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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Fermate il mondo, voglio scendere!

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Martedì 4 Ottobre 2022

 

        linus


Spunti e riflessioni sui fatti della settimana. Vero, la società è cambiata e continua a cambiare velocemente. Ma resta sempre difficile accettare l’arroganza che l’innerva, con contorno di cafonaggine e improvvisazione.

Andrea Bosco

Dopo aver letto i bei ricordi di Cimbrico, così simili (stesso ghiaccio per la ghiacciaia, stessa tipologia di casa senza ascensore, stesse stanze senza riscaldamento, quasi stessa data per l'arrivo del televisore) a quelli di chi ha vissuto la stagione di “quando eravamo poveri”, prima che il boom economico consentisse anche ai borghesi, di arrivare all'agiatezza, la mia riflessione (anche io, la notte, sovente ripercorro la mia vita, le mie cadute, i miei errori, le mie speranze, io miei successi, i miei dolori) è su cosa siamo diventati oggi: un mondo segnato irreversibilmente dall'arroganza.

Spiegava Seneca nel suo Furente Ercole (se non rammento male: capita a volte che i pistoni di noi anziani non funzionino perfettamente) che “gli dei vendicatori, da vicino seguono l'arrogante”. Mi verrebbe da scrivere: Dei, dove accidenti siete finiti? Il peso massimo tra gli arroganti, è certamente Vladimir Putin, arrivato ad annettersi una fetta di Ucraina e di minacciare la guerra atomica. Talmente protervo da arrivare ad auto-sabotarsi sfasciando le condutture di gas collegate con alcuni paesi europei. Persino il Papa ha sentito l'esigenza di profferire la parola “Putin” chiedendo a questo uomo invasato di “fermarsi”. E al presidente ucraino di disporsi a riconoscere l'autonomia di quella fetta del suo paese, annessa con referendum farsa da Putin, su un modello che in Italia piace chiamare Sudtirolese. Ma che nei pensieri del Papa è viceversa “bolivarista”. Altra roba.

RUSSIA – Ma Putin che ascolta solo lo spregevole Kirill, ha già rifiutato di incontrare Bergoglio e difficilmente siederà ad un “tavolo della pace”. Non esiste, spiace dirlo, una soluzione “negoziata”. Visto che nessuno sano di mente può volere la guerra. Ma visto anche che nessuno egualmente sano di mente può pensare di farla passare liscia a Putin. A meno di aver cancellato la memoria di un certo Adolf, così simile a Putin. Ricordare non sarebbe male. L'unica soluzione plausibile appare quella di isolare la Russia. Espellere Putin e la sua cricca dall'ONU. Aiutare qualsiasi forma di dissidenza in Russia. Solo i cittadini russi possono far finire questo scempio. Sollevandosi contro Putin.

La Russia di Putin rappresenta un pericolo per tutti: Cina, Corea del Nord, India e Iran, comprese. Chi tratta con Putin, chi con Putin è indulgente non ha capito chi sia questo uomo devastato dall'idea di ricreare un impero che semplicemente non può (e mai potrà) più esistere. E in definitiva: non si tratta con un macellaio che fa bombardare i convogli umanitari facendo strage di bambini. Ma forse c'è un'altra via: in Russia conoscono la “Lisistrata” di Aristofane? Idea boccaccesca? Sempre meglio che continuare a sparare. Isolare chi sta con Putin. Dovrebbe valere anche per l'Europa: se ti chiami Orban e fai con Putin “lingua in bocca” non dovresti poter restare al tavolo delle altre democrazie. Visto che tra l'altro, in tema di diritti civili, hai idee non precisamente democratiche.

