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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





PianetaDonna / La resurrezione di "Baba" Anastasija Mihalavna

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Giovedì 22 Giugno 2017

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di Anastassia Angioi
 
PianetaDonna questa volta mette le vele al cuore e naviga verso il passato, con un po' di melanconia sul fiocco, commozione addosso, orgoglio dentro al cuore. Vi vuole tutti attenti e accovacciati per ascoltare insieme una storia. A tutta dritta verso le sponde del gelido Lago Onega, nel lontano 1941: è agli sgoccioli la dura e straziante guerra russo-finnica (la Guerra di Continuazione dopo quella d’Inverno) nella tanto contesa Karelja, ed è in un deserto di neve e sangue, che luccicano gli occhi coraggiosi di una quindicenne. La vita appesa a un filo, gravemente ferita ma ancora viva, è stata appena liberata dall'esercito russo: lei è la piccola Anastasija Mihalavna Terenteva, deportata ai lavori forzati in una Finlandia filotedesca. Nella sua pelle è già scritta la storia, la dura realtà di una forza ineguagliabile, racchiusa in corpicino così minuto ma con così tante risorse che non pare possibile esistere davvero.

Gonne lunghe, zaino in spalla, luce negli occhi e amore per il prossimo. Immensità concentrata in un metro e cinquanta di donna che tanto assomiglia a una piccola Madre Teresa. Ma è per la Patria, è per l'inverno. È la Russia, e bisogna sopravvivere. Non c'è tempo per essere piccoli. La guerra è finita e bisogna lavorare. Disinnescare mine dal sottosuolo è ciò che l'occuperà per anni, con folle coraggio. Per ogni caduta l'instancabile forza di risollevarsi con doppia energia. E di paripasso, come si lavora si pratica sport. Non c'era tempo per dire non ho tempo, non c'era tempo per dire ho troppo da studiare, non c'era tempo per lamentarsi, per dire sono stanca, non c'era tempo per restare a guardare: lo sport è quella vita che ti rende resistente alla stessa vita.

Lo sport e la vita non permettono la mediocrità

Lo sport è la tua cultura, il tuo sangue, costruisce le tue ossa, ti rende migliore. Non puoi essere mediocre, la vita non te lo permette. E allora lo sci nelle distese di neve, e il pattinaggio, e il cross. Di gran talento. Ed è proprio lui, lo sport, che spesso, oggi come allora è capace di salvarla, la vita.

Nel '49 nasce il suo primo figlio, Volodia Bulatkin, tre anni dopo viene alla luce Oleg Bulatkin (1), e da Petrozavòdsk si scappa, si scappa da un marito tiranno, per più di 1200 chilometri di disperazione e speranza. Fino a Minsk. È qui che Anastasija si ferma e mai come allora inizia ad occuparsi incessantemente di chiunque le capiti attorno, donando ogni attimo della sua vita, dal primo all'ultimo respiro, ai ragazzi, allo sport. E ancora al lavoro, alla Patria, ai valori, la vita.

Racchiude attorno a sè una cerchia di giovani in quel cosiddetto Sport Club (squadra sportiva) in cui studio, disciplina, rigore e pratica sportiva sono all'ordine del giorno. Si coltiva insieme ogni attività tradizionale dell'epoca, dalla corsa alla canoa, dall'atletica al sollevamento pesi e ancora, gli sport invernali, sempre e ovunque. Il suo amore per il prossimo, la passione e l'impegno estremo la portano a essere una grande donna nello sport, come in guerra e nella vita: plurimedagliata alla pratica sportiva e al valor civile dalle più alte cariche del regime comunista, Asja non smette mai di vivere nel sacrificio e nell'assoluta povertà, in campagna, con la difficoltà di crescere da sola due figli, e gli orfani di molti altri, cercare per chiunque un pasto, all'alba, per trattarre al mercato il prezzo più basso.

