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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Nascosti dietro il sipario strappato

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Lunedì 10 Febbraio 2020

 

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“Il caos domina il sistema da quando pretendono di mischiare agonismo professionale con tutto il resto. Roba da dilettanti allo sbaraglio, aspettando i voti della giuria come a Sanremo, villaggi del pensiero che ci sfuggono.”

Oscar Eleni

Sul mare danese, maledicendo schiena ed anca che impediscono una rimpatriata da Alceo sul mare di Pesaro. Destino. Cattiveria del tempo che passa in fretta e ti lascia stordito nel tripudio di Sanremo, felice che al mondo ci sia un coreano capace di stupire persino questa America degli Oscar da bagno, sentendo un fremito caldo come quelli che se la fanno addosso per piacere, gli eroi del wetting, quando Spike Lee, un genio ribelle, un grande, si presenta sul tappeto rosso delle gioie cinematografiche con un vestito giallo e viola nel ricordo di Kobe Bryant.

Emozioni cercando un sipario da strappare con la grinta di Paul Newman sapendo che Hitchcock è tornato per mandare in confusione quelli del calcio adesso che Sarri è davanti alla ghigliottina e il boia potrebbe essere Conte, ma forse anche Inzaghi che guida così bene la Lazio costruita usando il cervello e non le trombe.

Per la verità il caos domina il sistema da quando pretendono di mischiare agonismo professionale con tutto il resto. Roba da dilettanti allo sbaraglio, aspettando i voti della giuria come a Sanremo, villaggi del pensiero che ci sfuggono. Meglio andare dietro a Cimbricus che con anticipo ci aveva già cantato il bambino d’oro Duplantis che con l’asta vola oltre i 6 metri e 17, felici di sapere che Larissa Iapichino sarà protetta da chi è pronto a sacrificarla per nascondere le troppe cose che non vanno nell’atletica italiana che pure getta il peso delle sue angosce lontano con il colosso Fabbri e ci fa sperare che Tokyo non sarà l’Olimpiade dove ci si lamenterà soltanto del caldo e dell’umidità.

Dicevamo del sipario strappato dietro al quale si nasconde il basket italiano che chiude la parte fredda della stagione lasciando Trieste in zona rossa, retrocessione, mandando in mona arbitri da commissariato di zona, portando a Pesaro le 8 migliori e, dopo tanto tempo, senza sapere chi potrebbe solo perderla questa coppa. In passato lo si diceva dell’Armani che spesso ha accettato il consiglio. Questa volta non sapremmo davvero dirvi chi è favorito e la speranza di avere l’astronave pesarese con tribune piene deve venire da uno spiritoso santo perché, cara gente, portiamo in scena qualcosa che sembra come i film trombati all’Oscar, più Scorsese di “1917” e il suo viaggio che rivoluziona le inquadrature nel cinema moderno alla ricerca d’ispirazione nelle tragedie del passato che sembrano mancare alle manine di merda capaci di andare di notte per portoni lasciando i loro escrementi mentali.

A Pesaro, a Pesaro, ma per vedere cosa direbbero le figlie di Cechov? Beh la finale di Coppa Italia, prima porta per andare nell’europea che conta.

Chi ne sa più di noi e forse anche del Messina che continua a mangiarsi il fegato, questa volta non saprebbe davvero trovare un motivo per scrivere sul quaderno il nome della favorita: un euro, gratti e vinci un milione come quel tipo a Roma che ha schivato una lattina nascosta nelle tubature da troppi anni per non riderci sopra come quelli che ancora cercano una uscita alla stazione Barberini del metrò riaperta dopo un anno proprio da Hitchcock che ora nasconde il modo per andarsene all’aperto.

Avrebbe dovuto essere la Virtus Bologna, dominatrice in campionato, ma la squadra di Djordjevic si è perduta alle Canarie, lasciando la coppa Intercontinentale FIBA (robetta, ma pur sempre prestigiosa) al Tenerife di Marcelino Huertas, la vendetta della Fortitudo che con lui non fece molta strada, e Shermadini, uno cacciato per magrezza fisica e tecnica dal nostro campionato non tanto tempo fa.

Tenerife non vale Real, Barcellona, Valencia, Vitoria, insomma nel campionato spagnolo galleggia, eppure batte la nostra capolista che va appena oltre i 70 punti. Ci diranno che era in casa con arbitracci FIBA simili a troppi dei nostri che ancora pensano di essere padronicini della balera con la storia dei falli antisportivi, una troiata tipo i falli di mano nel calcio che vorrebbe difensori senza braccia. Una regola che doveva impedire la caccia all’uomo nei finali, ma non per far godere chi non vede l’ora di andare al Var e stare un po’ più di tempo in televisione, anche se non è un genio come Fiorello.

La verità che nessuno osa dire è che siamo in una fase della stagione dove i giocatori ascoltano annoiati allenatori magari bravissimi, ma con attenzione chi suggerisce il mal di pancia se il contratto non viene rinnovato già adesso. Lo capisci da certe facce, anche se poi potrebbe essere soltanto gelosia o iscrizione al gruppo dei borghesi piccoli piccoli, come sembra succedere da troppi anni all’Armani.

