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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Saro' greve! / Quando Vittori lavorava nel ... Deserto dei Tartari

Lunedì 19 Dicembre 2016  

fortezza 3

di VANNI LÒRIGA

Avevo promesso ed annunciato che questa puntata di “Sarò greve!” sarebbe stata dedicata ai vizi ed alle virtù della stampa scritta. In verità mi sono trovato in leggero disagio: non è facile parlare dei colleghi in giornalismo. Magari paragonandoli a quelli dei tempi andati. Per fortuna mi viene in soccorso il più autorevole giornale italiano, il Corriere della Sera che celebra i suoi 140 anni di vita con una pubblicazione intitolata “Il romanzo dell’Italia”. Le oltre 500 pagine sono praticamente una radiografia, addirittura una TAC, della storia nazionale.

Il tutto viene presentato da giornalisti e scrittori contemporanei. E sicuramente c’ imbattiamo in grandissime firme. Ne ricordiamo qualcuna. Paolo Mieli; Ferruccio de Bortoli, Ernesto Galli della Loggia, Sergio Romano, Gillo Dorfles, Dacia Maraini.

Ci introducono in una storia ricca di avvenimenti (due guerre mondiali più quella fredda sempre in corso; le rivoluzioni sociali; l’era dell’atomo e della conquista dello spazio; il terrorismo; la globalizzazione) e di insuperabili testimoni dei fatti.

Il Napoletano che fondò il “Corrierun”

Il fondatore e direttore del Corriere della Sera fu un giornalista napoletano. Si chiamava Eugenio Torelli Viollier; era stato un garibaldino ed aveva lavorato a lungo con Alessandro Dumas. Fu alla guida del giornale dal 5 marzo 1876 al 31 agosto 1891 e poi dal 4 novembre 1896 al maggio 1898 per indicare finalmente il suo vero erede in Luigi Albertini, il più Grande.

“Grande” tra i grandissimi che sul “Corrierun” firmarono loro articoli, saggi e studi.

Piccolo elenco. Federico De Roberto (quello, tra l’altro, dei “Vicerè”); Luigi Barzini; Luigi Pirandello; Ugo Ojetti; Bnedetto Croce; Eugenio Montale; Indro Montanelli; Ennio Flaiano; Pier Paolo Pasolini; Italo Calvino. Oriana Fallaci Alberto Moravia; Enzo Biagi. Basta così? No, perché il bello deve ancora arrivare.
 
E lo sport? Ci pensa Buzzati

Nella mezza migliaia di pagine, ce n’è qualcuna riservata allo sport? Poche, ma esistono. Sono esattamente cinque, firmate da Dino Buzzati e dedicate al ricordo della tragedia del Torino. E’ il 4 maggio 1949 ed alle ore 17.05 “si schianta contro la Basilica di Superga l’aereo che riporta in patria i campioni d’Italia”.

Dino Buzzati Traverso racconta il dramma come solo lui avrebbe potuto farlo. “E’ vero? Non è vero! Alcune ore sono passate prima che i torinesi, diciamo gli italiani, riuscissero a conoscere nella sua selvaggia crudeltà questa sciagura … all’improvviso gli assi del pallone, i calciatori formidabili, i campioni, gli atleti che i ragazzini dei sobborghi si illudono di impersonare … all’improvviso questi ideali dell’età moderna non sono più che uomini, giovani creature con madri, spose, figli con la loro casa amata, il letto dove mai più dormiranno, i loro trofei che la polvere degli anni farà a poco a poco impallidire. Tutti insieme la morte li ha trascinati giù dal loro piedistallo che forse a qualcuno poteva sembrare assurdo ma che ora, non sapremmo dire il perché, assurdo non può sembrare”.

Questo era il modo di narrare di un signore che si chiamava Buzzati.

In attesa dei Tartari

Dino Buzzati racconto tante altre storie. Una, famosissima, era intitolata il “Deserto dei Tartari”. Un romanzo che paragonava la monotona vita in redazione (ovviamente quella del Corriere della Sera) in cui, come in una fortezza ai confini dell’Impero, si attende, sempre annunciato e che mai avviene, l’attacco del temibile nemico, i Tartari.

Si tratta del Forte Bastiani, in cui militano tanti ufficiali che sembrano tratti da un annuario di atletica (ricordo fra gli altri i tenenti Simeon ed il capitano Ortis …)

Nella versione cinematografica della vicenda (regia di Valerio Zurlini; fra gli attori Vittorio Gassman, Giuliano Gemma, Philppe Noiret) tutto viene ambientato nel Forte di Arg-e-Bam nel sud –est dell’Iran. E nei suoi pressi transita un’autostrada costruita ormai una sessantina di anni fa da Costantino Rozzi, assai noto per essere stato il “Presidentissimo” dell’Ascoli Calcio. E chi fu per oltre un anno il Direttore dei lavori?

Esattamente il professor Carlo Vittori … Che in tutto il tempo trascorso in quella che allora si chiamava Persia non fece altro che pensare ad una giovane fanciulla conosciuta tempo prima durante una vacanza su lago di Woerth, in Carinzia. La ragazza si chiamava (e si chiama) Nadia, nativa di Isola d’Istria e residente a Trieste.

Rientrato in Italia, il professor Vittori atterra in tarda serata all’ Aeroporto di Ciampino. Montato su un taxi pronuncia una sola e perentoria parola: “Trieste !”

Il tassinaro: “Corso Trieste?”
Carlo Vittori: “No, Trieste città. Via Palestina al numero 6“.
Tassinaro: “Ce l’hai i soldi?”
Vittori: “Eccoli!” sventolando un rotolo di dollari.
Tassinaro: “Allora annamo …”
All’alba arrivano a Trieste.

E’ superfluo aggiungere che Carlo e Nadia divennero marito e moglie. Ma questa è una storia che racconterò con calma un’altra volta, non appena in gennaio verrà ufficializzata la costituzione di una Associazione “Amici di Carlo Vittori”. Posso solo anticipare, tanto per la precisione, che il matrimonio con Nadia si celebrò il giorno 28 dicembre 1960. Alla prossima.

Nella foto: la Fortezza di Bam in cui Valerio Zurlini ambientò il Forte Bastiani, il caposaldo che controllava il Deserto dei Tartari.  

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