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Italian Graffiti / L'insondabile limite ai mandati nelle federazioni

Venerdì 20 Gennaio 2017

di rocco 2

Nei giorni scorso L'Uffington Post ha pubblicato una riflessione sulle elezioni federali e i (presunti) limiti dei mandati per il mondo dello sport, vertici CONI e presidenti federali, che una (ennesima) proposta di legge firmata Josefa Idem vorrebbe limitare a otto anni: una elezione e una conferma. Secondo la testata del Gruppo Espresso la nuova "proposta di legge, già approvata al Senato, che introduce un limite temporale massimo di otto anni ha festeggiato il suo primo semestre di insabbiamento a Montecitorio, dove non è stata messa una sola volta all'ordine del giorno in commissione. Forse, come viene precisato, perchè - secondo quanto ha affermato il presidente Giovannino Malagò in audizione a Palazzo Madama - "ritengo che il nostro mondo non sia pronto a recepire un limite di due mandati".

Ora, non sappiamo indicare il motivo perchè ogni tanto torni questo problema, dal momento che nessuno pare volerne la soluzione. Da una quindicina d'anni, tanto per ricordare, è stato introdotto un arzigogolo contabile che prevede una percentuale di consensi per chi, da presidente federale, intenda riconfermarsi oltre il secondo mandato. Percentuale bloccata al 55% dei voti validi (ma se non ce la fai dopo otto anni di regno, ...). Una limitazione all'espressione della volontà elettorale che non trova altri riscontri nel comparto pubblico. Perchè, lo si ricordi, quando ci si muove nel pianeta sport in Italia si sta parlando di organismi regolati (e finanziati) attraverso leggi dello Stato.

Il giornale on-line di cui sopra porta alcuni esempi probanti di presidenti federali che alla poltrona si sono inchiavardati da decenni e non hanno alcuna voglia di tornare alla "vita civile". Sarà perchè, come dicono in Sicilia, a "cummannari" è meglio che a ... Ma se così non fosse, e tutto si riducesse a un servizio per la comunità, si fa egualmente fatica a ritenerlo valido. Almeno a stare agli esempi che Huffington Post riporta a suffragio.

"Tra i 45 presidenti delle federazioni sportive" riconosciute dal CONI, almeno "23 sono in carica da più di otto anni", una pervicace tendenza che viene etichettata come appartenente alla "categoria patologica delle pulsioni monarchiche". E qui, tra i nomi che vengono fatti, brilla il presidente della federbocce Romolo Rizzoli, "76 anni di vita di cui 51 passati negli organismi dirigenziali della federazione che guida dal 1993". Un record? Non proprio.

Diversi altri nomi figurano tra gli "immortali" dello sport. L'ex-deputato di Forza Italia Sabatino Aracu alla testa del pattinaggio; Vincenzo Iaconianni fresco della quinta riconferma alla guida della motonautica; il senatore alfaniano Luciano Rossi, a capo del tiro a volo, anche lui dal '93. E fermiamoci qui, anche se il giornale va avanti nell'elenco, citando - tra gli altri - Carlo Magri (pallavolo, in via di prossima riconferma) e Paolo Barelli (nuoto e altro, appena rieletto), e poi Giorgio Scarso alla scherma e Franco Chimeti, l'uomo che stringe i cordoni della borsa al CONI e guida dal 2002 il Golf, tra l'altro capace "di portare a casa una pioggia di milioni [pubblici] per la Ryder Cup che si svolgerà a Roma nel 2022" sul campo della stilista Biagiorri.

Non pochi i casi limite. Tra gli ultimi presidenti di lungo corso che si sono visti riconfermati figura Giovanni Petrucci che nel basket ha appena raccolto il 93% dei voti ("è un consenso reale e a qualcuno dà fastidio", il suo commento). E come sia messo il basket è vicenda nota a tutti. Una intera vita, la sua, all'ombra dell'obelisco mussoliniano: assunto al CONI il 1° febbraio 1966 (avete letto bene!), partendo da consigliere di II classe ha attraversato tutte le stagioni dello sport italiano, tra calcio, pallacanestro, CONI e CONI Servizi - organismi dei quali è stato presidente per una quindicina di anni - prima di tornare al basket dove resterà almeno fino alla primavera 2021.

Ultima, in ordine di tempo, sabato scorso la riconferma alla gloriosa ciclistica di Renato Di Rocco (a destra nella foto) che per il quarto mandato consecutivo ha prevalso con 125 voti (appena 6 più del quorum necessario) nei confronti di Norma Gimondi (figlia di Felice ...) che - da vera outsider - ha raccolto 79 preferenze (22 le nulle e 10 andate a un terzo candidato). Quindi, auguri di buon lavoro a Di Rocco che, toltosi un peso, ha voluto citare l'uscente Obama ("c'è tanto da fare") per sigillare il suo futuro che, tra gli altri obiettivi, promette tre medaglie d'oro a Tokyo 2020. E lamentando che contro di lui siano state "dette cose non giuste, frutto di un retaggio vecchio e superato".

Retaggio vecchio? Ecco, i soliti maligni, che non mancano mai, hanno ricordato a bassa voce che anche Di Rocco ha iniziato il suo cursus honorum alla Scuola dello Sport del CONI a fine anni Sessanta, entrando a pieno titolo nel CONI il 1° gennaio 1971 [sic!]. Guarda caso, alla ciclistica e agli altri organismi collegati, prima da segretario di lungo corso (con la sola parantesi alla segreteria della federatletica tra il 1999 e il 2001), poi da presidente nel 2005. Quando spirerà il suo quarto mandato anche lui avrà superato il mezzo secolo di militanza tra CONI e federazioni.

Non per nulla, toccherà a lui il privilegio di officiare all'edizione n. 100 del Giro d'Italia. Con buona pace dei mandati che paiono sempre più ... illimitati.


 

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