Italian Graffiti / Vengono prima i programmi o gli uomini?
Mercoledì 17 Febbraio 2021
Dopo il passaggio oggi al Senato (e domani alla Camera) il governo Draghi si avvia a diventare operativo. Prossimo passo la nomina dei 40 sottosegretari (anche per lo sport?).
Gianfranco Colasante
Non sono in pochi ad essersi stracciate le vesti perché nel nuovo esecutivo (in via di certificazione) non figura un ministro dello sport: per intenderci colui o colei che dovrebbe sostituire la meteora penta-stellata Vincenzo Spadafora da Afragola. Un incarico che, a quanto si sente dire, farebbe gola a molti ma che pare destinato ad un livello inferiore, da semplice sottosegretario. Sempre che la delega non resti direttamente a Palazzo Chigi, il che non parrebbe proprio un delitto. Tutto si deciderà col bilancino sullo scacchiere delle nomine che in queste ore agitano i sonni dei capi partito. Vedremo a breve.
Intanto, rianimato dai sali del decreto emesso in articulo mortis del Conte-2 (che gli ha promesso, ma non restituito, tutto il maltolto), ma soprattutto dall’entrata in carica del nuovo esecutivo Mattarella-Draghi, il presidente Malagò sta posizionando le sue truppe per la controffensiva e preparando i piani per la campagna di primavera. Diciamocelo a bassa voce: questa faccenda di un ministro dello sport non è proprio la priorità del momento, e non le è mai stato neppure nel passato. Basta scorrere la lista dei politici che si sono succeduti in tale incarico per farsene un’idea. Uno stato di cose destinato a perpetuarsi almeno fino a che non si stabilirà, con una profonda linea rossa, i confini e le competenze dell’universo sport.
Giovanni Malagò è stato eletto per la prima volta al Foro Italico il 19 febbraio 2013 (e confermato l’11 maggio 2017). In meno di otto anni, tanto per appuntargli qualche altra medaglia, ricordiamo che ha dovuto confrontarsi/combattere/barcamenarsi contro almeno 7 - diconsi sette - diversi governi o premier. Per la precisione:
• Mario Monti – fino al 28 aprile 2013
• Enrico Letta – fino al 22 febbraio 2014
• Matteo Renzi – fino al 12 febbraio 2016
• Paolo Gentiloni – fino 1° giugno 2018
• Giuseppe Conte 1-2 – fino al 13 febbraio 2021
• Mario Draghi – dal 13 febbraio 2021
Impresa titanica, la sua. Difficile stilare progetti a lungo termine in tali condizioni. Con qualcuno se l’è cavata con un certo successo, con altri meno. Anche se da sempre, in Italia, il ministro dello sport è stato – e dovrebbe essere – il presidente del CONI: come dire, lui stesso. Certo, se pure non sono comparabili i periodi storici, appare veramente impossibile mettere sullo stesso piano un presidente autocratico e decisionista come Giulio Onesti – in anni nei quali lo sport era tutt’altra faccenda rispetto ad oggi e al CONI non riuscivano neppure a spendere tutti i soldi che arrivavano dal Totocalcio – con un Malagò costretto a preservare le caviglie dai denti di molossi tanto incompetenti quanto affamati e ad arrabattarsi (ora) con pochi spiccioli.
Ma adesso pare che le cose stiano cambiando. L’ultimo capitolo della sua guerra d’indipendenza ha visto Malagò alzare la posta rispetto al contentino ricevuto dal Conte-2. I 165 dipendenti promessi dovrebbero salire ad almeno 230, alla miseria dei 45 milioni di budget annui (meno del bilancio di una squadra di serie C ...) ne andrebbero aggiunti un’altra quindicina. Tanto per cominciare. In attesa che il nuovo governo metta le mani sulle oltre 500 nomine/poltrone da assegnare nelle società pubbliche, in un pericoloso slalom tra incarichi scaduti e in scadenza.
In questo scenario, va sempre tenuto a mente che se il CONI – la sola società pubblica italiana i cui vertici vengono eletti e non nominati dai capricci del momento – gode di un solidissimo riconoscimento nazionale e internazionale, non altrettanto può dirsi di organismi voluti dalla “politica” quali sono l’agenzia Sport&Salute targata MEF, ora nella disponibilità del nuovo ministro Daniele Franco (specchio riflesso del premier), o il Dipartimento Sport creato dal fantasioso Spadafora a Palazzo Chigi. Strutture non proprio in linea con quella invocata razionalizzazione delle spese, spina dorsale del Draghi-pensiero.
Nella immancabile celebrazione corale del nuovo capo del governo – mai dimenticare l’aforisma di Ennio Flaiano … – in questi giorni si è fatto a gara nel ricordare la sua lezione alla Cattolica di Milano conclusa con questo lascito per il futuro: Coraggio, Conoscenza, Umiltà. Se vogliamo già un indicazione di programma che lo sport prossimo venturo dovrebbe adottare al più presto. Almeno a partire dal prossimo maggio, quando Malagò – sempre che riesca a sprintare vittoriosamente su Antonella Bellutti – si avvierà al suo terzo mandato.
Chiosa finale. In una recente intervista televisiva Sabino Cassese ricordava che i programmi “vengono prima degli uomini” e tutti nello studio, compunti, ad annuire. Ma per realizzare i programmi, anche i meno ambiziosi, occorrono gli uomini adatti e soprattutto capaci. E qui siamo al vero nocciolo del problema anche per lo sport. Se il convento CONI è povero, pare che i frati siano piuttosto opulenti. Ma sono anche altrettanto competenti? Malagò dispone oggi degli uomini che possano aiutarlo ad avviare la nuova stagione che tutti attendono da lui o dovrà fare tutto da solo? A costo di sbagliare, al momento mi pare più probabile la seconda opzione. A guardar bene, un’altra profonda differenza da Onesti che gli uomini da mettersi attorno li sapeva scegliere con grande oculatezza. Anche per questo ora lo rimpiangiamo.
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