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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Le interessate simpatie per il "macellaio"

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Martedì 22 Matzo 2022

 

guerra-ucraina 


La verità è che la politica italiana pullula di filo-Putin. Da destra e da sinistra. Affari opachi o semplice asservimento, ci stanno portando (non solo in senso metaforico) alla canna del gas. E in Parlamento c’è chi si sente offeso da Zelenski.

Andrea Bosco

Impossibile fare la guerra contro la Russia. Ma egualmente impossibile sarà, con la Russia, fare la pace. Nessuno, neppure il politico con uno stomaco foderato di amianto, potrà sedersi a discutere in futuro con un macellaio come Putin. Non potrà farlo Biden che ha definito Putin “un criminale”. Non potranno farlo i paesi occidentali che alla Russia hanno comminato pesanti sanzioni economiche e che ogni giorno vedono lo scempio perpetrato dai russi in Ucraina. Morti, macerie, città polverizzate, bambini (120 dall'inizio dell'invasione) stroncati dai proiettili, donne stuprate, milioni di persone in fuga.

Nessuno potrà sedersi a discutere con chi ha ordinato di bombardare una scuola nonostante la scritta “Qui ci sono dei bambini” visibile dagli elicotteri. Nessuno potrà dimenticare. Quella famiglia stroncata dal fuoco dei russi: sei cadaveri sull'asfalto di un ponte. O quella donna che con disprezzo transita, davanti al mostruoso tank che la sovrasta, con la sua sporta della spesa. Nessuno potrà dimenticare le parole del presidente ucraino in Israele. Lui ebreo, figlio di ebrei massacrati dai nazisti, criticato a Tel Aviv per aver paragonato il genocidio del suo popolo alla Shoah.

MACELLAIO – C'è qualche cosa di ambiguo da parte del “fermo” Occidente. La Russia ha evitato il default economico solo perché il Tesoro americano ha concesso, “eccezionalmente”, una dilazione nei termini di pagamento. Paesi come Italia e Germania continuano a comprare gas russo finanziando la guerra di Putin, ostaggi di un sistema di approvvigionamento al quale, incautamente, nel corso degli anni si sono acconciati. C'è qualche cosa che sta sfuggendo alla percezione occidentale, incatenato alla minaccia di un conflitto nucleare. L'Ucraina è solo l'inizio di un conflitto forse inevitabile. Come ben hanno capito Polonia e Paesi Baltici che alla guerra da settimane si stanno preparando. Sulle bombe e sui missili russi c'è scritto “A Berlino”. E probabilmente questo spiega il frettoloso investimento della Germania in armi, aerei, missili. Per la prima dalla fine della Seconda guerra mondiale la Germania si arma. E questo mette i brividi.

La posizione della Cina (per non parlare di quella dell'India e dell'Iran) è a dir poco sconcertante. Schierarsi con Putin (o nella migliore delle ipotesi evitare di condannare la sua invasione) significa accendere pericolosi focolai di guerra. Guerra mondiale, per capirci. Solo isolando Putin, solo isolando la Russia si eviterà la catastrofe. Fino a quando Putin potrà contare sulla (neppure velata) condiscendenza di paesi e forze politiche, si sentirà autorizzato a continuare nella sua opera di distruzione. Quelli come Putin disprezzano la democrazia e disprezzano la pace. Quelli come Putin comprendono solo il linguaggio della forza. Non saranno le preghiere del Papa (che le parole Putin e Russia proprio non riesce a pronunciarle) a fermare il tiranno. Che non è malato, non è pazzo. E' un mostro assetato di potere. Disposto ad un infame bagno di sangue pur di arrivare al suo scopo.

La guerra di Putin avrà effetti anche in Italia. Facilmente, alle prossime elezioni politiche, quanti hanno messo la lingua nella bocca di Putin, saranno ridimensionati in Parlamento. Silvio Berlusconi tace. Imbarazzato per la sua amicizia con Putin. Per i suoi viaggi nella dacia del macellaio. Per le sue improvvide affermazioni sul Putin “uomo liberale”. Matteo Salvini insiste. Giuseppe Conte, insiste. Uno si è scoperto, dopo le oscene felpe con la faccia del massacratore russo, “pacifista”. Incline, come Giuseppe Conte, a non “forzare” sanzioni negative “per l'economia italiana”. Come se la guerra (anche quella economica) si potesse fare solo “un pochettino”. Ma cosa ha detto al cervello dei responsabili delle banche italiane che hanno investito in Russia senza adeguati “paracadute”?

ONORIFICENZE - La verità è che la politica nostrana pullula di filo-Putin. Una parte – da destra a sinistra – perché storicamente anti-americana, dimentica che sono stati gli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale a ricostruire l'Italia con il Piano Marshall. Una parte (Lega e 5 Stelle) perché collusa con quel dispotico potere. Affari opachi. Ed un asservimento che potrebbe aver consentito a Bergamo, nei giorni caldi della pandemia, uno spionaggio industriale. Magari non solo industriale. La delegazione russa anticovid inviata in Italia schierava 25 medici. Il resto era composto da militari.

Conte (che era presidente del Consiglio) minimizza. Si capisce: fosse dimostrato lo spionaggio, qualcuno potrebbe essere accusato di alto tradimento. Cosa promise, cosa consentì in quei drammatici giorni Giuseppe Conte, presidente del consiglio che sembrava aver perso la trebisonda, ai russi? Beppe Grillo alle cui farneticazioni si deve molto dell'attuale scempio italico, tace. Facile che dopo le prossime elezioni ne restino in piedi solo due: Il PD di Letta e Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. Nessuno è esente da scheletri nell'armadio. Ma poca roba, per quei due, rispetto ad altri. Rispetto a chi Putin ha celebrato. Con Putin ha fatto affari. Che ai funzionari di Putin ha elargito onorificenze. Che Putin (oggi, porca la pupattola, oggi) vorrebbe farlo parlare per “par condicio”, prima o dopo Zelenski, al Parlamento italiano.