Arrogante come Daniel Ortega, dispotico leader del Nicaragua che ha disposto l'espulsione dell'ambasciatrice dell'UE dal suo paese come “persona non gradita”. Arroganti: come i preti iraniani precipitati in una mattanza senza fine per poter continuare a disporre del corpo delle donne. Talmente miserabili da ordinare di sparare ad altezza d'uomo, provocando centinaia di morti tra i manifestanti, per poter imporre di continuare a nascondere i “capelli” delle donne. Barbuti, imbacuccati preti iraniani: ma da quanti e quali problemi mentali siete afflitti? Il mondo sarà delle donne. E' matematico: sono in numero maggiore nel mondo. Sono più forti. Sono più intelligenti. Governeranno il pianeta. Che con loro, forse, diventerà un mondo migliore.

ARROGANTI – Come il padre pakistano di Saman, ripreso (libero e impunito) nel suo villaggio mentre guida una processione. “Coperto” dalle autorità del suo paese, sorde alle richieste di estradizione dell'Italia, dove è accusato, assieme alla sua famiglia, di omicidio e occultamento di cadavere. Una “bestia” fatta uomo che ha ucciso per “salvaguardare il suo onore”. Talmente feroce e privo di pietas da evitare di indicare il luogo dove il corpo della figlia è stato sepolto (o forse smembrato). Arrogante: come Rosi Braidotti, filosofa italiana, ospite quasi fissa di La7, dal suo studio di Utrecht nei Paesi Bassi, con licenza di sparare su Giorgia Meloni e autrice di un saggio sul “Postumano” nel quale Braidotti fustiga le economie di mercato contemporanee che “profittano del controllo e della mercificazione di tutte le forme di vita puntando sull'ibridazione che cancella le distinzioni di categoria tra l'umano e le altre specie, semi, piante, animali, batteri”. Fratello batterio: neppure San Francesco si era spinto tanto avanti nella sua comprensione universale.

Arroganti: come quelli che avendo perso le elezioni, ora sperano in un Mattarella versione Scalfaro che gli tolga le castagne dal fuoco evitando di dare l'incarico alla leader venuta dalla Garbatella. Alla quale ogni giorno viene chiesto di sottoporsi a dettagliati esami del sangue, atti a certificarne la purezza democratica. Perché la “comunista” Livorno, dove il PCI praticamente è nato, alle ultime elezioni ha votato massicciamente per la destra? Perché ad un certo momento l'acqua arriva al colmo del vaso e tracima. Il troppo, stroppia. E anche il troppo “antifascismo” declinato in ogni settore della società evidentemente ha finito con lo stufare. Si chiede – come spiega brillantemente Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera – di fare alla pischella Meloni (nata a Roma il 15 gennaio del 1977) quell'abiura e quei “conti” con il fascismo mai fatta nel Bel Paese. E spiega Galli della Loggia, “neppure richiesta”.

Esiste infatti nella Costituzione oltre ad un primo comma che vieta “la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista”, anche un secondo comma, che confesso (da modesto laureato in Storia) mi era sempre sfuggito. E che recita, invocando con una legge apposita onde stabilire limitazioni al diritto di voto e all'eleggibilità per i capi del regime fascista, anche la necessità che queste limitazioni sia temporanee e non vadano “oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione”. Ergo: 1948-1953. Autogol dei padri fondatori? La verità che anche i padri costituenti erano consapevoli di quanto il Fascismo fosse la coda della vicenda nazionale risorgimentale. E che la violenza in disprezzo della libertà, coagulatasi in un nazionalismo repressivo e alla fine antisemita, era la conseguenza di una storia esplosa dopo la fine della prima guerra mondiale, ma a lungo precedentemente covata.

