Italian Graffiti / Ricci Bitti: le anomalie del sistema Italia
Martedì 10 Gennaio 2023
L’inizio dell’anno ‘23, e con un nuovo Governo appena insediatosi, trova sul tavolo una serie di problematiche irrisolte che rischiano di pesare a lungo sul futuro dello Sport nazionale. Con il CONI che appare ingabbiato ed incapace di riappropriarsi di quel ruolo centrale e referente immaginato e disegnato dai padri fondatori, soprattutto in una cornice di assoluta e libera autonomia. Di questo ed altri temi (senza dimenticare la corsa ad ostacoli verso Milano-Cortina ‘26) parliamo con Francesco Ricci Bitti che – nel doppio ruolo di presidente delle Federazioni Olimpiche Estive e come dirigente italiano di maggior peso sullo scenario internazionale – riveste una posizione di riconosciuta autorevolezza all’interno del CIO.
Gianfranco Colasante
SO – Partiamo dalla recente attualità: dai Mondiali di calcio, con gli Azzurri assenti per la seconda volta (e per la terza esclusi dalle Olimpiadi, …). Proprio mentre si giocava in Qatar, finiscono un tribunale i vertici del più titolato club italiano, la Juventus, con accuse pesantissime. In uno scenario calcio-centrico, come già anche accaduto per cause diverse in altre federazioni (Ginnastica e Nuoto, per restare ai casi più recenti), sarebbe stato lecito attendersi un intervento del CONI, sempre troppo indaffarato tra cerimonie, convegni e premiazioni.
– “Capisco le aspettative, ma a parziale spiegazione dell’inerzia del CONI, vale la pena ricordare che la frettolosa e incompiuta riforma di fine 2019, ne ha drasticamente ridimensionato l’operatività e l’emendamento approvato in extremis dal Governo Conte-2 lo ha a malapena resuscitato come ente pubblico, senza peraltro chiarirne i confini istituzionali. Rimane formalmente in funzione una Giustizia Sportiva, ritenuta dal sottoscritto ridondante già in tempi non sospetti, che non può essere efficiente per carenza di criteri chiari di intervento e di coordinamento con le giustizie federali.
Il CONI appare ad un osservatore distaccato, un Palazzo rimasto solo con una facciata di valore ma che non viene dotato dei mezzi necessari e di una missione definita e riconoscibile da tutti. Perciò rifugiarsi nelle celebrazioni dà forse l’illusione di poter un giorno veder ricostruire il Palazzo. Ritengo poi la definizione di “scenario calcio-centrico” non solo condivisibile ma persino riduttiva. Parliamo di un sistema che è tecnicamente vicino alla insostenibilità finanziaria, parente prossimo dell’insolvenza e che nell’ultimo trentennio è retrocesso da prima lega europea e mondiale del calcio professionistico, a quarta o quinta tra le cinque competitive di vertice in Europa.
Nonostante queste condizioni fattuali, il calcio professionistico in Italia ha ottenuto dal nuovo governo nei primi mesi di attività due delibere sostanziali come la dilazione dei pagamenti per le fiscalità pregresse e il rito abbreviato di giustizia amministrativa per le controversie relative all’ammissione ai campionati.”
SO – Come più volte richiamato, la cosiddetta Riforma dello Sport – partorita ormai da quattro anni dal matrimonio tra due partiti di governo (Lega e M5S) – si è rivelata un patereccio, per vizio d’origine incapace di potenziare il CONI e nel contempo diffondere razionalmente la pratica sportiva, malgrado un investimento cha a spanne supera i due miliardi. Non sarebbe giunto il momento di razionalizzare compiti e spese?
– “Posso solo ribadire quanto da me espresso a “Sport Olimpico” più di un anno fa al ritorno dalle Olimpiadi di Tokio. La priorità assoluta dello sport italiano rimane strutturale ed organizzativa. È indilazionabile la formulazione di una visione strategica che includa la definizione chiara delle competenze, delle responsabilità, delle risorse disponibili tra le tre entità previste nel quadro legislativo attuale (CONI, Sport e Salute, Dipartimento) e degli obiettivi da raggiungere a tutti i livelli:
• Sport per tutti
• Sport nella scuola
• Sport agonistico
• Sport professionistico
Il tempo passa ma continuo a sentire stucchevoli inviti alle parti in causa a trovare soluzioni collaborative e condivise. È questa la maniera migliore per allontanare una stabilità che sarebbe più che auspicabile. Si tratta solo di volontà politica poiché le competenze che possono assistere questo processo sono sicuramente disponibili in un paese con una grande tradizione sportiva come conferma la continuità di ottimi risultati agonistici di vertice.”
