- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Restera' l'Olimpiade di Jacobs

PDFPrintE-mail

Martedì 3 Agosto 2021


basket-france 


Il paese delle contradizioni. Mentre le imprese degli azzurri a Tokyo entusiasmano la gente (e fanno un po’ d’invidia all’estero), tra tentativi di “riforme” e manifestazioni anti-vax, le liti striscianti della politica riportano alla realtà.

Andrea Bosco

Nel segno degli ori olimpici di Jacobs e Tamberi l’Italia si è riscoperta “atletica”, dopo aver concesso alla ventitreesima ora l’autonomia al CONI, quasi arrischiando di finire a Tokyo senza maglia e senza bandiera. Meglio non dimenticarlo. Viceversa, meglio cancellare commenti, cinguettii, logorroiche ospitate radiofoniche e televisive, articolesse “politicamente corrette” sul colore della pelle, sulle discriminazioni sessuali, sulle millanta sfaccettature di lana caprina che risultano solo pretesti per fare pessima politica. Quella che ogni giorno va in scena nei tg nazionali. Tg che sono riusciti a ridurre in formato francobollo la gara del salto in alto maschile: è il palinsesto, bellezze, il palinsesto!

Certo nessuno poteva ipotizzare che Gimbo Tamberi avrebbe conquistato l’oro volando sopra ai suoi acciacchi e alle sue paure. Jacobs è italiano. Ha la pelle scura perché il papà statunitense è afroamericano. Ma la cosa importa solo ai razzisti e ai razzisti all’incontrario. Ci sono le persone, le donne e gli uomini. Se ti curi del colore della pelle, sei malato. Jacobs ha fatto qualche cosa di clamoroso: ha vinto i 100 metri piani, la gara regina dei Giochi Olimpici. “La” gara. Ha fatto questo, un italiano di provincia che mastica con qualche difficoltà l’inglese. Ha fatto questo un atleta che si è costruito andando oltre le proprie ansie.

La lettura di qualche giornale mi ha fortemente depresso. Per le ovvietà, per le banalità, per i distinguo, per l’accanimento carogna di qualcuno che neppure in un momento di gioia che ha unito un paese (abituato ad unirsi solo per celebrare il calcio) è riuscito a godersela. Ci sono uomini che nascono con problemi all’ulcera e non guariscono mai. Due medaglie d’oro in dieci minuti: sublime. Ma giù il cappello, tra gli altri, anche per Vanessa Ferrari che prende l’argento nella ginnastica artistica a 30 anni, con l’amaro di aver fallito l’oro solo per la valutazione dei giudici. Perfetta la sua esibizione rispetto a quella imperfetta della vincitrice statunitense. Ma la ragazza USA aveva messo nel repertorio un più alto coefficiente di difficoltà. Premiata per questo.

Mentre sto scrivendo sta scendendo in campo l’Italia del basket di Meo Sacchetti contro la Francia. Partita senza ritorno. Le dita sono incrociate, il cornetto partenopeo oscilla, lo scongiuro latino appreso all’università (“terque, quaterque, testiculis tactis, eccetera”) nei giorni della beata goliardia risuona nella testa. Perché il calcio esalta, Federica, anche se non ha vinto è stata E.T. fino all’ultima vasca, come la staffetta maschile d’argento, come Gregorio, quei due hanno fatto la Storia. Ma il basket è un vizio che ti concedi fin da quando eri bambino, quando anche tu, al torneo delle scuole calcavi il parquet della Misericordia tra gli affreschi del Sansovino. Quindi che si tratti di Reyer o di Nazionale, il cuore pulsa veloce. E ti dici: se non ora, quando?

Fachiro: Mario Draghi è un fachiro. Uno in grado di dormire su un letto di chiodi e di camminare a piedi nudi sui carboni ardenti. Ci vuole un fisico bestiale alla Carboni per resistere ai colpi della politica italica. Ci vuole una tempra speciale per sopportare il Tintura e la sua banda di taglia-riforme. Ci vuole una vista sottile per individuare la mimetica del Palo della Ville Lumiere. E ci vuole la pazienza di Giobbe per sopportare il Capitan Penelope e la sua congrega no vax. Ci vuole orecchio per captare i passi felpati di Matteo d’Arabia che con il 2% dei consensi fa e disfa governi e consigli di amministrazione. Ci vuole una smisurata fiducia per ancora concederla al più discutibile ministro dell’Interno della storia Repubblicana. E ci vuole una smisurata faccia tosta per convincere Salvini che quelle di Bruno Tabacci (Arcuri e Fornero, chi erano costoro?) sono pinzellacchere senza alcun effetto politico. Ci vuole lungimiranza per capire che tra millanta pasdaran il Cavaliere sembra il solo (finalmente) a parlare con il linguaggio della ragionevolezza. Ci vuole capacità interpretativa per valutare quanto pesi la Bionda, che sta “fuori”, che si oppone ma che continua a crescere nei sondaggi. Ci vuole una scorza da alieno per evitare di perdere il lume della ragione contro i No Tav anarco-terroristi e contro le piazze che in spregio a qualsiasi forma di prudenza, senza mascherina, infettano il prossimo.