Ma c'è di peggio. Si chiama Orsini, professore dagli imprecisati meriti accademici. Ospite fisso di Corrado Formigli a “Piazza Pulita” su La 7. Sussurra Orsini, quasi piange. Chiede ossessivamente che l'Ucraina si arrenda. Perché continuando a resistere potrebbe innescare “la disperazione di Putin”. Non me lo sto inventando. Meglio per Orsini sodomizzati e vivi che morti per difender la Patria. Concetto assurdo per i pacifisti in pantofole. Immorale morire, resistendo. Resistere. Chi muore resistendo, innesca sensi di colpa in chi è disposto a “flettersi” piuttosto che combattere. Le tv italiane pullulano di “Orsini”. Fanno ascolto. Perché le assurdità che veicolano fanno incazzare il mondo. Ma anche “audience”. I tipi come Orsini hanno sostituito nelle televisioni populiste i no vax, no pass, no tav , no tap, “no quello che pare a voi”. E' la degenerazione dell'informazione italica. Che cerca la visibilità facile. Senza più sudare la pagnotta.

La offro io una dritta: cosa ne direste, care televisioni, di una inchiesta su come sia stato possibile che ad eccezione del Colosseo gli oligarchi russi si siano comprati mezza Italia? Vi siete mai chiesti su quali banche si siano appoggiati? Se abbiano pagato le tasse. Se le abbiano pagate i venditori. Se le transazioni siano risultate trasparenti, oppure siano state effettuate attraverso conti off shore in paradisi fiscali? La Guardia di Finanza ha adeguatamente indagato? Le procure che aprono inchieste anche nei confronti di chi piscia controvento hanno mai annusato qualche irregolarità? O la politica ha chiesto alla magistratura di chiudere un occhio, e magari due, in nome della ragion di Stato? Non sono un populista malpensante. Basta parlare con qualsiasi broker di Piazza Affari per capire come “giri il fumo”. E dobbiamo esserne consapevoli: la magistratura “non è” indipendente. Non lo è. E' politicizzata.

VENTO ITALIANO – E' tornato ad alzarsi nello sport. Ferrari, prima e terza in Bahrain. Con una macchina che vola. E con due piloti “cazzuti”. Ha vinto il mondiale sulla distanza dei 60 metri Jacobs silenziando (definitivamente si spera) le jene britanniche e statunitensi. Ha vinto per la prima volta in Galles la nazionale di rugby. Sofia ha vinto il mondiale di discesa. Brignone ha vinto la “coppetta” nel Supergigante. Ma ha chiuso la stagione volando nel Gigante, accompagnata dalla splendida Marta Bassino. Ora tocca a Roberto Mancini e alla sua Nazionale. Alla canna del gas: fallire, dopo l'Europeo che aveva fatto battere i cuori italici, sarebbe una jattura. Non andare al Mondiale in Qatar una macchia. Anche se Gravina Gabriele ha assicurato (e come dubitarne?) che lui (in ogni caso) non si dimetterà.

Ma la salute del calcio italiano è traballante. Latitano i campioni. Anche l'ultima rimasta, la Juventus, è stata sbattuta indegnamente fuori (per l'ennesima volta) dalla Champion's. Le è andata di “cuelo” visto che se avesse scollinato il turno sarebbe stata sorteggiata con il Bayern di Monaco. E allora invece delle quattro pere (sommando i risultati) prese dal Villareal, con in bavaresi facilmente ne avrebbe incassate nove. Risultato: Dybala, più assente che presente nelle ultime due stagioni, non è stato “rinnovato”. Le anime bianconere tremano al pensiero possa andare all'Inter. Dove perdono il pelo ma non il vizio.

Due volte i tribunali sportivi hanno spiegato al sior Marotta Beppe che la gara contro il Bologna (rinviata) va giocata. La Beneamata non ci sente ed è ricorsa: nuovamente. Terzo grado. Perderà ancora. Ma nel frattempo avrà ottenuto quanto si proponeva. Giocare il recupero a fine aprile, quando il Bologna sarà “salvo” e desideroso di andare al mare piuttosto che di mettersi a “pugnare” per i tre punti. Il campionato più scarso degli ultimi anni andrà in archivio senza rimpianti. Difficile che l'Inter possa bissare lo scudetto della scorsa stagione. Se lo giocheranno Milan e Napoli. Il Diavolo con il gioco, il Ciuccio con i gol di Osimeh.

Parlo, stavolta, anche di basket. Non per commentare la sconfitta dell'Olimpia contro Brescia o il miracoloso recupero di Scariolo contro Venezia (fanno cinque vittorie virtussine su cinque, comunque, in stagione) ma per segnalare il successo delle ragazze (tanto l'Orso di basket femminile non scrive) della Reyer a Valencia. Successo che le ha portate in semifinale nella loro coppa europea. Vittoria all'insegna della “vendetta, tremenda vendetta” come canta il baritono in “Rigoletto”. Un anno fa, “e fìe”, avevano perso proprio contro Valencia all'ultimo secondo (ma non per modo di dire: proprio un secondo) una coppa già vinta. Si sono rifatte, mostrando “attributi” mai esibiti (finora) in stagione dalla squadra maschile. E con una Pan ancora infortunata. Ora più che mai, “Duri i banchi”, ragazze.

 

 

 

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