FASCISMO – Nelle pieghe di un'Italia da troppo poco tempo affrancata (dal giogo delle potenze straniere che dal Nord al Sud la tiranneggiavano), per non subire i contraccolpi di una società piagata da enormi disuguaglianze sociali. Dove Chiesa, Monarchia, Industria, Latifondo costituivano il “muro” che nascenti ideologie cercavano di picconare. Il Fascismo fu una calamità per l'Italia. Vicenda complessa che oggi si tende a semplificare. Nel 1920 l'Italia (tanto per cambiare) era in crisi economica. Le industrie facevano fatica a reperire le materie prime ed energetiche. Perché (anche allora) i paesi fornitori avevano ridotto gli approvvigionamenti. L'inflazione galoppava e le categorie a reddito fisso erano quelle più colpite. Lo Stato era indebitato. Disoccupazione e povertà erano in crescente aumento. Ma Giovanni Giolitti chiamato al governo (come un Mario Draghi di allora per salvare il salvabile) non dava, come spiega Indro Montanelli nella sua inimitabile “Storia d'Italia”, a Mussolini molta importanza. Era convinto che il suo Fascio fosse “uno dei tanti gruppuscoli nati nel disordine del dopoguerra e destinati a dissolversi. Anzi si proponeva di strumentalizzarlo per tenere in rispetto i socialisti”. Giolitti ebbe drammaticamente torto.

Ma il problema fu che parte consistente del Paese credette a Mussolini. Il Fascismo non era la Spectre. Aveva radici popolari tra i ceti meno abbienti. Solo dopo arrivarono Monarchia, Borghesia e Chiesa a sostenere il Capovocione come lo definiva Gianni Brera. Tra i collaboratori del Popolo d'Italia, quotidiano diretto da Mussolini dopo aver “tradito” l'Avanti (Mussolini come si tende a dimenticare era nato socialista) c'erano Prezzolini, Papini, Nenni, Maria Rygier, Umberto Saba, sindacalisti come Panunzio e Lanzillo. C'erano donne come la Balabanoff e una bellissima ebrea dai capelli rossi: Margherita Sarfatti. Che, chiosa perfidamente Montanelli, “al direttore non prestava soltanto la penna”.

Il primo atto di Palmiro Togliatti come ministro della Giustizia della neonata Repubblica fu l'amnistia a quanti erano stati accusati accertati di collaborazionismo con il Regime. Ragion di Stato alla quale il segretario del PCI che era stato all'Hothel Luxor di Mosca (dove aveva visto le nefandezze dello stalinismo) si dispose perché l'Italia aveva necessità di uscire dalla tragedia del secondo conflitto mondiale. E perché il fascismo non era stato solo la tirannia di un gruppo politico protervo e spietato. C'erano stati, come bene ha spiegato uno storico di matrice liberale come Renzo De Felice (benché – a mio parere – discutibile per alcune conclusioni) gli anni “del consenso”. L'Italia era fascista. Ci fosse stata, a fine conflitto, una solenne abiura (come avvenuto in Germania con il partito nazista e i suoi feroci capi) avrebbe coinvolto – trasversalmente – tre quarti dell'Italia. La Resistenza fu importante ma fu impegno di una minoranza del popolo che alla fine si era ribellato. L'Italia fu liberata dagli Alleati. Senza quel decisivo intervento la guerra con il nazifascismo si sarebbe protratta. E quasi certamente non sarebbe stata vinta. Non ci fu rivoluzione in Italia contro l'oppressore. Come era già successo durante il Risorgimento, fu una minoranza ad esporsi e (sovente) a sacrificarsi. Ma non fu la collettività.

ZTL – Arroganti: come il sindaco di Milano, Beppe Sala, che con la scusa dell'ambientalismo ha imposto ai milanesi una gabella che impedisce e decine di migliaia di automobilisti di entrare in quella Area B diventata la ZTL più estesa del mondo. Insensibile alla crisi che non consente investimenti in auto elettriche sostituendo i veicoli che magari hanno solo sei-sette anni di vita. Sala “tira dritto”, perché “aveva avvertito che l'avrebbe fatto”. Per la felicità delle mamme in bicicletta (vista in corso Magenta signora in bici – sul marciapiede, ovviamente – con fantolino nel portapacchi davanti, cagnolino in quello posteriore e vaso di peperoni sul petto, squillare il campanello chiedendo strada agli indifesi pedoni) il cui sogno è quello di “vietare la circolazione a ogni tipo di auto a Milano”. Beppe Sala: per la serie, il Marchese del Grillo mi fa un baffo.

