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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Duribanchi / "La messa cantata laica del Bel Paese"

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Martedì 14 Febbraio 2023

 

sanremo-23 


Il Festival da tempo ha perso la sua valenza identitaria canora: vale lo spettacolo, vale il trash, vale l'autopromozione. Al Festival, per dirla con Jannacci: “L'importante è esagerare”. Una frontiera ormai scavalcata dal kitch e dagli influencer.

Andrea Bosco

Il Prestafestival di Sanremo (Lucio Presta è il manager di Amadeus, di Benigni, di Gianni Morandi e di millanta altri che ha – benedicenti l'AD Fuortes e il direttore di RAI-1 Coletta – vampirizzato la RAI al punto da permettersi di invitare il presidente della Repubblica Mattarella senza che il CdA della tv di Stato, che evidentemente conta meno di un due di briscola, ne fosse a conoscenza) ha chiuso i battenti con ascolti record secondo l'ufficio stampa di Viale Mazzini.

Non è così, la somma di quella che Aldo Grasso ha definito la “metrica share”, tra dati auditel e dati digitali testimonia che gli ascolti sono stati più o meno quelli della stagione precedente. I paragoni fatti con le edizioni condotte da Mike Bongiorno e Pippo Baudo non sono pertinenti, privi di oggettivo valore: la platea degli ascoltatori è cambiata rispetto a quella di 30 anni fa. In un'epoca dove lo streaming non esisteva e nella quale cantavano (“cani” però ce n'erano anche allora) soprattutto quelli che sapevano cavalcare le note senza ragliare, senza steccare, senza divorarsi il microfono (è l'autotune, bellezze!) impedendo agli ascoltatori di comprendere le parole delle canzoni.

Ma indubbiamente il Prestafestival è stato un successo. Al punto tale che persino Mediaset che risibilmente per una settimana non aveva fornito una sola informazione (tranne i canonici sfottò made in Antonio Ricci) sull'evento televisivo più seguito d'Italia (solo la Nazionale di calcio, quando vince, fa ascolti superiori) alla domenica si è dovuta inchinare alla vittoria (annunciatissima) del bravo Marco Mengoni. Il Festival è la “messa cantata laica” del Paese. Un caravanserraglio che mobilita cantanti, giornalisti, manutengoli di ogni tipo, occupando “manu canterina” la cittadina ligure, assediata persino dal mare dall'immancabile “alveare per pensionati benestanti” di una nota compagnia di navigazione.

Il Festival da tempo ha perso la sua identitaria valenza canora: vale lo spettacolo, vale il trash, vale l'autopromozione (ammorbante quella della RAI che ha convocato sera dopo sera lo sterminato stuolo di artisti presenti nel suo palinsesto). Al Festival, per dirla con Jannacci: “L'importante è esagerare”. Oggi, paragonato al kitch di Sanremo, quello del compianto Funari, sembrerebbe una esagerazione da educande. Nella stagione del revisionismo più delirante (in Gran Bretagna, una parte del clero anglicano ha proposto di cambiare nel segno del politicamente corretto anche le parole del Pater Noster, forse chissà, in Divintà Uno) tutto sembra permesso. Anche che il rappresentate del “fluido”, il rapper Rosa Chemical si sieda in braccio a Fedez (in Ferragni) mimando con lui, ricambiato, un atto sessuale e poi slinguazzandolo a favore di telecamera.

Se a Fedez piace “giocare ai dottori” sia con le “dottoresse” (sua moglie) che con i “dottori” (Rosa vattelapesca), sono fatti suoi. Ma farlo davanti ai bambini di Mister Rain è stata una scelta vomitevole. Evitate di dire, per favore (Amadeus, Coletta, Fuortes) che “non sapevate”. E' più probabile che abbiate, preventivamente, “approvato”. Se non lo sapevate siete degli imbecilli che hanno scambiato la “libertà di espressione”, con la libertà di “ventilare merda”. Ci sono cittadini che non la pensano come Fedez. E che per dirla tutta, neppure la pensano, su alcuni temi, come il Papa.