Ecco, la squadra di Messina si diceva, doveva essere pronta per portare a casa il primo macinato del mulino basket. Se è così facciamo fatica a credere che dicano la verità dopo averli visti perdere in casa, partita e credibilità europea, contro Berlino, valutando la vittoria contro Cremona al Forum che rende ancora più nebuloso lo stesso scontro giovedì nei quarti a Pesaro. Milano e le sue mollezze da ricca, la sua difesa che continua ad avere più giocatori col piumino che con lo scudo o una lancia. Vedremo se il mare di Pesaro porterà sale su queste ferite apertissime e davvero sarebbe un capolavoro messiniano se questa Armani da via Manzoni, ma anche da parco Sempione, arrivasse alla coppa vincendo tre partite non facili in quattro giorni: eh sì, se batterà Cremona, detentrice del trofeo, poi dovrà vedersela con la Reyer campione d’Italia che, magari, andrà a sbattere, con la sua maschera per un carnevale in acqua alta, contro la Virtus Bologna stanca ed avvelenata.

Diciamo pure che l’Armani andrà oltre questo Mose cestistico, ma poi le toccherà essere ancora più brava per sistemare la vincente dell’altra parte di un tabellone che segnala Sassari come favorita, ma Brindisi potrebbe non essere d’accordo.

Confusione che non diverte, anche se animerà le dirette televisive, il paciugo del matrimonio morganatico RAI-Eurosport mentre il triumvirato dei saggi fra i “messaggi” del volgo cestistico, stanno cercando una televisione che sia meglio dello specchio fiabesco dove la regina cattiva non riusciva mai a capire se era davvero la più bella del reame.

Pagelle che danno il massimo alla coppia Fiorello/Amadeus, anche perché il presentatore con la maglia di Lukaku deve avere una maga in tasca se dopo il successo con share da super è riuscito anche a vedere ribaltare il derby di San Siro che sembrava avere più creativi in tribuna che sul campo, nel Milan due passaggi in fila venivano premiati con un viaggio alle Maldive. Lasciando nella categoria zero scarabocchio i magliari del pennarello che sfasciano lapidi, eroi dell’olio di ricino mai estinti, liberi come gli assassini di Bachelet o Tobagi, eccoci sul campo danese che guarda il mare inseguiti dai catastrofisti per l’elezione nel governicchio che dovrebbe tutelare giornalisti malati, pensionati, giovani sfruttati e sfrattati da padroni generosi, ma lontano dalle redazioni.

Pagelle

10 Al CARREA pistoiese che sta portando verso la salvezza una squadra senza santi in paradiso, a parte il vecchio presidente, ultima legione di un basket fatto con il poco che passa il convento. (foto Pistoiabasket2000).

9 Al BRIENZA trentino che ha ribaltato la sua amata culla canturina portando in zona play off le Aquile a cui piace da sempre più il ritorno dell’andata.

8 A SACCHETTI se davvero riuscirà a cambiare abito in queste giornate confuse fra una Coppa Italia difficile da difendere ed una Nazionale tutta nuova che sembra anche perdere pezzi prima di ritrovarsi se Pecchia non ce la fa, se Tessitori zoppicherà come al Taliercio, senza considerare altri degenti come Tonut. Intanto la trasformazione di Akele ci dice che non è vera la voce sul suo blando lavoro in palestra. Guardi Cremona e trovi una squadra, una famiglia. Non era facile.

7 Al MESSINA che vede meglio una serie A a 14 che a 16 o addirittura 18, al DE RAFFAELE che vede una Reyer tonica e reattiva. Ci hanno convinti che questo basket è pieno di ottimismo. Sano? Mah.

6 A Piero BUCCHI se dovesse davvero essere sostituito sulla panchina della Rometta, tradita da troppi giocatori indolenti, perché almeno lascia in eredità Baldasso e Alibegovic che hanno fatto veri passi avanti come uomini e giocatori.

5 A MENETTI se non andrà in piazza dei Signori per urlare che questa bella Treviso con una pedina in più oggi sarebbe nei play off e non nella notta per la salvezza.

4 A PESARO che ospiterà la finale di coppa Italia sapendo che la sua squadra è sulla barca di Caronte per scendere verso altre categorie, magari non inferno, ma praterie lontane da quelle dell’epopea Scavolini. Possibile che il grande Valter non senta una stretta al cuore?

3 A TRIESTE che si è fatta rimontare nell’ultimo quarto come in troppe altre partite. Siamo amareggiati e la paura di perdere una piazza come questa ci farebbe andare in piazza per chiedere a Petrucci di far arrabbiare tutti con un campionato a 18 squadre per la prossima stagione.

2 Ad ABASS e compagnia cantante della Brescia dai troppi volti se continueranno ad attentare alla salute di Vincenzo Esposito uno che non le manda a dire e, se proprio lo stuzzicano, se ne va anche.

1 Alla VIRTUS di Tenerife che sembrava aver perso le certezze di una bella stagione. Attenti ragazzi con la Vu annerita che Djordjevic conosce certi polli e li spenna.

0 All’ARMANI che non può sentirsi assolta e sollevata dopo la sconfitta contro Berlino per la figura quasi decente di Barcellona, non capita sempre che ci sia uno come Tomic dall’altra parte, per la vittoria in volata contro Cremona che forse era più in maschera di lei. Il tempo delle rose dovrebbe essere finito, ora avanti con la battaglia dei fichi d’India, che pungono gli incauti.

 

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