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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
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Duribanchi / La guerra dei bottoni (dei partiti che furono)

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Martedì 1° Febbraio 2022

 

mattarella-22


La rielezione di Sergio Mattarella – avvenuta solo all'ottavo giro – ha scoperchiato il falso vaso di Pandora e i venti fuggiti si sono sparsi in tutte le direzioni. Si dice che nulla sarà più come prima, ma nessuno sa dire cosa avverrà.

Andrea Bosco

Spettacolo ignobile quello offerto dai partiti. Disgustoso quello dei “peones” in Parlamento: abbarbicati alla poltrona e al vitalizio. Vile il comportamento della politica. Vile quello di molti commentatori. La prima in toto si è intestata la rielezione di Mattarella. I secondi, valletti con la lingua arrotolata, hanno fatto a gara nel definire questo o quello “decisivi”. Patetici. Di decisivo ci sarà solo, d'ora in avanti, l'atteggiamento di Mario Draghi. Che se prima ai partiti neppure rispondeva al telefono, ora decisamente li manderà a cag... per qualsiasi richiesta gli venga presentata.

Del resto i partiti non pensano al bene del Paese: pensano che tra un anno si voterà. Pensano che il Parlamento sarà, la prossima volta, sensibilmente ridotto nei numeri. E pensano che il paracadute Mattarella (oltre a quello di Draghi) consentirà loro di tirare a campare. Sbagliato: sono nudi. La gente è inferocita. Se ne accorgeranno alle prossime consultazioni. Che cercheranno in tutti i modi di rinviare. Ma che inevitabilmente dovranno accettare. E allora il popolo italiano presenterà loro il “conto”. Lo presenterà a Conte e a Salvini, gente che è stata assieme al governo, nel primo esecutivo Conte. Che poi si è “sparata” addosso. Si è insultata. Si è trascinata in tribunale. Per poi fare un indecoroso “lingua in bocca” finito male.

Lo presenterà a Berlusconi e alla sua truppa per il fuoco amico nei confronti di Elisabetta Casellati. Lo presenterà ai “centristi” traditori: canne al vento, incapaci di “tenere” un solo “scivolamento, per dirla in termini cestistici, degli avversari. E lo presenterà a Letta, che certamente ha giocato a scacchi assai meglio degli avversari, ma che ha avuto l'ardire di presentare e poi subitamente ritirare la candidatura del capo dei servizi segreti: la famosa “donna”, trombata senza neppure passare al vaglio del voto, anche dalle molte donne sparse nei partiti.

VOLTAGABBANA – Ora noi siano condizionati dai racconti di Fleming: il capo dei servizi segreti italiani non è M. Non ha mai fatto la spia: coordina. E da quanto se ne sa è una funzionaria capace. Ma solo in Russia o in Egitto, si passa dai Servizi alla Presidenza della Repubblica. Morale: l'unico politico che ancora una volta non si è ammaccato è stato Renzi. Ne è uscita bene Giorgia Meloni, dalla quale ideologicamente mi separa il campo di Agramante, ma che ha avuto la coerenza di non cambiare idea. Che non sempre in politica è una virtù, ma che in uno scenario spappolato come quello italico è merce rara. In ogni caso: applausi dopo che in Parlamento Sergio Mattarella aveva varcato la fatidica quota 505. E subito dopo pellegrinaggio collettivo ad abbracciare e baciare Pierferdi che un minuto prima fosse noto l'accordo su Mattarella, era andato davanti al microfono a chiedere che la sua candidatura “fosse tolta”.

Impallinato Draghi, dalla politica che lo detesta, perché non si è rivelato il paggio disponibile a qualsiasi compromesso che avrebbero sognato, ora la politica ne deve temere la vendetta. Che ci sarà: feroce e sottile. In perfetto stile gesuita. I partiti non “vorranno”? E cosa faranno, eventualmente? Una crisi di governo? Tutti hanno gatte da pelare: il fronte pro Draghi era esteso da destra a sinistra. Molti partiti oggi saranno costretti (in Parlamento) a copulare con il “nemico”. In ogni caso il centrodestra non esiste più. La “botta” è arrivata. Ma non c'erano dubbi di come sarebbero finite (per loro) le cose: buttare nel cesso la possibilità di vincere le amministrative a Milano e a Roma, era stato un clamoroso indizio. A sinistra di “largo” non c'è più un tubo. I 5 Stelle sono divisi. Lo sono anche dentro al PD. Gli altri non contano.