Io non pratico, quindi non mi tocca. Ma a lume di naso, se non rammento male, i testi sacri affermano cose diverse da quelle proposte da Francesco. Conta poco se quei testi siano “giusti” o non lo siano. Per proporli “quei cambiamenti”, bisognerebbe intervenire sui testi medesimi. E visto che alle nostre latitudini è intoccabile la Costituzione, figuriamoci quei testi che sono la “parola” di Dio messa nero su bianco dagli Apostoli. Le cose non sono andate precisamente così, ma questa è la vulgata. Soprattutto, questo, diventerebbe un altro discorso.

Il RAI pride non ha scandalizzato in quanto (finalmente) diverso, nel rispetto delle diversità a lungo nella società contemporanea, avversate, combattute, derise. Il Festival della “fluidità” ha irritato per la gratuita volgarità. Altro che “Ando’ vai se la banana non ce l'hai?” di Albertone. La verità, caro signor Coletta, è che lei Fedez lo avrebbe dovuto escludere dal Festival un minuto dopo la sua disgustosa battuta sulla “scomparsa” di Manuela Orlandi. Massimo Gramellini ha scritto sul suo quotidiano “Caffè” che “Fedez non pensa: twitta”. Non è vero, Massimo: Fedez scagazza. Peccato che Gianni Morandi si sia fatto coinvolgere in una kermesse a tratti sordida, dove peraltro lui ha brillato. Con la sua classe, la sua ironia, il suo intatto vigore (nonostante l'età non più verde) e la sua bellissima voce. E' stato Gianni Morandi a tenere in piedi il Festival: senza mai strafare. Lui è uno che continua ad andare “a cento all'ora”. Gli altri camminano: ansimando.

Una “messa”, il Prestafestival, dalla durata impossibile (ogni sera dalle 21 alle 2 e mezza del mattino) costellata da polemiche politiche, da presunti scandali, da stecche durante l'esecuzione dei brani, dalle inqualificabili iniziative di presunti artisti. Senza pudore: né per l'abbigliamento, né per il linguaggio. Madame, che ha certamente numeri canori, si è presentata alla finale in vestaglia trasparente e in mutande. Peccato: bastava la sua voce per “catturare” l'attenzione della platea. Dove la più inquadrata è stata la moglie di Ama (sintesi di Amadeus) il conduttore/direttore artistico dalle improbabili giacche. Per la serie: regia ruffiana.

Altre cose che hanno fatto scalpore al Festival: il monologo di Benigni sulla Costituzione, plaudente il capo dello Stato, Mattarella. Benigni lo aveva già fatto, quel monologo, in televisione. Avendo calcato la mano sugli articoli dal sapore “antifascista”, critica in delirio. Quella italiana è davvero la “Costituzione più bella del mondo”? Certamente è affascinante (se uno si prende la briga di leggerla: dubito che il circo sanremese sia mai andato oltre l'Articolo 1): elaborata con passione e pazienza dai padri costituenti dopo il tragico Ventennio. Avrebbe bisogno di una rinfrescata? Probabilmente ne avrebbe bisogno. Visto che Mattarella è un fan del Parlamentarismo e la Meloni del Presidenzialismo, la circostanza ha scatenato le proteste (fuori luogo) della Destra e gli applausi (scontati) della Sinistra.

Poi è arrivata lei, la “local girl” di Cremona, al secolo Chiara Ferragni, da quasi tre milioni di follower: blogger, designer, imprenditrice, stilista e modella. Ha spiegato Ama di averla inseguita per anni, fino a quando lei si è finalmente “degnata”. Di cosa ha parlato Lady Egocentrismo? Di se stessa. Di lei bambina, di lei che sarebbe cresciuta, della sue tettine, intubata in un abito che oltre ai seni disegnava anche “altro”. Sembrava nuda ma non lo era. Delirio di onnipotenza.

