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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Giochi gia' fatti, senza un goccio di pathos

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Mercoledì 30 Agosto 2017

go-2024-2028 2

di Giorgio Cimbrico

Tra le tante emozioni che hanno estirpato dalla nostra vita, c’è anche quella legata come l’edera al voto per la città olimpica e a tutto quello che lo precedeva: maschere e pugnali, notti insonni, reparti che, come i sassoni alla vigilia di Lipsia, passavano dall’una all’altra parte dello schieramento, voti venduti, voti comprati, promesse, sospetti, regali costosi, spartizioni, conclavi che si trasformavano in mercati, stalle che bene o male sono state lavate, teste coronate, miliardari, sergenti diventati generali, presidenti dell’ordine dei dentisti africani, cardinali sui generis con servizio di limousine. Tutto sommato, era un mondo divertente: sarebbe piaciuto a Evelyn Waugh, si fosse interessato di sport.

E un certo clima di complotto, di corruzione che inevitabilmente chiamava in causa qualche esotico dignitario,  avrebbe creato qualche prurito narrativo a Eric Ambler. Per chi andava con l’incarico di coprire l’evento era una buona occasione per entrare in contatto con quel mondo, scrivere qualche buon pezzo di colore. Al momento del verdetto, poi, la sorpresa era appiccicata alla facciata come quei mostri che dalle cattedrali medioevali fanno precipitare acqua piovana su incauti ammiratori.

Nell’89 chi non aveva già preparato la pagina sul ritorno dei Giochi ad Atene, a cento anni dalla rinascita decoubertiniana? Vinse Atlanta e non fu piacevole. E quattro anni dopo, a Montecarlo, avute solide assicurazioni da Franco Carraro e da Primo Nebiolo (Luciano Barra conosce altri interessanti risvolti, con particolari di ginnastica facciale), gli inviati in loco prepararono le loro 100 righe sulla coraggiosa apertura dell’ennesima frontiera: Pechino. Solo che vinse Sydney ed erano le 8 di sera passate quando il marchese Samaranch lo annunciò e la salvezza avvenne da una politica antifumo non feroce come oggi: con mezzo pacchetto di Camel spedito nel sistema respiratorio, il pezzo totalmente riscritto venne inviato in redazione in tempi decenti.

Sono sempre stato piuttosto veloce nel concepimento e nella stesura, ma quella volta ero stato colpito sotto la cintura. Ovviamente non solo io. Altrettanto ovviamente Gpo, Giampaolo Ormezzano (era il caso di precisare?) vinse la gara con molte incollature di vantaggio sul resto del gruppo. Il purosangue corrono più degli altri.

Oggi tutto è cambiato. Il CIO si è trasformato sempre più in un consiglio d’amministrazione che ha in cura molti miliardi di dollari, che è giustamente preoccupato sul futuro (l’Olimpiade interessa ancora? E a chi?) e così, più che affidarsi al voto, pianifica.

Tra un paio di settimane, a Lima, neanche un goccio di pathos: Parigi avrà i Giochi del 2024 (a cent’anni dai “Carri di fuoco” di Abrahams, Liddell, Nurmi e Weissmuller) e Los Angeles, nel 2028, raggiungerà a quota 3, Londra e la capitale francese. Quelli che andranno, di cosa scriveranno? Di una lontana alba italica da proiettare nel 2032 o 2036 all’ombra del Vesuvio come caldeggiato da Renzi? Di Giochi invernali tra Milano e Bormio?

Se permettete, un repertorio moscetto se paragonato a quel che ci ha concesso il passato. A Losanna, vent’anni fa, a parlare venne Mandela e ci ritrovammo ad ascoltarlo con le lacrime agli occhi. Deve esser capitato lo stesso a chi si trovò faccia a faccia con Gandhi. Per l’Italia, in quell’occasione c’era Rutelli.  

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