- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / La Ferrari e i coriferi dell'ultima ora

PDFPrintE-mail

Lunedì 2 Ottobre 2017

ferrari-singapore 2

di Giorgio Cimbrico

Al confronto, il Graal è un soprammobile che ogni tanto ci si ricorda di ripulire dalla polvere, di lucidare. La Ferrari – in Italia, naturalmente - è una cosa diversa, preziosa come la Stella dell’India, come l’Arca dell’Alleanza. Tutto è concesso, tutto è autorizzato, e la corte dei corifei, degli adoratori, dei reggicoda è più numerosa dell’esercito dei soldati di terracotta. Non sto parlando dei sudaticci tifosi che si riversano come una mandria, come un gregge, ma di coloro che commentano, che conducono e ricoprono il ruolo di qualificati ospiti.

Secondo quest’ultima categoria, la Ferrari doveva o avrebbe dovuto far doppietta a Singapore e a Sepang. Nella città dei leoni, collisione dopo pochi secondi e zero spaccato; in uno dei sultanati che compongono la Malaysia, un motore rotto in qualifica (Vettel) e un motore rotto in partenza (Raikkonen). Naturalmente si tratta di particolari, di spigolature: quel che conta è la “rimontona” di Vettel, quarto per vedere aumentare il suo distacco da Hamilton che di volta in volta è esitante, poco sicuro, ragioniere, oculato amministratore. Che lui e la Mercedes stiano dominando la F1 è un particolare che i corifei fanno correre come un pesce. In realtà è andata bene, benissimo, e adesso tuffiamoci in quel che rimane: la Ferrari vince sempre e la Mercedes perde sempre, vedrete come va a finire.

La Ferrari è il maggior simbolo di tutto quel che viene strombazzato come “eccellenza italiana”. Deve, sottolineato deve, accendere questo nazionalismo storto, deforme, anche se, come fa notare da anni un vecchio e caro amico e collega, a guidarla non è mai un italiano. E allora, osserva lui, come si fa a fare il tifo per una macchina?

Il problema è che le storture, le deformità sono la merce corrente di questo mondo-mostro che hanno creato, in cui la normalità è stata spazzata via, sostituita dalla convenienza bottegaia di chi ha pagato (i diritti tv) e deve venderli a chi sempre più passivo sta seduto di fronte a un video. Deve essere rassicurato, non può esser lasciato in balia della delusione. E così, è necessario inventarsi il migliore dei mondi possibili e se non si materializza, amen. Domani, come un palloncino, ne gonfieremo un altro. E se lo spillo della realtà lo bucherà, avremo altre occasioni. Il popolo schierato e consenziente di un 1984 che non prevede avvicendamento del calendario è sempre più fedele sempre più attonito, pronto ad assorbire parole vuote, concetti che sembrano i baccelli dell’invasione degli ultracorpi.

La F1 non è uno sport olimpico – c’è stato un momento in cui è stato proposto, maledetto in eterno sia chi lo ha fatto – ma non è che anche nel nostro alveo le cose vadano bene. Tutto, ormai, è nelle mani del Capitale e tutto quel che aveva eccitato le nostre generose menti adolescenziali e giovanili è stato spazzato, sino a concederci quello che TS Eliot chiamò Waste Land, Terra Desolata. Resistere è rifugiarsi nella nostalgia? E’ non concedere più spazio a chi urla “incredibile”? E’ praticare dialoghi socratici o platonici con pochi amici fidati?

This e-mail address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it  

Cerca