Arroganti: come gli evasori di Napoli. Per il 2021 Milano ha versato (per scovata evasione fiscale) 1.700.000 euro. Napoli 35.000. Ed è andata pure bene allo Stato. Nel 2018 a Napoli erano stati scovati 453 (quattrocentocinquantatre) euro di evasione. 4-5-3: terno secco da giocare al Lotto sulla ruota di Napoli. Arrogante: come l'Europa che in fatto di migranti predica bene e razzola malissimo. Continuano a morire sulla rotta Libia-Italia. A migliaia ogni anno. Dopo che in seguito all'ennesima strage del mare era stata istituita la “giornata del migrante” con la promessa che “mai più sarebbe accaduto”. Arroganti: come il cancelliere tedesco, come il premier olandese, come quello ungherese. Gente che si fa sistematicamente e senza vergogna “licazzisua”. Senza avere neppure avere la simpatia ribalda del mitico Razzi.

Arroganti: come gli stupratori che non riescono a “tenerlo dentro”. Visto che le violenze risultano dilaganti e le donne violentate un numero ormai debordante, una legge che preveda la castrazione chimica, no? Lederebbe i diritti? E quelli delle donne violentate? Chi pensa a quelle donne che per anni restano ingabbiate nell'incubo di una violenza che non si elimina con una doccia? Taglio del battacchio: troppo brutale? Arroganti: come i creativi. Una pubblicità ha lordato l'”Ultima Cena” di Leonardo mettendo in scena cafoni che discettano di “guanciale”. Ma Claudia Gerini si è superata prestandosi per una marca di pasta a distruggere la poesia del magnifico “l'uomo in frack” capolavoro di Domenico Modugno. Elevando alti pensieri sulla “cottura”. E cosa dire dei perversi creativi della Juventus che hanno confezionato una maglia color lampone con contorno di frattaglie, arrivando ad allungare le maniche della medesima con un sotto-maglia color rosa salmone?

FORMULA UNO – Arroganti: come i parrucconi della FIA. Incompetenti Don Abbondio che dopo aver pasticciato nel finale della scorsa stagione, averlo fatto in questa a Monza, lo hanno rifatto a Singapore. La Ferrari ha le sue colpe (tante). Ma come mai non c'è decisione della FIA che non vada a favore della Red Bull? Tanto che ora, accusato di aver taroccato il budget (10 milioni di differenza, valgono 100 dipendenti in più e trenta, quaranta secondi sul passo gara) il team di Verstappen si ritrova con l'ostilità di Ferrari e Mercedes. Che temono pene miti per la truffa. Comunque esaminata con colpevole ritardo. Fanno bene: la FIA è da riformare. Come accade ai Palazzi che hanno troppo potere, anche la FIA, come l'UEFA, come la FIFA, come la FIGC, come FIBA, come la maggior parte delle Federazioni, tende a farla fuori dal vaso. L'unica è assaltare il Palazzo d'Inverno e spedire lor-signori a fare altro. La FIA è screditata come istituzione. Non ha scusanti. Non si capisce fino a che punto siano inetti. O non volesse la divinità della velocità, siano magari corrotti. Dovesse questo emergere (in Formula Uno gira un fiume di denaro) non basterebbe cacciarli. Dovrebbero risponderne in tribunale. La Formula Uno è un mondo dove i piloti arrischiano la pelle. Ma dove chi sta in poltrona ha un cattivo odore.

