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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Il revisionismo che cancella la storia

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Lunedì 17 Aprile 2023

 

gn-23 


“I risultati sono sotto gli occhi di chi ha vissuto un altro mondo, una dimensione perduta quando guardavamo lo sport per quello che ci poteva dare: un bel gesto; una sensazione da portare dentro, possibilmente per sempre.”

Giorgio Cimbrico

Quando tutto sarà bandito, cosa faranno? Non lo so, non mi interessa, troppo vecchio per occuparmene. Quel che dovevo vedere, bene o male, l’ho visto quando la febbre della cancellazione – e del revisionismo che vuol seccare il fiume della storia – non aveva preso il sopravvento, non era diventato un virus a veloce incubazione. Da un po’ di tempo non sento qualcuno che invoca la soppressione della boxe. Strano. 

Nel giorno dell’assalto degli animalisti al Grand National – 118 arresti, cerimoniale all’osso senza parata e senza inno, partenza in ritardo dopo l’invasione della pista di Aintree e la scalata degli attivisti alle storiche e micidiali siepi – mi ha colpito una frase, pronunciata in tv da un esperto di faccende ippiche: “Questa gente non è mai stata in un ippodromo, in una stalla. Non sanno che i cavalli vivono in ambienti che possiamo paragonare a un hotel a molte stelle. Curati, amati. E vorrei anche dire che ci sono molti altri animali che non vivono in queste condizioni, sottoposti a sofferenze”. Sono gli animali che di solito ci troviamo in un piatto, dentro un panino. I cavalli che affrontano le siepi sono dei privilegiati che affrontano dei rischi. Non l’hanno scelto loro, ma è il loro lavoro. 

In una congiunzione di eventi, la protesta di Animal Rising è venuta in una settimana nera: giovedì, all’inizio del lungo dine settimana sul percorso nei pressi di Liverpool, è morto Envoye Special, sabato Dark Raven e, nelle prime battute della corsa più importante, la più antica – prima edizione nel 1839 – e massacrante (quattro miglia abbondanti e trenta ostacoli) quella che si chiama fatale caduta ha incrociato l’esistenza di Hill Sixteen. Tre cavalli in tre giorni. 

“Con tutte le misure che abbiamo adottato in questi anni – ha detto Julie Harrington, che presiede la British Horseracing Authority – il numero dei cavalli andati incontro a incidenti mortali è diminuito drasticamente. E il nostro impegno non fa che aumentare”. 

Aumenta anche quello degli animalisti che hanno definito il Grand National “il più prolifico killer di cavalli”, hanno promesso che “questo non è che l’inizio” e insistono perché il Grand National venga messo al bando. “Solo quest’anno i cavalli morti in gara sono stati 49”. 

Cosa salverà il Grand National? La sua storia, che prende il via due anni dopo l’incoronazione di Vittoria? L’impressionante montagna di denaro che genera in scommesse? La popolarità che lo spinge ai vertici degli indici di gradimento televisivi? Una revisione del percorso e delle siepi che, in teoria, riduca i rischi? Una versione annacquata è meglio di una messa al bando? 

Domande, interrogativi che spirano su un mondo che ha dimenticato in fretta i poveri cristi morti a Doha e su uno sport sempre più lontano da una dimensione che ne era parte: il pericolo, il dramma contribuivano al suo fascino, in F1, ad esempio, o in certe discese libere che sono state cancellate o profondamente “corrette”. E ora è nata una campagna perché nel rugby il placcaggio sia portato dalla vita in giù. In cent’anni, c’erano state tre espulsioni; oggi i cartellini rossi fioccano per un contatto, anche passeggero, tra teste. 

Persino la durata è stata sottoposta a revisione – nella pallavolo, nel tennis – e a qualcuno è andata anche peggio: la 50 km di marcia non esiste più. In questi casi gli interventi decisivi non sono stati degli ambientalisti o degli animalisti, ma dei padroni delle tv. 

I risultati sono sotto gli occhi di chi ha vissuto un altro mondo, una dimensione perduta quando guardavamo lo sport per quello che ci poteva dare: un bel gesto; una sensazione da portare dentro, possibilmente per sempre; un’immagine, anche quella delle zolle di erba che volano sul mucchio selvaggio del Grand National.  

 

 

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