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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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I sentieri di Cimbricus / Le tante vite della centenaria Agnes

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Venerdì 15 Gennaio 2021


keleti


La famiglia cancellata ad Auschwitz, tre Olimpiadi perdute, fino al riscatto di Helsinki e di Melbourne: poi, a 35 anni e da apolide, un nuovo inizio tra Australia e Israele.

 

Giorgio Cimbrico

“Il medico mi ha detto di non esagerare con gli esercizi e io gli ho risposto: dottore, nella vita la salute è tutto”: l’immortale ha sempre una gran voglia di prendere la vita con allegria, di percorrerla passo dopo passo. Capita da un secolo esatto e tondo a Agnes Keleti, la più anziana olimpionica in vita, la ginnasta che alle spalle ha le vicende più drammatiche di quello che un grande storico ha chiamato il secolo breve. Breve può darsi; di sicuro, sanguinoso.

Agnes nasce a Budapest nel gennaio del ’21, nella nuova Ungheria nata dopo la pace di Versailles e all’indomani del tentativo, presto abortito, di farne una repubblica sovietica. Cresce in una città che, come Praga e Varsavia, ha una forte comunità ebraica in un paese che non ha mai nascosto il suo anti-semitismo.

“Decisi di non indossare la stella gialla che veniva imposta. Riuscii a comprare dei documenti falsi, mi rifugiai in campagna e lavorai in una fattoria”. Il padre e gli zii finirono e sparirono ad Auschwitz, come altri 550.000 ebrei-ungheresi inviati nei campi di stermino, specie nell’ultima fase del conflitto quando il regime delle Croci Frecciate, di ispirazione nazista, setaccia a rastrella. E’ il periodo in cui Giorgio Perlasca e lo svedese Raoul Wallenberg riescono a mettere in salvo migliaia di israeliti, creando documenti falsi, inventando rifugi sotto protezione diplomatica.

Agnes attende, lontana da quel che è rimasto della sua famiglia: le Olimpiadi del 1940 e dl 1944 sono state cancellate e quando il mondo prova a riunirsi in nome dello sport – a Londra, nel 1948 – un infortunio la taglia dalla spedizione: nel concorso a squadre l’Ungheria è seconda, con lei il sorpasso sulle cecoslovacche avrebbe avuto basi molto reali. Ha 27 anni e la carriera appena abbozzata ha tutta l’apparenza di esser già finita. Indomabile, riesce a strappare la selezione per i Giochi di Helsinki: è il 1952, ha 31 anni e torna con quattro medaglie, una, al corpo libero, strappata alla sovietica Maria Gorochovska, è d’oro.

Un riscatto, ma non le basta. Nel ’56, trentacinquenne, parte in nave per Melbourne e nella lunga traversata i dissapori tra ungheresi occupati e sovietici occupanti (e proprio in quei giorni, invasori rombanti sui T34) cominciano a produrre scintille che di lì a poco produrranno la battaglia acquatica nei quarti di finale del torneo di pallanuoto.

L’Urss presenta il prodigio che viene dall’Ucraina: Larisa Latynina ha 22 anni ed è destinata a diventare la più grande collezionista di medaglie della storia olimpica (diciotto), battuta solo mezzo secolo dopo da Michael Phelps. Ma a Melbourne, di stretta misura, ha la meglio Agnes: quattro medaglie per l’una e per l’altra, due argenti l’ungherese, un argento e un bronzo la sovietica. Nessun ritorno trionfale in patria: a Budapest la rivolta è stata appena soffocata nel sangue.

Agnes e altri 43 atleti chiedono asilo all’Australia: è iniziata la diaspora dello sport ungherese. L’anno dopo i inizia la sua nuova vita che va avanti da tre quarti di secolo: allenatrice in Israele. Solo un altro atleta di radici ebraiche ha conquistato più medaglie d’oro: Mark Spitz.

 

 

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