La verità è che la Seconda Repubblica è evaporata. Nel peggiore dei modi. Che la rielezione del galantuomo Mattarella è una anomalia che si sta ripetendo. Che sarebbe l'ora di ritoccare la Costituzione. Fare una soglia di sbarramento al 6% per evitare che partiti nani approdino in Parlamento. Rifare la legge elettorale, evitando si formino ammucchiate buone solo per prendere le poltrone. Abolire il famigerato “gruppo misto”: pappatoia parlamentare. Mettere un vincolo di mandato: evitando lo spettacolo immondo dei “voltagabbana”. Lecito cambiare idea. Ma se la cambi devi andare a casa. Devi tornare a fare il tuo mestiere. E se il tuo mestiere è quello dello “scappato di casa”, cavoli tuoi. Non devono essere i cittadini a “mantenerti”.

REALITY – Magari varare un semi-presidenzialismo che tolga il paese dalla secche nelle quali si è impantanato. Ho invece qualche dubbio sulla elezione diretta del capo dello Stato. Un Paese legato ai “reality” televisivi, ignorante per i tanti guai perpetrati dalla scuola, insensibile per lo scollamento delle famiglie, incollato alle cazzate più invereconde propinate dalla Rete, non credo sarebbe in grado di eleggere un presidente. Non dico un Mattarella o un Draghi. Neppure un Renzo Piano o un Sabino Cassese, saprebbe. Eleggerebbe un tronista di Maria De Filippi: nel migliore dei casi. Oggi i partiti risultano repellenti per lo spettacolo offerto. Vadano nelle piazze e ascoltino i cittadini: ascoltino la rabbia popolare per quanto senza vergogna hanno offerto.

Finita la sceneggiata, restano i problemi del Paese. Tanti, troppi. A cominciare dal rispetto minimo della decenza. In Austria. da marzo, saranno 3600 gli euro di multa comminati a quanti verranno colti privi di vaccino. In Italia? 100 euro: una tantum. Sembra un film con Totò, ma purtroppo è la realtà. Metta fine Draghi a questo scempio. Se “misure” devono essere che siano serie. Dure, severe. Visto che in ballo c'è la pelle della gente.

Ora, come se niente “fudesse”, come si cantava in un celebre “Carosello” della RAI, per qualche giorno si sospenderà ogni altra attività. La crisi economica sarà meno grave, la pandemia verrà “contenuta”, la guerra in Ucraina una ipotesi fantascientifica, nel Nord del paese non ci sarà la siccità, negli USA non ci sarà alcun “grande freddo”. Incombe Sanremo, officiante Amadeus: giornali, radio e televisioni, si adegueranno. Le faide canore prenderanno il posto di quelle politiche. “Striscia la Notizia” rivelerà (quasi certamente prendendoci) in anticipo il nome del vincitore. Ci sarà il solito scandaletto pilotato con mezza tetta o mezza coscia esposte, tanto per dare un brivido erotico a casalinghe e pensionati. Ci saranno le consuete accuse (quasi sempre vere) di “plagio”. E ci sarà il “fenomeno” di un paio di sere. Destinato un mese dopo, all'oblio. Del resto, come noto, a Sanremo solo “fiumi di parole”.

MERCATO – Se i litigi da vicolo delle lavandaie della politica non hanno abbastanza scandalizzato, il marinaio (con il cavolo che tornerà a terra) segnala la rissa condominiale tra FIGC e Lega. Non vale la pena riassumere. Lo stato dell'arte è questo, nel calcio italiano: penoso. Intanto, contrordine, compagni: la Juve in “bolletta” e con i bilanci in rosso si è presa Vlahovic, e con lui Zakaria e Gatti (serie B, ma promettente) investendo un centinaio di milioni. Ha ceduto Bentancur e Kulusevki all'amico Paratici al Tottenham, incassandone 70.

