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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
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Duribanchi / Una opulenza esagerata e fastidiosa

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Martedì 20 Dicembre 2022

 

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“Mondiale in archivio con le ruote unte in fase di assegnazione. La rivincita degli uomini del deserto. Che poco si occupano del benessere del popolo in casa loro, ma che spendono e spandono in tutto il mondo, nuovi satrapi degli anni Duemila.”

Andrea Bosco

E’ stata definita “la più bella finale di sempre”. Argentina-Francia: 3-3 dopo i supplementari e alla fine assegnata ai rigori con Messi e soci (anche Dybala ci ha messo la firma) più precisi dei francesi dal dischetto. Per il disappunto del presidente Macron in tribuna con accanto il “paggio” Paul Pogba. Emozionante certamente: e basta. Che nessuno osi paragonarla a Italia-Germania 4-3. Anche se quella era una semifinale è quella “la partita”. E non perché qui si pecchi di nazionalismo. Neppure un rigore a Mexico City. E un uomo il Kaiser Franz a dirigere a centrocampo per i tedeschi con un braccio al collo.

Una finale con tre rigori non può essere stata bellissima. E’ stata sfarzosa: di una opulenza esagerata e fastidiosa. Una finale per i ricchi arrivati in limousine fin sotto allo stadio previa apposita autostrada. Più complicato il cammino dei “normali”: chilometri a piedi per poter entrare nell’impianto. E’ finito il mondiale. Se l’emiro del Qatar avesse potuto scrivere la sceneggiatura dell’evento, l’avrebbe scritta proprio così come è andata: Argentina e Francia in finale. Due reti di Messi che ha coronato al quinto tentativo il sogno di diventare campione del mondo. E tre reti di Mbappe, l’asso del futuro. Che a soli 24 anni ha sfiorato il “doblete” ma che avrà tempo per rifarsi. In circolazione solo uno lo potrebbe insidiare, quell’Haaland che ha la sfortuna, peraltro, di giocare con la Norvegia: non precisamente la migliore della nazionali.

Mondiale in archivio con le ruote “unte” in fase di assegnazione (Blatter, Platini e Sarko pronubi), con i 6500 operai morti per costruire stadi e infrastrutture, con i diritti umani calpestati, con il Qatargate (forse anche con un Maroccogate) che ha scosso il Parlamento di Bruxelles e la Sinistra italiana. Mondiale che smonterà gran parte degli impianti come accade in un film hollywoodiano. Del resto questo è stato il Mondiale giocato in inverno, facendo sospendere i campionati nazionali, regista Gianni Infantino, presidente della FIFA: una sorta di spettacolo con accenti pacchiani alla Cecil De Mille, il regista dei kolossal della mecca del cinema. Infantino ha minacciato, ha proibito, ha lasciato fuori la politica e i valori dell’Occidente, dicendo in modo protervo che il calcio offre felicità e svago alle genti. Lo facevano anche gli imperatori romani con i giochi nel Colosseo: pane e gladiatori, pane e corse delle bighe.

Seccati dalle mille voci che hanno segnato il “loro” mondiale, gli emiri del Qatar che possiedono Il PSG e il Manchester City, che controllano l’UEFA e hanno una poltrona di prima fila nel teatro della FIFA, hanno minacciato, dopo la pinzellacchera Qatargate (un milione e mezzo di euro per loro rappresentano il costo di un caffè per noi comunissimi mortali) di tagliare agli occidentali il gas e il petrolio. Gente strana gli occidentali: hanno fondato le democrazie sulla rivoluzione francese, ma hanno abdicato davanti alla montagna di petrodollari che ha comprato il cuore della loro metropoli e ha finanziato la costruzione di moschee in mezza Europa.

Forse, dopo secoli di colonialismo, è persino giusto così: la rivincita degli uomini del deserto. Che poco si occupano del benessere del popolo in casa loro, ma che spendono e spandono in tutto il mondo, nuovi satrapi degli anni Duemila. Nel mondiale funestato dalla scomparsa di Sinisa, il serbo coraggioso che ha lottato fino all’estremo contro la malattia, quella del “merlo maschio” Lando Buzzanca, persino “arbitro” alla Concetto Lo Bello in uno dei suoi indimenticabili film, e quella di Mario Sconcerti, vecchio amico, numero uno tra i giornalisti in attività dediti al calcio, le cose peggiori sono arrivate dalla premiazione.

Il gesto volgare e irricevibile del portiere dell’Argentina che ha trasformato la Coppa che una volta si chiamava Rimet in un simbolo fallico. E il manto che l’emiro ha posto sulle spalle di Lionel Messi, cosa fuori da qualsiasi protocollo. Un gesto di stima, il manto del “guerriero” secondo la tradizione di quel paese, è stato spiegato. Vista con occhi disincantati, una parentesi inquietante: Lionel Messi l’ho acquistato io. Lo pago io per le sue meraviglie pedatorie. E’ “mio”. E lo avvolgo nel “mio” manto. Perché questo è il sapore, al netto delle prestazioni sportive e anche di una finale per certi versi memorabile, che la lasciato in bocca questo Mondiale: che tutto sia in vendita. Ma soprattutto, che paesi come il Qatar, tutto possano comprare. Per la cupidigia e l’ingordigia di chi quei valori – “egalitè eccetera” – più che averli dimenticati, li ha proprio scaraventati nel cesso.

Spiegava Emilio De Marchi in “Giacomo, l’idealista” che “il denaro non è l’idea, ma compra i padroni dell’idea”. Il Qatar si è comprato il Mondiale. Le procure europee dovranno stabilire cosa altro e chi altro sia stato, eventualmente, comprato. Segui i soldi, spiegano nei film gli investigatori di turno. Non dovrebbe essere così difficile.

 

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