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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Piste&Pedane / "Non credo ancora d'avere finito"

Martedì 3 Agosto 2021


warholm-tokyo 


E' concesso utilizzare il termine “mostruoso” per il 45”94 con cui il vichingo Warholm ha spinto su territori sconosciuti i suoi limiti? Difficile pensare che questo suo nuovo record non resterà il marchio di fabbrica dei giochi atletici di Tokyo.

Daniele Perboni

King Kong Karsten Warholm, pur senza la sua bella Ann Darrow da salvare, è comunque accorso, nella tarda mattinata del Sol Levante, in soccorso di un immaginaria donzella. Una furia devastante che neppure quei 400 metri disseminati da dieci trappole sono riusciti a rallentare. Al centro della “sua” isola, di cui è signore incontrato dal 9 agosto 2017 (Mondiali londinesi), ha polverizzato, distrutto, stracciato, liquefatto, il suo fresco primato mondiale (46”70) dei Bislett Games allo stadio di Oslo, per atterrare sul nuovo regno dove pare non esistere gravità, tanto ha dello stupefacente quanto è apparso alla fine della selvaggia cavalcata: 45”94, nuovo primato olimpico e mondiale.

E come il King Kong cinematografico, alla fine è riuscito a strappare le catene ed urlare al nuovo mondo tecnologico tutta la rabbia accumulata in quella spietata battaglia, dove ne è uscito vincitore incontrastato. 

«Mi sono allenato come un maledetto maniaco. Ho faticato a dormire la scorsa notte perché nel petto avevo questa sensazione speciale. Identica a quella avuta a sei anni la vigilia di Natale. Una sensazione che pensi di non ritrovare mai più quando invecchi. Ma ieri sera è ritornata. Ero concentrato al massimo per ottenere l'ultima medaglia della mia collezione e ora è tutto completo. Ora devo darmi altri e nuovi obiettivi. Non credo di aver ancora finito». Più chiaro e sincero di così.

Pochi numeri per dare la reale dimensione dello tsunami che ha provocato il 25enne norvegese di Ulsteinvik, centro di poco meno di 6000 abitanti che ha ricevuto lo status di città solo nel 2000. Forse basta fornire l’ordine d’arrivo. 1. Warholm (Norvegia) 45”94, 2. Raj Benjamin (USA) 46”17 (record americano), 3. Alison dos Santos (Brasile) 46”72 (record sudamericano), 4. Kyron McMaster (Isole Vergini Britanniche) 47”08 (record nazionale), 5. Abderrahman Samba (Qatar) 47”12, 6. Yasmani Copello (Turchia) 47”81 (record nazionale), 7. Rasmus Magi (Estonia) 48”11 (record nazionale), 8. Alessandro Sibilio (Italia) 48”77. Sì, c’era anche un poco d’azzurro in questa gara che resterà negli annali della storia dello sport.

CONFRONTI – Sei atleti sotto i 48 secondi, il più grande miglioramento in un sol colpo del record mondiale. Ancora: dos Santos, pur avendo corso sui ritmi del vecchio primato di Kevin Young (risalente ai Giochi di Barcellona 1992 …) si è dovuto accontentare del bronzo; Benjamin, argento, è sceso sotto il precedente mondiale di Warholm di 58 centesimi.

Ed ora un’occhiata agli ultimi Giochi:

• Sydney 2000: 1. Taylor (Usa) 47”50, 2. Al Somaily (Ksa) 47”52, 3. Herbert (Rsa) 47”81, … 8. Mori 48”78.
• Atene 2004: 1. Sanchez (Dom) 47”63, 2. McFarlane (Jam) 48”11, 3. Keita (Fra) 48”26.
• Pechino 2008: 1. Taylor (Usa) 47”25, 2. Clement (Usa) 47”98, 3. Jacxkson (Usa) 48”06.
• Londra 2012: 1. Sanchez (Dom) 47”63, 2. Tinsley (Usa), 47”91, 3. Culson (Pur) 48”10.
• Rio 2016: 1. Klement (Usa) 47”73, 2. Mucheru (Ken) 47”78, 3. Copello (Tur) 47”92.