Ci vuole tempra per portare avanti una riforma della giustizia che appare il minimo sindacale, ma che i Saint Just della politica proprio non vorrebbero. Un disgraziato (politico) ha fatto 18 mesi carcere per (presunta) associazione mafiosa. Assolto perché “il fatto non sussiste”. Che faccia hanno i magistrati che hanno incriminato quell’uomo? Perché non vengono puniti? Perché non gli viene imposto di risarcire in solido e di tasca propria chi ha subito una tale violenza? La riforma della giustizia in nessun modo intacca l’onere della prova. In Italia i giudici sono armati di missili: gli imputati si difendono con le fionde. Situazione bollata a fuoco anche dal New York Times che ha scritto: “Magistrati ideologizzati”.

Mario Draghi è un fachiro attorno al quale il Tintura sta seminando cobra dagli occhiali. Al pari di certe mosche cocchiere. Una è arrivata a discettare dei piedi “grassocci” di una parlamentare di un (detestabile) partito avversario. Lingua d’Argento (come sei bello, come sei bravo, come ti amano sui social, come staresti bene, Pelato delle mie brame, appollaiato sul Colle) è un acclarato feticista. Se lo incontri (in sempiterna tenuta da becchino) ti tocchi i maroni. Detto tra noi: la politica con i piedi “grassocci” è una donna bella e intelligente. E cosa rara nel circo delle jene, misurata.

Tante le pubblicazioni (alcune mere rimasticazioni di precedenti saggi) per ricordare Indro Montanelli. Quasi quante quelle uscite su Dante. Ho fatto scopa e ho acquistato una plaquette edita da De Piante in 500 copie: “Indro Montanelli / Dante Alighieri ovvero Durante di Alighiero degli Alighieri”. Un lungo articolo di Montanelli con bella prefazione di Gianfranco Ravasi ex Prefetto dell’Ambrosiana e oggi Cardinale, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il testo (raro) è assai godibile. Ad un certo punto Montanelli parla del Dolce stil Novo e di come la donna venisse da quei poeti descritta: angelicata e disincarnata. Scrive Indro: “erano degli esteti, i cui equivalenti si ritrovano a scadenza di ogni due o tre generazioni, e ogni volta credono di inventare chissacché. Predicavano quella che oggi (l’articolo è del 1993) si chiamerebbe “l’arte per l’arte”, cioè di una poesia “disimpegnata” da tutto, anche dal bisogno di piacere ai Signori che avevano mantenuto i trovatori nei propri castelli. E potevano permetterselo perché erano di famiglia aristocratica o della ricca borghesia Costituivano insomma “la gioventù dorata di Firenze”. Per me: podio e medaglia d’oro.

Non è accaduto. Il calamaro gigante Gobert (che non a caso è stato designato come miglior difensore della   stagione NBA) si è rivelato enorme, lungo, invasivo. I nove punti del risultato finale non fotografano la partita. A 2’30” dalla fine era parità. A 28 secondi dal termine Fontecchio ha avuto la tripla per il -2 ma l’ha fallita. Ha vinto con merito la Francia, l’Italia è stata il Gallo, nonostante la sabbia nelle ginocchia, Fontecchio che ad un certo momento ha messo dieci punti di fila e Pajola che avrà un grande futuro. Altri (alcuni almeno) sotto alle aspettative: Tonut soprattutto. Peccato, ma bravi: applausi a tutti. In attesa che la natura produca un centro o che lo ius soli consenta di naturalizzarlo, la base per lavorare c’è. Con i Bortolani, gli Spagnolo e i Casarin in lista d’attesa. Bravo Meo, nonostante Petrucci. Non è accaduto. Ma va bene egualmente. L’impresa impossibile è stata sfiorata. E’ già tanto. Ai quarti esce contro l’Argentina anche la Nazionale maschile del volley. Qualche riflessione andrà fatta su una squadra che sembra assai poco squadra.

Ma intanto l’Italia dei mini-catamarani ha regalato un altro oro: il quinto. Un gold da dilettanti: visto che due ragazzi non fanno i velisti di professione. Uno di quei metalli che riportano al fondatore DC, quando “importante era partecipare”. Una storia d’altri tempi. Ora forza Ganna che nel ciclismo (con tanto di record) porta l’Italia in finale. Per l’oro servirà un ultimo sprint. Siamo sui livelli, quanto a numero di medaglie, di Roma 1960. Ma una vale più delle altre. Inutile negarlo.

Un italiano ha vinto i 100 metri piani. Un italiano con un cognome statunitense che parla con una rotonda inflessione lombarda. Roba da film di fantascienza. Ma è tutto vero. E’ stata e resterà l’olimpiade di Jacobs. Con immenso rispetto per tutti gli altri: il “re” è lui.

 

 

Cerca