SO – La nostra organizzazione sportiva, incentrata tradizionalmente sul CONI, è oggi frammentata in più centri di potere nei quali la presenza dello Stato è assolutamente preminente. Attraverso il Dipartimento Sport e Sport&Salute (società del Ministero dell’Economia) la presenza dello Stato – che finanzia, stabilisce i contributi alle Federazioni nazionali, decide della gestione dei grandi eventi – si è fatta ossessiva. Non ci vede una discrepanza con le norme di autonomia pretese dal CIO per l’autonomia dei CNO?
– “Il tema della “autonomia” delle organizzazioni sportive e della sua accezione europea che è la “specificità” è molto attuale e di battuta da chi si occupa dell’evoluzione dei modelli sportivi a livello internazionale. Due concetti oramai acquisiti da tutti sono: che l’autonomia dello sport non è più un diritto, ma va meritata con una “Governance” adeguata e che in secondo luogo va sempre inquadrata nel quadro legislativo nazionale ed internazionale di riferimento.
È significativo che l’espressione autonomia non sia più usata sola, ma aggettivata per limitarne una valenza assoluta che non è più realistica. Si parla di autonomia responsabile (Presidente Bach), funzionale (ASOIF), o “supervised” (Professor Garcia). In conclusione, lo sport può realisticamente aspirare al rispetto della sua autodeterminazione organizzativa e regolamentare essendo sempre più esposto a scenari complessi come la pandemia o i conflitti che richiedono inevitabilmente maggiori interventi pubblici. Per quanto riguarda l’Italia, due anomalie hanno richiamato la mia attenzione recentemente perché si riferiscono al riassetto dell’autodeterminazione delle organizzazioni sportive.
La prima è relativa agli organi direttivi di Sport e Salute che, come agenzia governativa incaricata di gestire la maggioranza dei contributi pubblici allo sport, prevede un consiglio di amministrazione senza alcun rappresentante del mondo sportivo (l’invito del segretario generale del CONI senza diritto di voto è quasi offensivo), con l’aggravante della carica di AD e di presidente del CDA concentrati in una sola persona in spregio al principio di “controllore controllato” tanto caro ai politici nostrani.
La seconda si riferisce alla diatriba relativa alla titolarità e alla gestione del registro delle società sportive che, in capo al dipartimento del ministero, significherebbe il controllo politico della operazione più importante come la verifica potere di tutte le assemblee elettive di tutti gli enti vigilati come federazioni, enti di promozione, ecc. Il registro deve essere a disposizione di tutti, ma la titolarità non è opportuno passi al Governo.”
SO – Proprio il riparto delle risorse alle Federazioni – stabilite da anonimi funzionari dello Stato su basi di freddi algoritmi – sta portando alla luce una generale insoddisfazione che il CONI non pare in grado di valutare o appianare. Anche perché ci sono Federazioni – vengono in mente Golf e Tennis – che potrebbero anche fare a meno dei contributi pubblici; altre, come il Calcio, che hanno accumulato debiti miliardari; mentre la maggioranza è alla soglia della sopravvivenza. Non sarebbe opportuno che il CONI – come già da tempo fa il CIO – si faccia promotore di un “riordino” dei contributi in base a una “classificazione” razionale delle Federazione stesse?
– “Sarebbe più che opportuno, ma non mi sembra la priorità assoluta vista la difficoltà di trovare criteri obiettivi e condivisi. Mi preoccuperei di avere più visibilità e trasparenza sulla destinazione dei fondi pubblici distribuiti alle federazioni e il loro efficace utilizzo e classificare le federazioni in base al livello di dipendenza di queste risorse rispetto a quelle direttamente acquisite come si cerca di fare a livello CIO.”
SO – Da un mese o poco più è in carica il nuovo ministro dello sport e delle politiche giovanili Andrea Abodi, già esperto di marketing e di calcio. Detto che si tratta dell’ottavo [sic!] ministro nel ruolo da quando Malagò presiede il CONI, i primi atti lo hanno visto interessato alla Ryder Cup, alla candidatura per gli Europei di Calcio, al convegno “Sport Industry Talk”, alla vicenda Milano-Cortina. Secondo la sua esperienza, quali dovrebbero essere invece gli obiettivi primari di un ministero dello sport in un quadro normativo tanto affollato di soggetti pubblici come quello italiano?
