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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Saro' greve / Il triangolo d'oro dell'atletica italiana

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Lunedì 30 Aprile 2018

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Tra certezze storiche e ricordi personali, un viaggio dalla riva destra dell'Adige fino all'Arena napoleonica.

di Vanni Lòriga

Pagine di giornale ed incontri alla TV per ricordare e festeggiare il compleanno di Sara Simeoni. Non è educato ricordare l’età di una Signora, per cui ci limiteremo a comunicare che è nata a Rivoli Veronese il 19 aprile 1953. A seguire la luttuosa notizia che, pochi giorni dopo il suo fausto genetliaco, ci ha lasciato Walter Bragagnolo, il professore e tecnico che fu il suo primo allenatore. Questo sincrono verificarsi di eventi ci induce a fare un duplice balzo: nel passato prossimo (e come si vedrà anche remoto) e nel territorio dove loro sono nati ed hanno operato.

Questa foto profetica, scattata da Giuseppe Armenise, il "fotografo" dell'atletica che ci ha lasciato troppo presto, risale al 7 luglio 1971: quel giorno Erminio Azzaro con 2.15 e Sara Simeoni con 1.76 vinsero entrambi il titolo nazionale.

Ci trasferiamo subito a Verona, nella zona dove fu realizzato il Campo Scuola di via Basso Acquar. Si tratta di località storica, legata anche agli anni iniziali dell’attività atletica di Sara che qui sostenne i primi allenamenti, passando dalla tecnica di salto con lo stile a forbice al nuovo dorsale, con una variante che spiritosamente venne definita il “Bragagnolo flop”. Ora quella struttura fa parte del Centro Sportivo Adolfo Consolini. Premesso che i lavori per il rifacimento della pista sono ripartiti da pochi giorni con gli inevitabili ritardi annuali, ricordiamo che proprio qui il grande discobolo disputò le sue ultima gare. Le prime le aveva affrontate nel vecchio Stadio Bentegodi, luogo ove ora è stato realizzato un parcheggio coperto. Ricordiamo che Adolfo e Sara sono figli di un territorio sulla riva destra dell’Adige che si affaccia sul Garda.

Gianni Brera, dalla zolla a farinacei e proteine

Consolini nacque a Costermano; la Simeoni a Rivoli Veronese, paesi che distano fra di loro una decina di chilometri. Ed è singolare pensare che in questa zolla di terreno abbiano avuto le radici i due migliori rappresentanti della nostra Atletica, entrambi Campioni Olimpici e primatisti mondiali a ripetizione. Le loro biografie sono note e facilmente consultabili. Ma il particolare più interessante di questo viaggio nel Veneto è la conferma che le teorie sicuramente balzane del grande scrittore Gianni Brera sulla inferiorità genetica (dovuta ad una alimentazione ricca di farinacei e carente di proteine) sono smentite dai fatti. Aggiungiamo che un altro campione giunto al primato mondiale, il giavellottista Carlo Lievore, era nativo di Carrè, paese del vicentino che in linea d’aria dista dai citati luoghi gardesani una cinquantina di chilometri. Insomma, abbiamo un triangolo isoscele in cui, a base di polenta, sono cresciuti insuperabili campioni …

Il giavellotto che volò sulla curva dei fondisti

Un minimo di esibizionismo mi obbliga a ricordare che, alle ore 17.45 del primo giugno 1961, fui tra i non numerosi fortunati che nell’Arena Napoleonica assistettero al lancio record di Lievore a 86,74 metri (senza ignorare un successivo 85.50). Posso testimoniare a proposito di quella gara che il giavellotto prima di conficcarsi nella pista sorvolò i concorrenti dei 10.000 metri di corsa, che in quel momento erano condotti da Antonelli che sbarrò gli occhi per il terrore, Antonio Ambu, che poi vinse, era alla ruota e correndo, come al solito, a testa bassa non si accorse del pericolo e seppe del rischio corso solo a gara conclusa.

Ho anche un preciso ricordo della prima volta che vidi in pedana Adolfo Consolini. Era esattamente il 15 settembre 1940, Stadio Mussolini di Torino, incontro Italia-Germania: il nostro discobolo fu vittorioso con un lancio di 50.24 battendo il forte tedesco Trippe (cognome che in noi balilla, regolarmente inquadrati, suggeriva spiritosissimi commenti).

La cartina di tornasole di Eddy Ottoz

La scoperta di Sara Simeoni come candidata ad essere olimpionica e primatista mondiale avvenne invece nell’agosto 1971 ad Helsinki durante i Campionati Europei. Il mio collaboratore di destra, un certo Eddy Ottoz, mi rivelò la cartina di tornasole per individuare i futuri campioni. “Sono gli atleti che debuttando in campo internazionale, in condizioni difficili e soprattutto in giovane età stabiliscono i loro primati personali. E qui lo hanno fatto Sara Simeoni, anni 18, e Pietro Mennea, anni 19.”

Aveva visto giusto il saggio Eddy. Sara migliorò il suo record e ancora meglio avrebbe fatto l’anno dopo a Monaco olimpica con un progresso di quattro centimetri. E replicò il suo 2.01 mondiale anche agli Europei di Praga, in una gara dalle tensioni quasi mistiche. Furono anche le grandi giornate di Pietro Mennea. Ed in progressione record mondiale e titolo Olimpico a Mosca insieme a Sara. Anche Mennea veniva da una civiltà in cui il Plasmon dei ragazzini era pane e pomodoro. Ma l’infallibile Brera ipotizzò addirittura che Pietro avesse le caratteristiche somatiche del ligure …

Per concludere con le valutazioni previsionali di Eddy ricordiamo che un altro azzurro stabilì ad Helsinki il suo vero personale sui 400 metri. Si trattava di Marcello Fiasconaro che poi fu primatista mondiale sul doppio giro di pista. Si obietterà che March fosse nato e cresciuto in Sudafrica: vale però ricordare che le sue radici sono in Sicilia. Tante teorie e credenze su origini ed abitudini alimentari degli atleti vanno sicuramente riviste.

 

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