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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / Volati via due grandi del passato

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Giovedì 2 Marzo 2023


bob-richards 


Mai incrociatisi, ma accomunati dall’aver scritto ai loro tempi pagine di fuoco. Parliamo del “vicario volante” Bob Bragg e l’attaccante Just Fontaine, l’uomo che porta in paradiso un record imbattibile. Proviamo a rileggerle.

Giorgio Cimbrico

BOB RICHARDS

Un giorno Il vicario della congregazione di Brethren chiese a una ragazzina con gli occhiali: “Cosa vuoi fare della tua vita?”. “Diventare la numero 1 del tennis”. La ragazzina era Billie Jean King, il vicario era Bob Richards, che se n’è andato qualche giorno fa dopo aver raggiunto i 97 anni.

Attendendo quel che combinerà Armand Duplantis tra poco più di un anno a Parigi, quel buonanima di Bob, nativo dell’Illinois (che gli assegnò l’Ordine di Lincoln), è l’unico nella storia ad aver conquistato due titoli olimpici nel salto con l’asta, nel ’52 e nel ’56. La collezione è completata dal bronzo di Londra ‘48. Era un uomo da gare dure, non da record del mondo. Non ne centrò neanche uno.

A Helsinki quando tutti aspettavano lo spareggio con Donald Laz, Bob scavalcò 4.55 alla terza prova e risolse la faccenda. Quattro anni dopo, a Melbourne, in una giornata ventosa, osservò a lungo l’asticella che danzava sui ritti dopo il suo secondo tentativo a 4.56. Rimase lassù e fu il bis, tre centimetri di margine su Bob Gutowski che l’anno dopo avrebbe battuto lo storico record di Cornelius Warmerdam, detto l’Olandese Volante: 4.77 con l’asta rigida.

Richards disse che, con l’introduzione delle prime aste in fibra, Gutowski sarebbe stato il primo a superare i 16 piedi – i nostri 5 metri –, ma un incidente d’auto lo spazzò via a 25 anni, poco prima delle Olimpiadi di Roma.

Bob è stato un personaggio singolare: è stato il primo atleta a comparire sulle scatole dei cereali Wheaties, ha praticato il decathlon (18° a Melbourne), ha studiato teologia sino a potersi fregiare del titolo di reverendo (da cui il suo soprannome, il vicario volante, da noi tradotto in prete), a Helsinki, in un clima di Guerra Fredda, provò a intrattenere cordiali rapporti con i sovietici, per la prima volta ai Giochi. E nel 1984 si candidò alla Casa Bianca per uno schieramento di destra, il partito populista venato di suprematismo bianco. Raccolse 66.324 voti.

Ha messo al mondo quattro figli e tutti si sono dedicati con discreta fortuna al salto con l’asta e non si è mai allontanato dall’atletica sino a essere considerato uno dei fondatori dei Masters.

fontaine 

 


JUST FONTAINE

Just e Edson si incrociarono a Solna: era il giugno del ’58 e si giocava la semifinale del Mondiale, allora ancora Coppa Rimet, deliziosa statuetta art deco. Segnò subito Vavà, in pochi minuti pareggiò Just, Didì riportò i brasiliani in vantaggio e poi Edson piazzò la sua tripletta. Finì 5-2: Brasile in finale, avviato verso il titolo che aveva bramato e smarrito nel ’50; Francia alla “finalina” contro i campioni uscenti della Germania, ancora Germania Ovest.

Partite decisive per chiamarli finalmente con i nomi con cui sono passati alla storia: Pelé e Fontaine, volati via a due mesi l’uno dall’altro. Lassù non è noto, ma quaggiù molti li amavano.

A 89 anni Just è partito, citando Shakespeare per l’ennesima volta, per il viaggio da cui nessuno ha più fatto ritorno portando con sé un record che difficilmente qualcuno riuscirà a battere, a meno di alchimie studiate dal potere calcistico allargando a dismisura la durata e le partite della Coppa: 13 gol nella fase finale di un Mondiale, 13 gol in sei partite.

Nove anni prima che Michael Curtiz girasse il film-mito con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, a Casablanca nel 1933 era venuto al mondo quello che sarebbe diventato il più prolifico degli attaccanti che abbiano giocato la fase decisiva. Fu la prima Francia a farsi largo tra le grandi: terza. Nella “finalina” dal punteggio inusitato, 6-3, Just ai tedeschi segnò quattro gol.

Just era figlio di un normanno che, dopo il servizio militare, si era innamorato di Marrakesh e di una spagnola. Dopo una parentesi al Nizza, l’approdo allo Stade Reims, al tempo uno dei grandi club d’Europa, due volte in finale di Coppa dei Campioni, sfortunatamente contro un imbattibile Real Madrid, quello di Alfredo Di Stefano, Ferenc Puskas e molte altre merengues.

Alcuni pensano che prima di Fontaine, Casablanca fosse stata la culla di Marcel Cerdan. Non è così: il pugile amato da Edith Piaf, morto nel 1949 nel disastro aereo delle Azzorre mentre andava a cercare la rivincita per il mondiale dei medi con Jake la Motta, a Casablanca era arrivato bambino, nel 1922, e cresciuto dopo aver visto la luce a Sidi bel Abbes, Algeria, quartier generale della Legione Straniera. La famiglia, molto povera, era di origine spagnola, Marcel e Just, due pied noir, sono nel Pantheon dello sport francese.

Just segnò tre gol nel 7-3 con il Paraguay (uno arrivò anche da Wisniewski, dai sottili baffi, più tardi blucerchiato), due nella sconfitta 3-2 con la Jugoslavia, uno nella vittoria sulla Scozia. Nei quarti ne aggiunse due contro l’Irlanda del Nord che aveva estromesso l’Italia dalla fase finale, e in semifinale salì a quota 9. Chiuse con il poker ai tedeschi. Ebbe anche, molto brevemente, per due amichevoli, il compito di guidare la Francia. In campo rendeva meglio che dalla panchina.

 

 

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