Milioni di donne vanno sul suo “profilo” per abbeverarsi: come ci si deve vestire, cosa si deve mangiare, come si deve parlare, dove si deve andare in vacanza, come si deve “trombare” in camera da letto. Una moderna “Gagarella del Biffi Scala”. Capace di veicolare sui suoi social anche i sospiri esibiti a Sanremo in diretta nazionale. Ferragni è un genio: negli affari e nella comunicazione. Ma questo si chiama “conflitto di interessi”. Usi la televisione pubblica per arricchirti. Non ne avevi bisogno? Spiegherebbe Paperone: “I dollari non sono mai abbastanza”.

Bella, la Ferragni? Molto bella: ma deve piacere il tipo “madonna cinquecentesca”. Pare che a scuola, mezza classe fosse innamorata di lei e l'altra metà la detestasse. Mi ha detto mia figlia, che durante un viaggio negli USA, in un parcheggio esterno di Portland, quando aveva 13 anni spinta dall'urgenza fece la pipì tra due vetture parcheggiate (tutto ripulito da mezzo litro di acqua minerale: per chiarire): “Tu non capisci. Se capita alla Ferragni, si fa un selfie e la cosa dopo essere finita in rete la sbattono in prima pagina sul New York Times. Io comunque a cena più che Ferragni, porterei più volentieri Elodie: è una balla che gli uomini preferiscano le bionde.

Poi è arrivato Blanco con distruzione buzzurra della scenografia delle rose, causa inconveniente tecnico. Cazzata, che i giornalisti si sono “bevuta”. Quelli che a Sanremo ci sono stati per lavoro, sanno che così faceva anche Pippo Baudo: assoldava un finto disoccupato che fingeva di volersi suicidare buttandosi dalla balconata dell'Ariston. Pippo che fermava la trasmissione, aspirante suicida “salvato”, titoli sui giornali, bischerate in conferenza stampa al mattino, “Striscia la Notizia” che alla sera smaschera la bufala. Il giorno dopo Tapiro consegnato a Baudo da Staffelli.

La distruzione delle rose, Blanco l'aveva provata e riprovata. Faceva parte della performance per il lancio del suo nuovo “album” (disco non si dice più, i dischi li ascoltano solo gli anziani come il sottoscritto, ai quali piace il fruscio della puntina). Pagine e pagine, sulla finta irritazione di Blanco. Che non ha dato “brividi”: è stato solo maleducato. Canti ma per essere “figo” devi anche distruggere cose. Una volta le band distruggevano le chitarre. Blanco, in passato, prima della rose, aveva distrutto una decina di sedie, “casualmente” sul palco. Roba da esposto al Codacons.

Salmo che si butta in piscina con il microfono è stata una gag da avanspettacolo. Fedez che straccia la foto di un parlamentare di FdI vestito (nel 2005, a una cena di addio al celibato) da nazista – certa gente per la divisa ha una vera fissa – la drittata rapper di uno con aspirazioni politiche. A Destra se la sono presa, ma hanno sbagliato. Fedez non sposta un voto. Così come non li sposta J-Ax che (con Fedez) ha invitato Meloni a legalizzare la cannabis. Ad Amsterdam stanno pensando di ridurne drasticamente consumo e vendita: così, per la cronaca.