E poi la vita, e poi il gelo. Niente è mai riuscita a fermarla. Patriottismo e generosità hanno fatto di lei la carne, mentre il denaro per mantenere tutti non bastava mai. Passare le notti nelle industrie nucleari leniniste diventa presto un dovere, dove è lei a controllare le fuoriuscite di radiazioni, mentre di giorno le gare e la gioventù da allevare le riempiono la vita: raccogliere dalla strada, dalla fame e dalla morte certa e fare di ogni disgrazia virtù: capolavori di uomini e di donne forgiati di sport come diamanti.

Nonno Oleg multiforme atleta, ostacolista campione

Come coi figli, entrambi sportivi e studenti universitari, il primo diverrà insegnante di storia, il secondo un talento nella vita e un grande campione: specializzatosi in atletica leggera dopo gli studi in scienze motorie, dal corpo statuario, leggero e tenace a qualsiasi sforzo, plasmato da qualsiasi pratica sportiva, gli allenamenti all'aperto a meno trenta gradi sulla neve, le scarpette, i pantaloncini e un pugno di sogni intrisi di inguaribile ottimismo hanno da sempre spronato il cuore di Oleg a lottare e andare avanti, come sua madre, a pulsare, ad ogni costo, a non gelarsi nel petto. Dai 110 ostacoli ai pesi, dal decathlon alla danza: i 400 ostacoli. Negli anni Settanta diviene campione dell'URSS più e più volte. In una realtà sportiva impregnata di politica, corruzione e favoritismi, compete in tutto il mondo ma la carriera sarà per lui fin troppo breve. E il lavoro non aspetta, lassù, in Siberia.

Quando le gare più importanti, dalle convcazioni olimpiche alla costruzione di intere carriere avvengono tra un sorso e l'altro nei vapori delle più belle saune sovietiche, per molti non c'è posto. Neanche i tempi cronometrici permanevano negli anni, arrotondati per eccesso o per difetto quanto più dall'alto poteva aggradare. Ma Asja non ha mai smesso di lottare, nonostante tutto. E quando era stanca e non ce la faceva più lei sapeva che era quello il momento giusto per rialzarsi, il tempo era troppo prezioso per gli altri. A settant‘anni il suo viso è quasi irriconoscibile. Solcato, bruciato, invecchiato dalla vita, stanco. Ma non il suo entusiasmo di Olegzaino, la sua gonna, i suoi pentolini, indaffarata come sempre, nel suo piccolo orticello in campagna. Ha consacrato tutti i suoi sogni agli altri, sempre più importanti di lei, eppure è stata da molti, presto dimenticata. È tutt'oggi difficile scorgere tra le silenziose betulle anche un solo fiore sulla sua piccola lapide.

Ridere è l’essenza di tutto, nutre più della carne

Non avrà forse ispirato centinaia di generazioni a venire, il suo nome non avrà calcato i libri di storia, ma la storia, è certo, l'ha cambiata a molti. Forse troppi, per essere stata lei sola. A lei che non interessavano le medaglie del regime, il denaro, il successo, ma la dedizione nello sport e i sorrisi dei suoi ragazzi.

Come un angelo è stata per molti e come un angelo continuerà a vivere nelle vite che ha cambiato. In continua resurrezione, come significa, dal greco, non a caso, il suo nome. E come tale, ispira la mia vita. Grazie Anastasija, di essere esistita. Grazie per averci fatto fermare e riflettere sul mondo viziato, egoista, lamentoso e stanco, che noi stessi, che abbiamo tutto, ci stiamo creando.

Grazie del tuo coraggio nonna (da baba, che in lingua vale anche per bisnonna). E scusaci, se puoi. Ricorderemo sempre il tuo ammaestramento: “Sii entusiasta, positiva, appassionata. Più che puoi. Perchè ridere è l'essenza di tutto. Ridere è come mangiare un chilo di carne“.

(1) Oleg Bulatkin è il dièd (nonno materno) della autrice. Nato il 6 aprile 1952, ha corso i 400 ostacoli in 49"82 e ha disputato con la maglie dell'Unione Sovietica gli Europei 1978 a Praga.
 

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