Arroganti: come gli arbitri di calcio del campionato italiano. Si chiama Rocchi il loro designatore. E non c'è verso si scusi per quanto accaduto in Juventus-Salernitana. Rocchi ha assolto i suoi uomini. Ma un uomo con un brutto carattere (quindi con un carattere) come Giampiero Gasperini ha affermato che “Arbitri e VAR possono condizionare pesantemente il corso di un campionato”. Si è autodenunciato Gasperini: un episodio a favore in questa stagione. Ma sedici a sfavore in quella precedente. Sedici episodi che sono costati all'Atalanta la mancata qualificazione alla Champion's. Tradotto: una montagna di milioni.

Arrogante (ma che bel vedere): come Matilde Villa, la bimba che gioca letteralmente un altro basket con la canotta della Reyer dopo averlo fatto con quella di Costa Masnaga. Dieci punti e sei assist nella gara d'esordio, partendo dalla panchina. Uno irreale: con palla servita dietro alla schiena per la realizzazione di una compagna. A vederla giocare sembra un Pozzecco in versione femminile. Più che arroganza, una visionaria incoscienza. Ora, con la mia, di arroganza, il migliore augurio alla Nazionale femminile di volley. Brave e sfrontate. Ora arriva il difficile.

Sparso il veleno accumulato in una settimana, fermate il mondo: voglio scendere. Sono un vecchio arnese che non sopporta più quanto lo circonda. I cafoni ormai imperanti in ogni strato della società, soprattutto. Arroganti: come nel negozio Swatch di Corso Vittorio Emanuele. Solo loro hanno in dotazione i crono che la casa elvetica ha realizzato con Omega. Meglio: dovrebbero avere. Infatti non li hanno. Ho chiesto di prenotarne uno. Risposta: “Non si può”. Ho chiesto il perché. Loro non lo sanno: “Passi al mattino” mi hanno suggerito. Quando? “Al mattino, un mattino: non sappiamo quando arrivano”. Ma – ho protestato – io abito in un'altra zona della città: non posso passare ogni mattina a caso. “Non dipende da noi: o così oppure non venga”. Dovevo chiamare un vigile? Accusandoli di cosa? Di protervia? E poi campa cabballus, i vigili di Milano.

FUMETTI – Mi ha spiegato un amico che lavora nel settore che è la nuova tendenza: creare l'attesa. Negare il prodotto, magari per far esplodere a distanza di tempo un qualche evento. Volete il crono? Mettetevi in fila nottetempo perché la plastica firmata che vi offriamo è una rarità. E per averla, come minimo, dovete soffrire. Arroganti degenerazioni consumistiche. E pensare che nella stagione che anche Cimbrico ricorda, il mio papà mi puniva se ascoltavo “gli urlatori” o leggevo i fumetti con le “nuvole” zeppi di “bang, bang e zip, zip” che il mio maestro alle elementari (il cui cuore batteva ad Oriente) definiva “poveri prodotti della propaganda statunitense”. La pensavano all'incirca come lui anche al governo i bacchettoni democristiani che proposero di vietare il “fumetto”.

Non sapevano che qualche decennio dopo il fumetto si sarebbe preso la rivincita grazie a Oreste del Buono, grazie ad Elvira Serra, grazie ad un bracchetto filosofo disegnato da Schultz e grazie al mio amico Hugo Pratt. “Letteratura disegnata” invocava Hugo per le nuvoli parlanti. Un'altra amica Cristina Taverna sarebbe diventata a Milano con la sua galleria la “signora” di quelle nuvole. Oggi con i fumetti si fa politica. E funziona meglio che con i selfie. Hugo e i suoi fratelli erano costretti ad usare eroi e avventurieri come Corto Maltese per farla. Facendo anche ecologia, difendendo i diritti civili, molto tempo prima che qualcuno pretendesse di cambiare persino la nostra lingua (sempre in nome del “diritto” ovviamente) sostituendo le parole con degli asterischi. Qualcuno osa ancora chiedermi perché pretenda di “scendere”. Per continuare a stare accanto a queste e a questi qui? No: mi ripugna.

 

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