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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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I sentieri di Cimbricus / La ballata dei (nuovi) membri CIO

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Venerdì 12 Ottobre 2018

 

malago-cio 

 

Altri nove membri accolti nel CIO nella Sessione di Buenos Aires. Tra essi, a titolo individuale, Giovanni Malagò.

 

di Giorgio Cimbrico


Ricordo che 25 anni fa, all’assemblea che votò Sydney sede dei Giochi Olimpici del 2000, l’ufficio stampa del CIO, al tempo presieduto da Juan Antonio Samaranch, marchese Samaranch, mi consegnò un bel volume bianco, rilegato, con le biografie dei membri del CIO stesso. La votazione finale e la necessità d buttare giù, in tempi contratti, le mie 80-100 righe, mi strappò dall’avvincente lettura di quelle vite, di quelle benemerenze.

Accanto a teste coronate come il Granduca del Lussemburgo o Anna, Royal Princess, era agevole rinvenire i presidente dell’ordine dei dentisti del Togo e un altro maggiorente africano, di cui non mi sovviene il paese d’origine, riuscito in una prodigiosa e rapidissima carriera militare: da sergente a generale. Posso dire che non si trattava né di Bokassa né di Amin Dada che pure, da peso massimo, aveva preso parte con un certo successo ai Giochi militari dei paesi del Commonwealth.

Di sicuro c’è che al CIO hanno sempre praticato l’ecumenismo, senza badare a origini illustri o umili, a percorsi di vita, a colore della pelle, a razza e religione (la foto che pubblichiamo, con i nove membri eletti a Buenos Aires, lo mostra ampiamente). Non è esatto chiamarli, come spesso è capitato di vederli etichettati, cardinali dello sport: al conclave si partecipa solo se si è cattolici. Al CIO non si fa questione di credo. Di recente, semmai, questione di Creso, come il ricchissimo re di Lidia.

Smessi i vecchi panni, accantonati i vecchi ideali tipo Citius Altius Fortius, i membri del CIO si sono trasformati in un consiglio d’amministrazione che governa un’azienda che può conoscere degli alti e dei bassi, ma può esporre fatturati mostruosi perché il prodotto venduto non passa di moda e soprattutto è gradito ai politici, per non parlare della schiera di imprenditori che da essi dipendono. Prendete un paio di fatti recenti: dopo sessant’anni abbondanti di frizioni, le Coree si abbracciano e cosà chiedono per il 2032? I Giochi, naturale. E l’Indonesia, ancora investita dallo tsunami, si fa avanti per la stessa data. I Giochi sono il simbolo della pace, della fratellanza, del riscatto, della resurrezione. Normale che qualcuno ci guadagni qualcosa, anzi molto, moltissimo.

Quando in passato qualcuno ha esagerato, è partita l’operazione Augia, che sarebbe il tipo che teneva le stalle così sporche che Ercole impiegò una delle sue fatiche per dare una ripulita. Da quel momento è partita un’operazione di make up e di chirurgia estetica degna di Joan Collins o di Cher: integrità, processo di selezione trasparente, guerra al gigantismo, eredità da lasciare alle generazioni future sono alcuni dei postulati. E attenzione massima alle novità, a tutto quello che piace alla gente e soprattutto ai giovani, linfa vitale: snowboard, skateboard, giochi elettronici, breakdance, basket tre contro tre, gare ambo i sessi. Mi  sembra strano che, con i prossimi Giochi a Tokyo, non sia stato previsto un ingresso del pachinko, quel biliardino dove centinaia di palline girano vorticose.

Se Giovanni Malagò fosse inglese e non capitolino, un giornale popolare di grande tiratura potrebbe insinuare che la sua accoglienza nella famiglia olimpica non può che preludere all’ingresso nel programma del 2024 o del 2028 di una disciplina amata dal neo-membro: il calcetto o calcio a cinque, o calcio da camera, da giocare in campi piccoli, dai costi contenuti e destinati a sicura legacy. In formato lillipuziano quanto a tradizionali partecipanti, non è  forse già entrato a Rio il rugby a 7?

Per finire, complimenti, auguri di buon lavoro e qualche rima baciata:

Eia eia, Osanna, Osanna
Malagò siede a Losanna
Con carisma e con gran cura
spingerà candidatura
che in barba ai filistei
deve andare al 26
Con Cortina e con Milano
un futuro non lontano
Oggi, assiso tra quei saggi
può dimenticar la Raggi

 

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