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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Londra '17 / L'Africa corre sempre piu' forte

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Sabato 5 Agosto 2017

farah-podio

di Vanni Lòriga

Ho sempre amato la corsa dei 10.000 metri piani. I motivi sono molteplici. Li elenco. Il primo è legato al fatto che disputai la gara per un paio di volte quando militavo nel CUS Roma di Giuseppe Cuccotti. Gli studenti della Sapienza disdegnavano in genere le gare lunghe. Uno dei più audaci era Mauro Mellini, poi deputato radicale e fautore del divorzio (e membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura), che si avventurava sino a disputare prove sul doppio giro di pista. Era soprannominato “nuvoletta” perché quando partiva con le prime falcate sollevava zolle di tennisolite. Gino Roghi, matematico in seguito valorosissimo docente a San Pietro in Vincoli, era titolare della prima frazione della 4x100 azzurra ed un paio di volte, per esigenze societarie, affrontò i 400 metri.

Rischiò di andare sotto i 50 secondi netti e lo ricordo sdraiato sotto il famoso pino dello Stadio delle Terme che confessava a Cuccotti: “Ai 300 metri qualcuno mi ha tirato un cazzotto nella nuca…” Aveva invece scoperto una certa soglia… Il povero Beppe Cuccotti lo consolò ed intanto mi trattava con affettuoso riguardo: “Guai a chi mi tocca Lòriga, mi ha finito per due volte i 10.000…” Per fortuna non esistono i riferimenti cronometrici; so soltanto che certi marciatori ottengono sulla distanza tempi migliori dei miei. Doppia dimostrazione matematica: io ero proprio scarso; loro non erano esattamente dei marciatori.

Quando Aznavour corse la maratona

La seconda ragione è legata alla prima gara di alto livello internazionale a cui ebbi la ventura di assistere. Era esattamente il 23 novembre 1956 e mi trovavo a Melbourne. Come mai stazionavo da quelle parti? Il motivo è semplice. Ai quei tempi esisteva una Scuola Militare di Educazione Fisica (SMEF). Essendo in predicato per assumere la cattedra di Atletica, l’Esercito pensò bene di farmi assistere, a titolo di aggiornamento professionale, ai Giochi della XVI Olimpiade. Cerimonia di apertura con Ron Clarke ultimo tedoforo; giuramento di John Landy e dichiarazione di apertura di Filippo di Edimburgo. Venerato soprattutto dalle vecchie signore ed ora anziano egli stesso tanto da essere in questi giorni collocato ufficialmente in congedo. Benvenuto tra noi!

Per la descrizione della gara, seguita al fianco dello sportivissimo colonnello dei paracadutisti Leonida Turrini, riproduco quanto scrissi su un libretto dedicato a quella trasferta, convinto che nulla è più inedito della carta stampata.

“Parte la gara dei 10.000. È annunciata la grande sfida tra Volodimir Petrovich Kuts (ucraino che corre per l’URSS) e l’inglese Douglas Alistar Gordon Pirie. Kuts lancia attacchi ripetuti e Pirie tranquillo (apparentemente) risponde con passo cadenzato. Ad ogni giro il marinaio ucraino parte come uno sprinter, prende metri di vantaggio. Lo stadio esplode in un unico urlo. Ma Pirie ogni volta annulla il buco, regolare come un metronomo. Scatta nuovamente Volodymyr e sembra un pugile (come dicono sia stato in gioventù) che voglia colpire l’aria, energico, instancabile. Si passa al quinto chilometro in 14’07”0, cioè quasi veloci come Emil Zatopek quando quattro anni prima aveva stabilito ad Helsinki il primato olimpico dei 5000 (14’06”6). Al ventesimo giro Kuts allunga per un’ennesima volta. I suoi scatti sino a quel momento erano di circa 200 metri ma adesso non desiste, insiste, prosegue. Avvertiamo tutti, e siamo oltre centomila nel Cricket Ground Stadium, che Pirie è ora in difficoltà. Infatti la fisarmonica si allunga sempre di più in un suono lamentoso che annuncia la definitiva rinuncia dell’inglese, alla fine solo nono”.

Rivedrò Pirie a Roma durante le riprese del film The Games, dove lui allena alla maratona il protagonista della pellicola. Che era, incredibile a dirsi, Charles Aznavour, …

Nessun africano nei 10.000 di Melbourne

Alcune curiosità di quella gara. Kuts (nel rapporto ufficiale viene scritto come Kouts) correva con il numero 200. In quei 10.000 non partecipava nessun africano. Eppure qualcuno dei Paesi di nuova indipendenza in gara c’era. Ricordo in particolare un certo Mamo Wolde, sergente della Guardia Imperiale etiopica. Corse gli 800; i 1500 e la … 4x400. Sempre felicemente ultimo in batteria con i tempi di 1’58”0; 3’51”0 e 3’30”0.

Assente a Roma 1960 fu quarto nei 10.000 a Tokio 1964; oro e argento (maratona e 10.000) nel 1968 al Messico; bronzo nella maratona del 1972 a Monaco, Aveva 40 anni: e avrebbe vissuto altri nove anni in carcere per una accusa di omicidio. Poco troverete su di lui sul Rapporto Ufficiale di Melbourne (dove verrà addirittura presentato come Wold Mamo) e sulle più quotate enciclopedie specializzate, che non sempre lo degnano di una citazione.

Leonida Turrini, che ho prima citato, profetizzò proprio a Melbourne che il futuro sarebbe stato tutto africano. Non aveva esagerato. Lo sappiamo da tempo ma l’ultima e definitiva conferma si è avuta proprio nei 10.000 che iri sera hanno illuminato questo Mondiale (il podio nella foto IAAF). Dei ventiquattro iscritti solo quattro non hanno nascita o radici africane. Ed alla fine, una delle gare più combattute della storia, si è tramutata in una specie di campionato dell’Africa Orientale- Ha vinto, neanche a dirlo, decimo titolo iridato, il somalo-inglese Mohamed Farah, attaccato da tutti ma insuperabile. Ed ai primi dieci posti tutti atleti che in quella parte dell’Africa hanno le loro radici.

Somali, ugandesi, kenioti, etiopi, … la corsa è il loro regno. E lo sarà ancora a lungo.

 

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