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Atletica Rio (9) / La doppia volta di Mo e le due finali delle azzurre

Domenica 21 Agosto 2016

trost

di DANIELE PERBONI

L’uomo nero, ma non quello che riempie di incubi i sogni dei bambini, ha impresso ancora una volta il suo doppio sigillo imperiale. Come già nei 10.000 di qualche giorno fa e ai Giochi casalinghi di Londra 2012, nessun avversario è riuscito a stopparlo verso la corsa (o le corse?) che l’hanno accompagnato nell’eden dei grandi corridori degli altipiani africani e dei pionieri nordici. La doppia vittoria in due diverse edizioni olimpiche sino ad ora era riuscita solo al finlandese Lasse Viren (Monaco ’72 e Montreal ’76). Grazie a quei successi i connazionali gli hanno dedicato una statua in bronzo nel parco antistante lo stadio olimpico di Helsinki. Cosa faranno i britannici?

I risultati dell'atletica nella sezione Rio 2016

"Mo" è già stato nominato Comandante dell'Ordine dell'Impero Britannico, titolo che comunque ha suscitato molte polemiche. I suoi sostenitori e il primo allenatore, Alan Watkinson quello che lo aveva scoperto, hanno protestato. Troppo poco quel titolo, meritava qualcosa di più. Nei 5.000 di Rio Farah con 13’03”30 ha messo in riga l’etiope Hagos Gebrhiwet (13’04.35) e l’inossidabile statunitense Bernard Lagat, 41 anni e una sfilza interminabile di medaglie mondiali e olimpiche (13’06.78).

Nato in Somalia a Mogadiscio (23 marzo 1983), Mohamed Muktar Jama Farah ha trascorso i primi anni dell’infanzia a Gibuti con il fratello gemello. A otto anni si è trasferito in Gran Bretagna per raggiungere il padre. Da allora ha bruciato” tutte le tappe sino a diventare forse lo sportivo più popolare inglese, specialmente sui social network: circa un milione di seguaci su Twitter e 400.000 su Facebook. Dal gennaio 2010, Farah si allena con Alberto Salazar a Portland, Oregon, e da allora molte voci si rincorrono sulle non proprio limpide tecniche di allenamento. Il sospetto, sollevato da più parti, è che il gruppo di Salazar non sia immune dall’usare sostanze vietate. Nulla, sino ad ora è comunque emerso.

Mezzofondo tra sorprese e conferme

Andatura turistica nei 1.500 nei primi mille metri. Poi, improvvisamente, la gara si accende e da quel momento inizia una lunghissima volata in cui la spunta lo statunitense Matthew Centrowitz tempo di gara regionale (3’50”00), davanti all’algerino Taoufik Makhlouf (3’50”11), già campione olimpico sulla distanza a Londra 2012.

Terzo il neozelandese Nicolas Willis. Parrebbe un destino segnato, quello dell’oro olimpico. Infatti il padre, qualificato per i Giochi di Mosca 1980, non potè prendervi parte a causa del boicottaggio americano. Nato nell’ottobre del 1989, Matthew non è un perfetto sconosciuto comparso all’improvviso. Tanto per cominciare ha vinto i Campionati mondiali sotto tetto del marzo scorso a Portland, e ai Mondiali si era messo al collo l’argento a Mosca 2015 e il bronzo a Daegu 2011.

Come da pronostico gli 800 donne sono andati alla sudafricana Caster Semenya (1’55”28, record nazionale), la ragazza al centro di aspre polemiche a causa di altissimi livelli di testosterone (prodotti naturalmente dal suo organismo) che la avvantaggiano muscolarmente e organicamente. Seconda la rappresentante del Burundi Francine Niyonsaba (1’56”49), terza la keniana Margaret Kiyairera Wambui (1’58”89), altre due atlete accomunate dalle identiche problematiche. Già si erano levate voci polemiche sulla loro partecipazione, attendiamo l’esplodere di nuove e feroci contese.

Un quinto posto di pregio per Alessia

Dopo l’approdo alla finale, piuttosto agevole per Alessia (nella foto Colombo/Fidal), più sofferto per Desiree, il miracolo auspicato, atteso, sospirato, vagheggiato, non si è avverato, riportando sul pianeta terra le gemelle volanti friulane. La Rossit, apparsa mai convinta e determinata, si è arresa a 1.93 (tre nulli), con una sola misura valida a 1.88. Poco più lunga la presenza in pedana della Trost. Ma a 1.97 anche lei ha dovuto alzare bandiera bianca (1.93 la misura utile.

Il titolo, meritato, è andato alla 37.enne spagnola Ruth Bestia (1.97) che, finalmente, dopo una carriera lunghissima, in cui può vantare un terzo posto ai Mondiali di Mosca 2015 e tre titoli europei, riesce a portare a casa un oro lungamente cercato e fallito ai Giochi di Londra 2012. Quella delusione la spinse anche a smettere per un breve periodo. Ma, poi, la voglia di lasciare un segno l’ha riportata in pedana. E il “segno” lo ha lasciato, essendo la più vecchia medagliata della storia olimpica dell’alto. Seconda la bulgara Mirela Demireva(1.97), terza la croata Blanka Vlasic (1.97), reduce da un intervento al tendine d’achille, quarta la statunitense, e madre di tre figli, Chaunté Lowe (1.97).

Come da pronostico le due staffette del miglio prendono la strada per gli Stati Uniti. Gli uomini vincono in 2’57”30, davanti alla Giamaica (2’58”16 e alle Bahamas (2’58”49). Le donne (3’19”06) si impongono sulla Giamaica (3’25”88) e sulle inglesi (3’25”88).Sesta l’Italia (3’27”05) con Chigbolu, Spacca, Folorunso e Grenot, dopo il record nazionale in batteria. Il giavellotto va al tedesco Thomas Röhler (Ger), che al quinto lancio piazza un sorprendente 90.30 (87.40, 85.61, 87.07, 84.84, 90.30, nullo). Secondo il keniano Julius Yego, infortunatosi dopo il primo lancio, ma che si conferma con 88.24 (88.24, nullo, rin.).
 

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