I sentieri di Cimbricus / The Games must go on
Lunedì 1° Febbraio 2021
Se non ci fossero di mezzo i diritti tv, sarebbe il caso di andare avanti? Ogni tanto qualcuno rispolvera l’etica ed è capace di esprimere quel che è stata smarrita: un’opinione.
Giorgio Cimbrico
Cosa si saranno detti, testa a testa e faccia a faccia, Ibra e Lukaku? Magia nera o imbarazzanti ascendenze bosniache? Non c’è di meglio per le fugaci prime pagine dei siti, per il solito sdegno a comando, per la punizione esemplare che qualcuno invoca perché, come è noto, i campioni devono dare l’esempio. A chi? Perché? Perché sono molto ricchi? Perché sono “arrivati”? Perché tanti sbavano per loro e vorrebbero essere al loro posto a inveire su feticci o su mamme di facili costumi?
Lo sport, come tutto il resto, ha perso quel poco di etica che ancora gli stava appesa addosso e che costituiva una zavorra. Prendete Thomas Bach, molto lontano dal suo omonimo nella creazione di pagine esemplari: ha una paura fottuta, dissimula, dice che alla fine andrà tutto bene (un anno fa era il refrain più udito in Italia e, come diceva Laura Antonelli, “guardate come siamo caduti in basso”), che con i giapponesi si sta lavorando benissimo, che l’obiettivo sarà raggiunto, che gli atleti non dovranno saltare la coda dei vaccinandi: la priorità è per chi è ad alto rischio e per chi opera per un ritorno alla vita che fu e che qualcuno sta dimenticando.
Stadi pieni, stadi a metà, a un terzo, vuoti? Ci sarà tempo per parlarne con Suga, con Mori, con Muto che, malgrado l’apparenza dei nomi non sono sardi, livornesi o lucani, sono giapponesissimi, connazionali della Gola Profonda che ha rivelato al Times che la voglia di mollare e avere un corsia preferenziale per il 2032 sarebbe forte, calda e salda.
La pioggia di smentite non ha impedito alla Florida di conquistare un’apparizione in scena: “datela a noi, siamo pronti”. Miami, Tampa, Orlando sono parchi di divertimento che ai Giochi del nostro tempo garantirebbero un ambiente perfetto: In questo caso, la parola amatissima dagli iloti dell’informazione – location – sarebbe perfetta. Un non luogo, artificiale, un set: i luoghi veri sono altri. La Florida era un cimitero di elefanti, ora è anche uno splendido surgelatore: a 43 anni quasi 44, Tom Brady guiderà i Tampa Bay Buccaneers nel SuperBowl contro i Kansas City Chiefs. La partita che ferma l’America è tra qualche giorno proprio a Tampa, 22.000 biglietti venduti. Un’ennesima prova di fiducia (di confidenza, come si dice adesso) dopo che la “bolla” per le finali NBA ha funzionato benissimo.
Le “bolle” sono la condizione sportiva – non umana – del nostro tempo. Ne stanno formando una per l’Australian Open e qualcuno si sta specializzando nell’allenamento dei topolini che compaiono nelle stanze, richiamati dall’odore del room service. Ne sta per essere istituita una per il 6 Nazioni di rugby: clausura nei centri di allenamento, voli charter, protocolli strettissimi che per il momento non soddisfano i francesi, stadi ovviamene vuoti in un torneo dove il pubblico è sempre stato un magnifico interprete, un protagonista. Qualche giorno fa Robert Kitson del Guardian ha scritto: se non ci fossero di mezzo i diritti tv, sarebbe il caso di andare avanti? Ogni tanto qualcuno rispolvera l’etica perduta ed è capace di esprimere quel che da noi è stata smarrita: un’opinione.
Tonino Guerra diceva che l’ottimismo è il sale della vita. Aleksandr Ceferin, alla guida dell’Uefa, si allinea: Europeo in 12 città, nessun cambiamento di rotta, partite decisive a Wembley. Riempito solo dai richiami dei giocatori?
Come diceva Avery Brundage, the Games must go on. O era Phineas Taylor Barnum?
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