In poche parole, anche il quinto (Samba, 47”12) in tutte queste edizioni avrebbe vinto tranquillamente l’oro…

Basta tutto questo per eleggere il King Kong del nord come l’uomo di queste Olimpiadi? Probabilmente sì. Unica in grado di insidiarlo l’olandese Sifan Hassan, in lizza per gli ori nei 1500, 5000 (pratica già archiviata) e 10.000.

In tutto questo stravolgimento delle regole umane dicevamo, anche uno spiraglio d’azzurro, grazie al napoletano di Posillipo. Dopo una batteria conclusa in 49”11 e una semifinale in 47”93, prima volta sotto il muro dei 48 secondi, non ha retto la fatica di tre turni ravvicinati ad alta intensità. Nulla di cui rammaricarsi. È giovane (classe 1999), e solamente in questa stagione ha fatto il gran balzo di qualità, scendendo per la prima volto sotto i 50 secondi (49”25) il 13 maggio a Savona. Dallo stadio della Fontanassa è partita la cavalcata che in poco più di due mesi lo ha portato alla finale di Tokyo, passando per il trionfo ai Campionati Europei di Tallin (48”42 il 10 luglio). Nei giorni scorsi avevamo chiesto pazienza per il talento campano. Torniamo a invocarla. Maturerà, crescerà per nuovi traguardi. Il tempo gli è alleato, anche se dovrà confrontarsi con i nuovi King Kong.

CRIPPA E GLI ALTRI – In questa quinta giornata attendevamo il riscatto di Yeman Crippa nei 5000. Dopo l’opaca prova dei 10.000 nel giorno d’avvio, tutti pensavamo in un pronto recupero. Non è avvenuto. Il ragazzo è apparso spento, letteralmente “cotto”, sofferente e non in grado di concludere degnamente neppure le batterie. È lampante che qualcosa non ha funzionato nella preparazione e nella programmazione. Succede. Peccato sia avvenuto nell’anno olimpico. Ora dovrà ritornare in officina per registrare motore e centralina. Che dice il D.T. Antonio La Torre, uno che da decenni mastica e predica, con grande profitto, le metodologie della fatica? Attendiamo non giustificazioni, nessun processo, ma spiegazioni, per capire, comprendere e non sparare nel mucchio.

Tre cavallette nel triplo. Due balzano in finale: Andrea Dellavalle (16.99/-04) e Emanuel Ihemeje (16.88/-0,7), il ragazzo esploso nell’inverno statunitense. Bocciato Tobia Bocchi (16.78/-0,1).

Tre giganti con la palla da sette chili nelle qualificazioni: si salva il solo Zane Weir (21.25, primato personale), mentre si squagliano il neo azzurro Nick Ponzio (20.28) e il fiorentino Leo Fabbri (20.80), forse giustificato dai guai pesanti sanitari (Covid) in cui è incappato nella primavera sudafricana e che ancora mostrano strascichi. Un appunto, tardivo, ma solo ora abbiamo l’occasione per esternarlo. Con la variante sudafricana che impazzava nel mondo, era proprio il caso di andarla a cercare a casa propria? Altra domanda per La Torre. Sottotono e dodicesima Sara Fantini nel martello (69.10).

Fine della corsa per altri azzurri: Dal Molin e Fofana nei 110 ostacoli, Desalu e Infantino nei 200. Aggiorniamo l’elenco degli appartenenti al gruppo “viaggio premio”: Antonio Infantino (200) e le astiste Roberta Bruni ed Elisa Molinarolo. E qui serve aprire una parentesi. Come osservato per i campionati continentali under 23, anche in questa occasione il gruppo degli astisti ha completamente fallito anche gli obiettivi minimi. Serve scrivere altro?

 

 

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