Io non c'ero (5) / "Ma tu sai veramente nuotare?"
Domenica 25 Aprile 2021
L'esplosione di Domenico Fioravanti a Sydney 2000, le sue due medaglie d'oro e la confessione di un involontario infortunio verbale coperto da una risata collettiva.
Gian Paolo Ormezzano
Io c’ero fisicamente – compivo 65 anni, era il 17 settembre – ma non c’ero con la testa quel giorno del 2000 a Sydney, Australia, quando Domenico Fioravanti, piemontese come me, nuotatore come io ero stato nel mio variegato sport agonistico da teenager, lui di Novara la città nella quale, chissà perché, per quale deviazione mentale io torinese per anni ho detto di essere nato (forse omaggio precoce ed inconscio al luogo natale di Giampiero Boniperti, novarese tutto Juventus e però mio amico fraterno).
Fioravanti, che ebbe la carriera stoppata nel 2003 da problemi cardiaci, aveva vinto la medaglia d’oro dei 100 rana, primo storicissimo successo olimpico del nostro nuoto. Il gioco dei fusi orari ci permetteva di affrontare l’evento con calma, c’era tanto tempo per scrivere e scrivere, e la conferenza-stampa rituale, affollata dai giornalisti italiani e trascurata dai colleghi stranieri che ben altri nomi solenni si aspettavano dal nuoto, tipo vincitori seriali (ma Fioravanti avrebbe poi vinto anche i 200 …) o bambinette prodigio, e non se ne facevano niente della normalità di quello sconosciutello italiano che – era venuto fuori subito – ad inizio di carriera si allenava addirittura in quelle polle d’acqua che talora nascono, in campagna ma anche in città, quando si effettuano grandi scavi.
Dunque ecco nella sala delle interviste Fioravanti e i giornalisti italiani e fra i giornalisti italiani pure io, deputato ad essere più felice degli altri perché ero stato nuotatore agonistico, quando Carlo Pedersoli non era ancora Bud Spencer però come tritone della Lazio era infinitamente più veloce di me. Su La Stampa Massimo Gramellini, collega mio in quel giornale e in quell’Olimpiade, amico mio geniale, scrisse addirittura un bellissimo articoletto su di me, il mio compleanno, le mie tante Olimpiadi e quella sorta di regalo di un azzurro al nuotatorino che ero stato.
Io delegato a fare domande anche altamente tecniche al ragazzo d’oro, visto che teoricamente di nuoto dovevo saperne più di altri. Io non c’ero con la testa, ero troppo felice per il mio sport acquatico sin lì privo di dorate soddisfazioni olimpiche (Novella Calligaris era arrivata al podio ma non al gradino più alto). Fioravanti, della cui esistenza pochi giornalisti italiani sapevano prima dei Giochi di Sydney, anzi prima di quel giorno a Sydney, Fioravanti strafelice si raccontava anche pescatore e diceva che in quelle polle talora si trovavano già delle anguille portate lì da qualche allevamento, magari proprio dalla mitica Comacchio. la capitale di quel pesce-serpente.
Sapevo che i nuotatori agonistici in genere non amano per niente il nuoto subacqueo, chissà perché. Forse una sorta di paura dell’acqua profonda, dove magari teme di vedere tracciata, sul fondo di qualche mare o lago, quella riga blu che sul fondo vicino della piscina gli suggerisce la direzione ma anche gli ricorda la monotonia spietata degli allenamenti, ore e ore a guardarla. Sino a che appunto il nuotatore scarica su quella riga una sorta di odio (lo ha narrato molto bene Don Schollander, quatttro medaglie d’oro USA ai Giochi di Tokyo 1964, nel suo libro antinuoto, titolo “Deep water”, acqua profonda).
Vabbé, torno a quel 17 settembre 2000, a quell’incontro fra il neocampione olimpico e i giornalisti. Ricordavo quell’avversione per il nuoto subacqueo, intrigava quel ragazzo con le sue polle d’acqua stagnante, e intanto mi sovvenivo di tutto un mondo di atleti, quelli dello sci, della neve, che invece adora proprio le immersioni (ci sarà pure un perché, difficile però da reperire). Ad un certo punto decisi di porre al medagliato fresco la domanda su una sua eventualissima pratica del nuoto sub, visto che lui con le sue polle era decisamente anomalo rispeto ai suoi colleghi. Gli volevo chiedere se sapeva o comunque amava nuotare sott’acqua, al di là anzi al disotto si capisce del poco conseguente al tuffo di partenza, ma chissà come mai, forse per risparmiare tempo, gli chiesi semplicemente: “Ma tu sai nuotare?”. E i miei 65 anni erano ancora pochi per parlare di repente demenza senile …
Ricordo le facce degli astanti, in maggioranza miei colleghi, che sino a quel momento mi sapevano in possesso di mediocri ma sufficienti mezzi psichici. Le loro facce e si capisce quella di Fioravanti. Le loro facce e si capisce quella di Gabriele Romagnoli, grande giornalista-scrittore che sarebbe poi diventato direttore di tutto lo sport RAI e ciononostante sarebbe rimasto amico mio e mi avrebbe ricordato la cosa. Avrei voluto vedere la faccia mia quando finii di ascoltarmi.
Mai più visto Fioravanti da allora, peccato perché sarebbero state risate belle forti. Naturalmente quella volta là avevo cercato di rimediare, completando domanda, ma il mio dire era stato coperto da una collettiva risata continua più forte, fatte le proporzioni, di quella che doveva seppellire il capitalismo, dintorni & contorni.
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