– “Conosco Andrea Abodi da 25 anni e ritengo la scelta di attribuirgli la carica di Ministro dello Sport una nota assolutamente positiva nel quadro di provvisorietà che contraddistingue il momento attuale dell’organizzazione sportiva in Italia al di là dei risultati agonistici di rilievo. Ho registrato con attenzione due affermazioni comuni ai suoi recenti interventi pubblici nella nuova veste.
La prima è che non si torna indietro dalle linee di indirizzo della “Riforma Giorgetti” e reputo questa posizione “piaccia o no”, un elemento di chiarezza.
La seconda, che gli enti coinvolti debbano collaborare e trovare le soluzioni, mi pare meno convincente e ricalca le posizioni utopistiche che accompagnarono la prima fase del processo. Raccomanderei di mettere da parte le sue indubbie qualità di mediazione e assumere più decisamente quelle di leader politico dello sport italiano per completare le linee riformiste con norme attuative chiare e comprensibili che prevedono obiettivi, compiti e responsabilità chiare per tutte le componenti in causa. Non c’è dubbio che Abodi ha già dimostrato con l’occhio di riguardo per il calcio la sua efficacia, ma vale la pena ricordargli che il calcio è il più importante sport italiano, ma non è lo sport italiano.”
SO – Ed eccoci al tormentone Milano-Cortina 2026 che a metà novembre ha visto la nomina del nuovo AD nella persona di Andrea Varnier, un manager con alcune esperienze olimpiche, scelto dal ministro Abodi. Dopo le dimissioni di Vincenzo Novari, presentate ad agosto, potrebbe così ripartire la preparazione dei Giochi che ha subito finora molti contraccolpi e stasi. Dal giorno dell’assegnazione (24 Giugno 2019) non risultano noti decisivi passi in avanti. Una condizione stigmatizzata più all’estero che in Italia. Come pensa che in soli tre anni sarà possibile recuperare il tempo perduto?
– “È imbarazzante, in particolare per chi ha sostanzialmente operato per consentire l’ultimo successo politico dell’Italia sportiva, constatare che siamo praticamente al punto di partenza avendo dilapidato molte risorse senza aver risolto nessuno dei nodi da sciogliere ai tempi della candidatura. Il rischio reale è la ennesima opportunità perduta per l’Italia non tanto a livello sportivo, quanto infrastrutturale e di ricaduta positiva sulle regioni interessate. Non conosco Varnier, non credo possa fare miracoli, ma speriamo bene. Non mi è sembrata comunque una buona idea per il CONI presentare al CIO Abodi come nuovo capo designato del comitato organizzatore di Milano-Cortina 2026, pochi giorni prima del suo improvviso dirottamento al Governo.”
SO – Il sito Quifinanza.it denuncia che comunque vada si tratterà di una spesa record per le casse dello Stato. Secondo un documento della Regione Veneto, tra opere “indifferibili” e opere “essenziali”, la cifra che graverà sull’Erario sarà pari a 2 miliardi e 165 milioni di euro (i dettagli sono reperibili sul sito). Ricordato che Milano-Cortina era stata presentata da Giovanni Malagò come “Olimpiadi a costo zero”, e notato che nella Finanziaria firmata da Giorgia Meloni figurano ulteriori 400 milioni in tre anni per il “fabbisogno residuo”, non ritiene che qualcosa non torni in termini economici e pratici?
– “In Italia con una protezione politica si può impunemente affermare che i Giochi 2026 sarebbero stati i primi profittevoli e solo dopo due anni, rifugiarsi sulla capacità di riduzione delle perdite rispetto a quelle previste a budget, ma ancora più grave è stato lasciare a dirigenti poco competenti ingrossare le file di un comitato inefficiente e costoso, tra l’altro complicando la vita a quei pochi seri e qualificati di matrice sportiva come Diana Bianchedi, Francesco Romussi e, più tardi, Anna Riccardi.”
