salendo ai 5000 e ai 10.000, ha raccolto due argenti olimpici e due titoli mondiali. Una corsa disordinata, tutta in avanti, con spinte esasperate e sbattendo le braccia, ma efficace per aver la meglio sull’etiope Amare Beriso, padrona della terza prestazione di sempre, 2h14’57”.

Hellen innesta marce alte e sull’infinita avenue che porta al traguardo, fa il vuoto: 2h21’38”, record personale, e dodici secondi su Beriso. Coraggiosa la prova dell’americana Emma Bates, per 40 chilometri, con le africane e in grado di non “rompere” di fronte alle accelerazioni decisive. Finisce quinta in 2h22’10°.  

Sesto successo a Boston per lo svizzero Marcel Hug che demolisce il record del percorso in 1h17’06” e lascia il secondo dei paralimpici a dieci minuti abbondanti. Margine molto netto anche per l’americana Susanna Scaroni che prosegue nella sua scia di successi (New York, Chicago) avendo la meglio anche su un incidente meccanico a metà gara. 

 

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