E' piaciuta (non a tutti) Egonu al netto della capriola che l'ha portata in conferenza stampa a tacciare l'Italia di razzismo, salvo, nel monologo serale, dire che ama il paese del quale è stata portabandiera alle Olimpiadi. In ogni caso: meglio lei di altre. Al pari della Jessica Rabbit italiana, al secolo Chiara Francini, nonostante le stucchevoli polemiche. Francini non è mamma. Ma non si sente, giustamente, una “donna di emme”. Giorgia (Meloni) oltre che donna è mamma. Problemi? Pare di sì. Francesca Fagnani moglie di Enrico Mentana è una brava giornalista: una “Belva”. Ma a Prestafestival ha sparato mosci petardi. Del resto Ama non l'aveva certamente invitata per farsi fare il “mazzo”. Cosa che ha provato a fare (al paese tutto) Angelo Duro con un linguaggio che ha fatto sembrare Crozza una novizia. In mano a Checco Zalone e alla sua ironia, il brano di Duro avrebbe fatto scintille. Ma Duro non è Zalone: gli resta molto lavoro da fare.

Solo l'intervento del ministro della cultura Sangiuliano ha portato Ama (in fretta e furia, cosa non prevista a inizio festival) a dedicare una decina di minuti al ricordo delle foibe, che irritano Tomaso Montanari (con una emme sola, lui ci ti tiene) professore preferito di Lilli Gruber e che hanno portato Selvaggia Lucarelli a scrivere: “E basta: ‘ste foibe hanno rotto il cazzo”. Il fatto è che il “cazzo” lo ha rotto la gente come Selvaggia Lucarelli. Le foibe sono state una vergogna del regime di Tito. E non c'è crimine (e ce ne furono tanti da parte del regime fascista in Istria) che giustifichi la ferocia di quanto accadde (perfino sotto l'ombrello degli Alleati) in quei luoghi progressivamente de-italianizzati. Lucarelli: fangala.

Scandalo vero: Zelensky invitato e poi ripudiato per i mal di pancia di Salvini e di Berlusconi Jr, oltre che dei grillini, oltre che dei rivoluzionari da salotto con la passione per Putin. “Vengo anche io? No, Zelensky: tu no”. E quindi dopo averlo invitato, Ama and company con la foglia di fico dell'ambasciatore ucraino, hanno letto un messaggio del premier del paese aggredito e giornalmente bombardato dalla soldataglia russa. Ma a tardissima notte: due e quindici del mattino quando già era domenica, in modo che lo ascoltassero in pochi. Imbarazzati per averlo letto. Una pagina vergognosa del Festival. Dice che Meloni, incazzata come una scimmia, voglia fare piazza pulita della RAI che si è ritrovata in eredità. Meloni avrebbe dovuto pensarci prima. Magari tirando una pedata negli stinchi a Berlusconi, Conte e Salvini.

Macron e Meloni si stanno sulle scatole. Ma a non volere la premier italiana nell'incontro a tre (Zelensky, Macron, Scholtz) è stato il presidente ucraino. Seccato (eufemismo) per essere stato estromesso dal Festival. Invece che Coletta e soci, Zelensky avrebbe dovuto interpellare Lucio Presta. Nuove rogne in arrivo, comunque, per Meloni. Senza “badante” al fianco, Silvio Berlusconi è incontrollabile. Al seggio (tanto per cambiare, in Italia si è votato: per le Regionali in Lombardia e nel Lazio e ancora ha stravinto la destra) ha spiegato che lui, Zelenesky, non lo incontrerebbe neppure se minacciassero di metterlo ai ceppi. Berlusconi vive nella realtà “parallela” della propaganda di Putin. E quindi per Berlusconi è stato Zelensky ad “attaccare il Donbass”. Avvisate Berlusconi: la Russia ha invaso l'Ucraina, non il contrario. La Russia oltre che bombardare l'Ucraina sta quotidianamente minacciando la Moldavia e la Georgia. E avvisate anche Vauro che ha spiegato che per le dichiarazioni rese “potrebbe baciare in bocca Berlusconi”. Ben gli sta al Cavaliere. Ora se lo vogliono limonare i “comunisti”. Quelli che lui ha sempre detestato.