SO – In poche parole, si poteva fare di meglio e, soprattutto, non avrebbe dovuto il CIO esaminare con maggiore attenzione progetti e programmi, prima di assegnare per la terza volta i Giochi Invernali all’Italia e non alla Svezia che ha “inventato” gli sport sulla neve e sul ghiaccio, e non li ha mai avuti? Tanto più che, in termini sportivi – con la frammentazione delle località di gara –, il tutto rischia di ridursi a una serie distaccata di campionati mondiali. Per non parlare dei contenziosi in atto, del latente spirito olimpico con gli atleti divisi in due/tre Villaggi, e del sistema viario che difficilmente sarà ultimato entro il 2026. E pensare che s’era detto che la debolezza della proposta svedese risiedeva proprio nella distanza tra Åre e Stoccolma.
– “Milano-Cortina 2026 è stata una tappa storica per il CIO avendo rappresentato l’ultima assegnazione avvenuta per scelta elettiva della Sessione e la prima basata sulle nuove specifiche ispirate dall’agenda 2020. Specifiche che ammettono nuove flessibilità nelle proposte, per ragioni di risparmio, come l’utilizzo di impianti esistenti anche a costo di una molto ampia distribuzione dei siti di gara. Avendo vissuto da vicino la vicenda, lo scenario sopra descritto ha di fatto spaccato la Sessione in due parti numericamente molto simili.
Ritengo che la vittoria di misura sia stata dovuta ad una maggiore fiducia nella storia organizzativa italiana rispetto alla più che giustificata aspirazione della Svezia sportiva a cimentarsi per la prima volta con l’organizzazione dei Giochi invernali. Mi auguro che non ci si debba rammaricare per un successo strappato coi denti e, per ora, purtroppo non del tutto meritato.”
SO – La faticosa gestione di Milano-Cortina fa riflettere sulla bontà di alcune scelte del CIO. Risolta almeno fino al 2032 la questione dei Giochi Estivi, non sono prive di possibili candidature gli Invernali del 2030: ma in futuro? Anche se più che nelle sedi, il vero problema risiede nella problematica coesistenza tra sport di alto livello e società civile. Una recente indagine dell’agenzia di stampa vaticana, ricordava che attualmente nel mondo sono in corso – più o meno cruentemente – 22 conflitti! C’è poi la questione non secondaria dei diritti civili, spesso accantonati in nome di “interessi generali superiori”. Sono temi che al CIO trovano attenzione e avranno risposte?
– “Il CIO non è esente da responsabilità su Milano-Cortina in termini di controllo, ma ha molte giustificazioni se si pensa all’impegno di organizzare Giochi prima rinviati e poi svolti in condizioni mi auguro irripetibili, come quelli di Tokio 2020 e Pechino 2022. Vale la pena anche ricordare che il CIO ha risolto in questi anni vari problemi come:
• La radicale semplificazione delle procedure di candidatura
• L’analisi approfondita della riduzione dei costi di organizzazione dei Giochi
• La rivisitazione dell’esperienza dei giochi in presenza e in remoto (attraverso il massiccio utilizzo delle nuove tecnologie digitali)
Solo per le misure di risparmio sperimentate a Tokio, si può parlare di qualche miliardo di dollari. È stato uno sforzo immane per tutte le componenti del CIO (Comitati Olimpici Nazionali, Federazioni Internazionali e Atleti) e a ciò va aggiunta l’assegnazione di Brisbane 2032, la prima con la nuova e più snella procedura basata sulla raccomandazione di una commissione di cui ho l’onore di far parte.
Il conflitto in Ucraina ha aggiunto un elemento di complessità alla missione e al ruolo del movimento Olimpico nella società civile. La ferma posizione di condanna dell’azione Russa non può far dimenticare anche le misure di protezione e di difesa da pressioni incrociate, molto più insistenti del passato, da parte di vari governi sulle organizzazioni sportive in termini di partecipazione alle massime competizioni internazionali. Questo problema non è prevedibile ci lasci sereni almeno fino a Parigi 2024 e ciò ha posto, almeno per il momento, in secondo piano il più serio problema per il futuro del maggior evento multisport esistente quali sono i Giochi Olimpici. Mi riferisco al Programma Sportivo, alla sua dimensione, ai nuovi sport e all’analisi di nuove discipline per l’ingresso o l’uscita dai Giochi.
Le posizioni sono ancora varie, distanti e molto diverse, ma ci sarà tempo per trattare ed approfondire questo tema vitale nella speranza che il clima geopolitico sportivo si rassereni almeno dopo i Giochi di Parigi 2024.”
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