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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / "La Freccia del Sud e'’ sempre in orario"

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Lunedì 13 Febbraio 2023

 

mennea-23 


Di questo giorno, quarant’anni fa. Amarcord di un record di Pietro Mennea pensato e costruito come usava allora, quando i parametri e i sentimenti erano altri. Non migliori o peggiori, sia chiaro, ma solo diversi, molto diversi.

Giorgio Cimbrico 

Una scommessa, un azzardo, un’invenzione, una piccola avventura vissuta sulle cadenze di uno sport antico, romantico. Mauro Nasciuti e io abbiamo vissuto sensazioni e fatti in prima persona, abbiamo architettato tutto quel che segue con un certo ardimento e una dose di disinvoltura. Ancor oggi ne parliamo e né io né lui abbiamo smarrito un particolare. Quel ricordo ci rende felici.

E così, per il 40° anniversario, ho deciso di ripercorrere la cronaca di quel 13 febbraio 1983, l’ho scritta in prima persona (di solito non lo faccio, …) e l’ho inviata al mio giornale, il Secolo XIX, che questa mattina l’ha pubblicata.   

Quel giorno, una domenica, Pietro Mennea diventò primatista mondiale indoor dei 200. Da tre anni e mezzo era primatista all’aperto, e tale sarebbe rimasto sino al 1996. Primatista europeo lo è tuttora, avviato, anche ora che non c’è più, al traguardo delle 44 stagioni. Nessuno ha mai avuto i due scettri, lui sì. Pietro se n'è andato dieci anni fa: era il 21 marzo, tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera.   

Tutto nasce il 3 febbraio, Italia-Jugoslavia sulla pista del Palasport di Genova. Non esistono più la Jugoslavia, né la pista e il Palasport. E non esiste neppure Pietro. Reduce da uno dei suoi addii e dei suoi ritorni in scena, Pietro corre i 200, corre forte, intorno ai 21”10. “Se nello spazio di qualche giorno organizziamo una gara, verresti? A occhio, sei da record del mondo”, gli diciamo. E’ un morbidissimo 20”99 del tedesco Erwin Skamrahl.  

Pietro non ci liquida rapidamente, non distoglie lo sguardo. L’idea non gli dispiace, poi gli piace. Ma quando e come? Sul calendario c’è un buco: domenica 13 febbraio. Allora? Allora sì. Rimediamo qualche soldino grazie all’avvocato Gustavo Gamalero, assessore allo sport della Regione Liguria, e stiliamo lo scarno programma secondo i desiderata di Pietro: prima i 60 e un’ora dopo i 200. Luciano Caravani si offre come sparring partner. Possiamo dare la notizia.  

Il 12 febbraio Pietro arriva a Genova in treno, scende in un albergo di fronte alla stazione Principe. Il numero di telefono di riferimento è quello di casa mia, una splendida villa in stile hollywoodiano, palme comprese, affacciata sul mare di Bogliasco. Ero in affitto.  

Prima che Pietro faccia udire la sua voce, di voce ne devo udire un’altra, quella di Sergio Rizzo, del Corriere dello Sport: “Ahò, nelle batterie dei campionati tedeschi Lübke ha corso in 20”98”. “Vabbè, cambia poco”. “D’accordo, ma volevo fossi al corrente”. Lübke si chiama Ralf ed è un bel ragazzone, una specie di Siegfried. Tre minuti dopo chiama Pietro ma io lo anticipo: “Guarda, è un particolare ininfluente, trascurabile, ma Lübke ha fatto 20”98”. “E io non mi sento bene. Credo di avere qualche linea di febbre”. “Prendi un’aspirina”. “Ora vado”.  

Un paio d’ore dopo, ancora il telefono, ancora Rizzo: “In finale Lübke ha fatto 20”77”.  “Mmhh”. Quando Pietro richiama per informarmi sul suo stato febbrile, non gli dico niente. Il vantaggio di quei tempi era l’assenza di Internet. Nel frattempo devo anche fronteggiare l’entusiasmo di mio figlio che ha due anni e mezzo ma ha colto che nell’aria naviga qualcosa di grosso e corre su e giù per il corridoio: “Mennea, Mennea, viva Mennea”, dice eccitato. “Ma tu lo sai chi è Mennea?” “L’uomo più veloce del mondo”.  

Notte tranquilla. Al mattino della domenica il primo squillo: è di Pietro. “Sono uscito, ho comprato i giornali. Non mi avevi detto niente”. E qui sono bravo: “Pietro, è in momenti come questi che si vede il campione”. La giornata ha preso il via. La California di Bogliasco ha un clima particolare, ma a Genova nevica fitto, evento raro. E’ un segno? Pietro è un po’ ingrugnato, cioè è normale. Si scalda, corre i 60 in 6”72. Il pubblico è all’osso: i promoter Nasciuti e Cimbrico, gli inviati Gianni Merlo e Guido Alessandrini. Devo dire che, asino come sono in tutto quello che sia tecnologico, ho assicurato un collegamento con il mondo grazie a un telefono che porto con me, un normale telefono che collego a un cavo che ho mantenuto attivo. Insomma, sono quello che ha inventato il telefono portatile.  

La cronaca: uno sparo nel silenzio, dentro quell’arena grigia, il solito digrignar di mascelle, la solita rabbia. E dopo il 20”74, gli occhi trasognati delle ore più belle. Attacco il telefono che squilla subito. E’ Primo Nebiolo e Pietro brucia la dialettica presidenziale: “Sono vecchio, presidente, ma so ancora correre forte”. Più che eccitazione, c’è commozione. Fuori ha smesso di nevicare.  

Il gruppo si sposta all’albergo di Pietro che cena con delle scaloppine, ma dopo qualche boccone chiede un numero di telefono di Dakar: Carlo Vittori è in Senegal con il resto della banda dei velocisti. “Professo’, sono Pietro, sono qui a Genova. Ho fatto i 60 e ho fatto 6”72”. “Bravo Pietro, va bene così”. “Professo’, poi ho fatto i 200 e ho fatto 21”10”.  La risposta è raschiante come la carta vetro: “Eh no, Pietro, questo non va bene, …” “Professo’, ho fatto 20”74, record del mondo”. E il moccolo dell’ascolano corre dall’Africa all’Europa.  

Apriamo la televisione, è quasi l’ora della Domenica Sportiva. Vediamo se ne parlano. Certo che ne parlano: servizio di apertura. Risentiamo lo sparo che rimbomba, rivediamo la corsa. Il giorno dopo, imponente rassegna stampa, da ritagliare e fotocopiare. Dei tanti pezzi, ricordo il titolo di quello del Corriere delle Sera, firmato da Daniele Parolini: “La Freccia del Sud è sempre in orario”. E dopo venne Helsinki. Da solista e da capitano. 1978, 1979, 1980, 1983: le sue annate pregiate, le sue collezioni estate-inverno. 

 

 

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