A dire il vero, per darla a bere al pueblo: falce e martello sono transitati e transitano per Mediaset fin da quando si chiamava Fininvest. Informare Berlusconi: gli USA hanno chiesto ai propri cittadini presenti in Russia di abbandonare velocemente quel paese. Si spera non si avveri la profezia di Einstein sulla “quarta guerra mondiale”. Tuttavia: Berlusconi sarà anche un poco “rinco” ma ha un “naso” formidabile per capire gli italiani. Che ne hanno piene le scatole di dover pagare per la guerra di Kiev. Sentimento discutibile, alimentato da quello atavico anti-americano. Sentimento disprezzabile considerato che la caduta dell'Ucraina invoglierebbe Putin ad annettersi altri stati. Con conseguenze più devastanti rispetto a quelle che da un anno hanno portato la guerra alle porte dell'Europa. Berlusconi lo sa: è amico “lingua in bocca” con Putin, ma sa anche che dichiarazioni come quelle che ha fatto potrebbero toglierlo dalle presenti difficoltà elettorali.

Unico, impagabile, a Sanremo, il fantastico Fiorello, confinato alle due del mattino nel dopo-festival, ma capace di sfornare una battuta al vetriolo dopo il ritrovamento (madddaiii, copy made in Giampiero Mughini) di una borsa con pallottole, innesco non attivato e altra roba simil terroristica: “In realtà era la borsa dei trucchi di Rosa Chemical”. Fuoriclasse.

La musica? Giorgia con voce incredibile ma brano modesto. Elodie con fisico (strepitoso) e bella voce, ma egualmente con un brano scritto e musicato male. Dare ad Elodie le parole e la musica di un Vasco e non ce ne sarebbe per alcuno. Ariete è un Calimero con una gradevole vocina che all'esordio sul palco dell'Ariston ha steccato per l'emozione. E che “non piacendosi” si veste (da uomo) con due taglie più grandi. Mi ha fatto venire in mente una ragazzina diventata donna che indossava camicie larghissime “perché non aveva il fisico di una modella”. Ma la voce di Ariete è buona: si farà. Non posso citarli tutti. Ma Mister Rain, che scrive canzoni “solo quando piove”, con il suo “Supereroi” ha commosso per la delicatezza. Il coro dei bambini sarà risultato anche “parrocchiale”, come ha scritto un celebre collega. Ma non ha disgustato: variabile non da poco al Festival di Amadeus.

Ama, ha chiamato i “ciofani” perché i fruitori di musica sono per lo più minorenni. Ma se a scuola educassero il loro udito alle note, anche i “ciofani” si sarebbero accorti che gli ottantenni Morandi, Ranieri, Al Bano sono di un'altra categoria. Al pari dei Gino Paoli e delle Ornella Vanoni: pura classe. Poi magari Paoli che mette in piazza le “iniziative” della signora che stava con Little Tony mentre l'Elvis italico era in tour al Cantagiro è apparso rivedibile. Ma a 90 anni difficilmente “ti tieni”.

Ama ha un contratto lungo: resterà al suo posto anche per le prossime edizioni del Festival. Qualcuno con ironia l'ha indicato come “segretario ideale” del Pd. Amadeus è un mix tra Baudo e Bongiorno. E' l'uomo comune, non particolarmente brillante, pronto a definire tutto e tutti “bellissimi”. E che rassicura la mediocrità che alberga in ognuno di noi. E molto democristiano: finge di indignarsi. Non si erge a protagonista. Non fa il mattatore. L'ideale per il Festival: resterà. Non così, probabilmente, andrà (nonostante gli ascolti positivi) a Coletta e Fuortes. Hanno consentito che troppi la facessero “fuori dal vaso”. Al prossimo anno, Ama. Magari senza Lucio Presta. E per pietà: senza Chiara Ferragni che ha indossato la corazza dorata di Wonder Women. L'ha chiamata, sul palco dell'Ariston, “una scultura”. Con quella bocca, spiegava la pubblicità in bianco e nero di un dentifricio, “può dire ciò che vuole”.  

 

 

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