Un buon colpo l'ha fatto l'Inter con Gossens (benché ancora infortunato). Il resto della compagnia sta “rosicando”. Il dato rilevante è quello della Juventus. Tutti si sono dimenticati che dietro a Madama c'è una proprietà che risulta essere una multinazionale tra le prime dieci-venti del mondo. Con a capo un signore, John Elkan, che ha restituito con un anno di anticipo il finanziamento di 6,7 miliardi di euro, ricevuto a sostengo di Stellantis. Tradotto: uno che, dovesse mai venirgli la mosca al naso, sarebbe in grado di comprare, che so l'Inter, e di trasformarla (come sostiene un perfido “gobbo” amico del marinaio) in “una bocciofila”.

Vola Brignone, mentre sta lavorando per recuperare Goggia. Alle Olimpiadi cinesi (ormai ci siamo) saranno protagoniste. In Australia, (per la serie Nole, chi era costui?) ha trionfato l'eterno Nadal (Italia del tennis: mangiare michette e ripassare). Il signore Federer si è congratulato, il serbo antipatico, no. Intanto l'Holden del tennis, John McEnroe, si è offerto a Sinner per insegnargli a diventare “cattivo”. Idea del marinaio: se Sinner si sgela, se impara qualche parolaccia di SuperMac migliorerà il suo arsenale. Ma temo che l'uomo che insultava i giudici di sedia non potrà mai insegnargli quel servizio curvo ad uscire. E neppure quella demi- volee, quel tocco irridente, quasi un battito di ali di farfalla che faceva impazzire gli avversari e mandava in estasi il pubblico. Mentre il ragazzaccio più sfrontato della storia delle “corti” se la rideva.

BASKET E FAVOLE – Milano fa l'Armani in Europa: potrebbe essere l'anno buono. Venezia a picco. Urgono idee più che provvedimenti. Il marinaio ha avuto un tuffo al cuore per il bellissimo ricordo del “Nano Ghiacciato” (inviato dall'Orso) per Butler Fieldhouse tempio del basket in Indiana e scenario delle gesta cinematografiche de “Il Colpo vincente”, epica vicenda (reale) del 1954 quando la squadra di un liceo con soli 121 studenti (e sette effettivi a referto) sconfisse con un punteggio da minibasket (32-30), ma con una grande difesa e un grande cuore, una rivale che di studenti ne aveva migliaia.

Nel film il colpo vincente lo assesta all'ultimo secondo Jimmy, il miglior giocatore della squadra. Con un antefatto che dovrebbe essere una lezione di vita. Specie per quei politici dei quali il marinaio ha scritto all'inizio. Sotto di un punto l'allenatore della squadra di Jimmy chiama time out: una manciata di secondi a disposizione. E disegna lo schema logico in quella situazione: un blocco per fingere di servire Jimmy dal quale gli avversari si attendono il tiro. Ma in realtà per recapitare la palla ad un compagno. Ma il compagno non se la sente. Non vuole quella responsabilità. Cala il silenzio, fino a quando Jimmy non dice: “Lo faccio io”. Perché Jimmy è uno che la responsabilità sa prendersela.

E allora palla in mano: sette, sei, cinque, quattro, tre, due secondi. Vola l'arancia e finisce dentro alla retina. Vince Hickory (che nella realtà si chiamava Milan High School) con un canestro all'ultimo. Jimmy Chitwood nella realtà si chiamava Bobby Plump e in Indiana è considerato una leggenda. Il marinaio non ha la capacità narrativa di Dan Peterson che quella partita ha visto, beato lui. Ma confida di essersi fatto egualmente capire per una storia bellissima che dovrebbe essere di insegnamento. Come scriverebbe l'Orso: “Da un punto sperduto del Delaware ai confini con il Maryland, recitando il Walam Olum, poema sacro dei nativi trascritto su tavolette di betulla, arricchito da disegni e incisioni, il canto di uno sconosciuto guerriero che sta per incontrare il suo destino”.

“Nessuno è riuscito a scoprire/
come evitare la morte /
come girarle attorno/
E i vecchi che l'hanno incontrata /
che hanno raggiunto il luogo /
dove la morte aspetta in piedi /
non hanno saputo indicarci /
il modo di schivarla /
La morte è difficile da affrontare”.

Post Scriptum: quei guerrieri (ma forse erano solo i Lakota delle pianure a dirlo) andavano in battaglia al grido: “Oggi è un buon giorno per morire”. Farlo sapere a Montecitorio?

            

 

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