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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Saro' greve / Quando Zabala corse davanti al solo Stalin!

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Lunedì 2 Ottobre 2017

zabala-1

di Vanni Lòriga

Sollecitato dagli intriganti articoli di Cimbricus (che ha italianizzato il suo nome in Cimbrico) amplio il discorso sulla maratona. Lo faccio parlando del passato, perché sull’attualità confermo che preferisco non esprimermi. Dopo aver consultato il recente esame autoptico del nostro direttore c’è poco da aggiungere in merito ... Riparto quindi dal mondo dei ricordi ed allego, per rendere più agevole il racconto, un documento ormai datato. Si tratta dell’invito a partecipare, il giorno 2 settembre 1982, ai festeggiamenti indetti presso la Presidenza della Repubblica Greca per celebrare i 70 anni della Federazione Internazionale di Atletica (IAAF).

Sul retro ci sono le firme di alcuni degli ospiti, tutti olimpionici inviatati da Primo Nebiolo che queste cose, come tante, altre progettava e realizzava in grande. Il primo autografo in alto a sinistra è quello di Zabàla ma come maratoneta non è solo. Gli tengono ottima compagnia altri fenomeni della specialità come Emil Zatopek e Sohn Kee-Chung.

autogr 3

Juan Carlos, “el nandù criollo”

Debbo però partire proprio da Juan Carlos Zabàla che merita la precedenze non solo per motivi cronologici. Vincitore nel 1932 a Los Angeles fu ed è il più giovane ad aggiudicarsi l’oro nella gara simbolo dei Giochi. Essendo nato l’11 ottobre 1911 non aveva ancora compiuto i 21 anni quando il 7 agosto tagliò il traguardo del Coliseum. Era un minorenne e divenne il primo olimpionico dell’America meridionale.

Ma tutta la sua vita potrebbe essere la trama di un film. Abbandonato dai genitori, trascorse i primi dieci anni in un orfanotrofio sino a quando non venne adottato da Alexander Stirling, appassionato di sport che ne coltivò le qualità atletiche. Venne per la prima volta in Europa nel 1931 e festeggiò il ventesimo compleanno stabilendo a Vienna il primato mondiale dei 30 chilometri (correndo contro una staffetta di atleti austriaci) in 1 ora 42’30” e 4/5. Una settimana dopo si affermò nella maratona di Kosice in 2h33’14”.

Zabàla, che era soprannominato “el nandù criollo” (il nandù è uno struzzo argentino) si trasferì in California alcuni mesi prima dei Giochi di Los Angeles 1932 ed il 25 giugno partecipò ad una “preolimpica” organizzata dal Los Angeles Times, sponsor della prova di maratona. Il ragazzo argentino si portò subito in testa ma dopo otto minuti e mezzo accusò fastidio ad un piede. Il suo allenatore Albert Michelsen gli ordinò di ritirarsi. Saggia decisione perché fu poi il protagonista della

Gara olimpica, disputata il 7 agosto. Assente il grande favorito Paavo Nurmi, accusato di aver “preso denaro” in una certa tournèe in Germania, Juan Carlos si inserisce nel gruppo di testa. A metà gara resta solo, accumula un vantaggio di circa un minuto che gestisce superando una crisi finale da fatica. Chiude in precedendo di 19 secondi l’inglese Ferris e di 36 il finlandese Toivonen. Viene giustamente promosso ad eroe nazionale.

Lo strano invito a Relenaya Roshca

Ma le cose più curiose della sua carriera atletica ce le racconta proprio lui nel famoso ricevimento nel Palazzo Presidenziale di Atene. “Il 19 aprile 1936 – ricorda – migliorai a Monaco di Baviera il primato mondiale sui 20 chilometri. Corsi in 1 ora 4 minuti e 2 decimi, oltre trentotto secondi meglio di un certo Paavo Nurmi … Fu una impresa storica ed infatti ricevetti uno stranissimo invito. Mi volle vedere in azione un certo Josif Vissarionovic Dzugasvilij, più noto come Stalin. Mi ospitò nella sua residenza estiva di Selenaya Roshcha, a Sochi. Ero lì per correre e corsi. Dalla tribuna mi seguiva un solo spettatore: era lui, Stalin”.

zabala

E’ noto che il “piccolo padre” amava molto il cinema, ma seguiva i filmati in solitudine, per non rivelare ad altri le proprie emozioni. Voleva d’altra parte sapere tutto di tutto. Appassionato di danza invitava spesso, nella Sala San Giorgio del Cremlino, Olga Lepeshinskaya, stella del Bol’soj. Le raccomandava di indossare un vestitino più leggero del solito tutù … (Armando Torno, Corriere della Sera, 12 maggio 2006).

Tornando a “Zabalita”, altro vezzeggiativo del cursore argentino, a Berlino 1936 fu alfiere della sua squadra e nella maratona sempre in testa per oltre metà gara, prima di ritirarsi. La gara fu vinta dal coreano Sohn Kee-Chung che a quei tempi rappresentava il Giappone con il nome di Kitei Son. Prima di rivederlo ultimo tedoforo ai Giochi di Seul ci tenne, nell’autografo che rilasciò, a chiarire che il suo Paese vero era la Corea.

In quel documento ci sono firme illustri. Fra tutte mi è cara quella di Elizabeth "Betty" Cuthbert. Da poco ci ha lasciati. La ricorderò come si deve a fine novembre, per ricordare le sue medaglie d'oro di 61 anni fa, E non solo quelle.

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