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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Atletica Rio (8) / Nel giorno di Bolt, Antonella sfiora il podio

Sabato 20 Agosto 2016

palmisano

di DANIELE PERBONI

Nostra signora del tacco-e-punta questa volta non è riuscita a sciogliere il ghiaccio nelle vene dei suoi discepoli. Il miracolo, che tante volte ha salvato dai marosi del medagliere questa povera Italia, non si è palesato agli occhi di appassionati e dirigenti. Non sono bastate giaculatorie e nenie, recitate incessanti in giorni e notti insonni, per allontanare il buio della resa. La maledizione, lanciata alla disciplina da un sacerdote che si è sentito respinto sull’orlo del tempio, sembra aver annichilito gli adepti di questa setta votati alla fatica, al sudore e alla solitudine. Rimandato a casa colui che quattro anni or sono nella terra d’Albione si macchiò di un delitto orrendo. Nulla hanno potuto i superstiti e seguaci dei druidi che, dagli albori hanno permesso al Bel Paese di attingere a una miniera che pareva inesauribile.


I primi a scendere sul terreno infido e assolato di Rio sono stati gli umili operai della 50 chilometri di marcia. In una gara ricca di colpi di scena, più simile a una commedia picaresca che a una lunga e noiosa teoria di passi infiniti, a primeggiare e laurearsi il migliore è il già campione del mondo in carica, lo slovacco Matej Tòth che proprio sul finire della quasi inumana fatica aggancia e sorpassa lo stremato australiano Jared Tallent. Otto secondi dopo, un batter di ciglia per questa distanza, ecco il giapponese Hirooki Arai. Ancora 22 secondi e compare la sagoma traballante del canadese Evan Dunfee.

La farsa dei ricorsi e dei controricorsi

Tutto finito? No. Il colpo di scena è lì, pronto a colpire. Accade che a circa due chilometri dalla fine, nel tentativo di sorpasso il figlio del Sol levante disturbi il nord americano, facendolo traballare un poco. Ma senza conseguenze. Qualcuno lestamente presenta ricorso, che viene accolto. E così il nome di Arai finisce in coda alla classifica con accanto un piccolo “dq”, squalificato. L’ordine d’arrivo finale? Eccolo: 1. Matej Tòth (Svk) 3h40’58”, 2. Jared Tallent (Aus) 3h41’16” (primato stagionale), 3. Evan Dunfee (Can) 3h41’38” (record nazionale), 4. Yu Wei (Chn) 3h43’00”. Tutto finito? Certo che no! Controricorso giapponese ed ecco che Arai torna terzo (3h41’24”).

Ottavo il francese, primatista del mondo, Yohann Diniz, dopo un temerario avvio in fuga nei primi 30 chilometri che gli sono, però, costati ripetute crisi al limite dello svenimento. Poco prima del 38esimo chilometro, il francese crolla a terra, quasi svenuto, ma non alza bandiera bianca e, dopo un intervento-dei soccorritori, riparte di nuovo.

Ventunesimo, e migliore degli azzurri, il romano Marco De Luca (3h54’40”). Ritirato dopo 40km il bergamasco Matteo Giupponi, mentre il beneventano Teodorico Caporaso è stato squalificato intorno al trentesimo chilometro. Ventesimo è Jesus Angel Garcia, 47 anni, già campione del mondo a Stoccarda 1993, e più volte secondo sempre ai mondiali e ancora quarto ai Giochi di Pechino. Chapeau!. Ottanta gli atleti partiti, 48 gli arrivati, 13 gli squalificati, 19 i ritirati.

Le marciatrici cinesi e la cura Damilano

La maledizione di cui sopra colpisce senza distinzione di sesso. Nella 20 chilometri donne sono in tre le ragazze che possono regalarci un sorriso di speranza e farci uscire da quelle secche assassine che ci inchiodano a uno zero medaglie imbarazzante. Purtroppo, niente da fare anche su queste spiagge. Solo 21 secondi separano Antonella Palmisano (1h29’03”) dal bronzo che viene messo al collo di una imperturbabile cinese, Lu Xiunzhi (1h28’42”). Davanti ancora una cinese, Liu Hong (1h28’35”), e la sorprendente messicana Maria Guadalupe Gonzalez (1h28’37”).

Liu Hong è originaria dello Jiang Xi, una provincia situata nella parte meridionale della Cina, vicino a Guangzhou. Il suo nome, Hong, significa Arcobaleno. «Vengo dalla campagna – racconta.– I miei genitori sono contadini. Ho due fratelli maggiori, ma nessuno nella mia famiglia ha mai praticato sport. Ho iniziato con le medie distanze del mezzofondo, correndo gli 800 metri, ma nel 2002 ho provato a marciare. Subito sono arrivati buoni e promettenti risultati, così sono entrata nella squadra nazionale in giovanissima età».Dal novembre 2010 ha iniziato la collaborazione con Sandro Damilano, sì, quel signore piemontese che nella sua lunga carriera di tecnico ha vinto, con gli atleti da lui allenati, una cinquantina di medaglie fra Olimpiadi e campionati vari. Eppure c’è chi va cianciando che in Italia non si sa più allenare marciatori. Mah.

«Il mio rapporto con Damilano e con Elisa Rigaudo – racconta la Liu – ha dato i suoi buoni frutti. Sono cresciuta, ho imparato tanto da lei. Mi ha battuto ai Giochi di Pechino, siamo rivali, ma buone amiche al di fuori dello sport. A Saluzzo, poi, ho trovato le condizioni d’allenamento ideali. È la mia seconda casa».

Il quarto posto di Antonella: miglior risultato italiano

Antonella Palmisano: «Sono felicissima, ho comunque vissuto il sogno che mi portavo dietro da quattro anni: essere qui e stare davanti insieme alle altre, anche se la preparazione non era andata come volevo. Credevo nella medaglia, la vedevo, ma ho dato il massimo metro dopo metro e ci ho provato fino all’ultimo, non mi sono accontentata. Un risultato così, alla mia prima Olimpiade, mi riempie solo di gioia. Credo che il bello deve ancora venire, io amo marciare e mi auguro di poter preparare la prossima stagione senza problemi di infortuni. Al mio ragazzo (il marciatore Lorenzo Dessi, ndr) avevo promesso che se andavo bene aspettavo la sua proposta di matrimonio, adesso vediamo che succede quando torno!».

Il bronzo olimpico 2008 Elisa Rigaudo, alla quarta partecipazione ai Giochi, chiude undicesima (1h31’04”). «Oggi non è andata come speravo, ma ho capito subito che le gambe erano pesanti. Mi è dispiaciuto, però me ne sono resa conto e ho dovuto fare la gara sapendo di non poter dare quello che avrei voluto. Questa potrebbe essere la mia ultima Olimpiade, comunque non posso concludere così. Ho voluto spingere di più nella preparazione per puntare in alto, forse a 36 anni ho bisogno di maggiore recupero e gestirò questa cosa per l’anno prossimo, in vista dei Mondiali”.

Squalificata, purtroppo, subito dopo il dodicesimo chilometro, la primatista italiana Eleonora Giorgi mentre viaggiava nel gruppo di testa.

Sempre primi Bolt e le ragazze keniane

Nei 5.000 Vivian Jepkemoi Cheruiyot si prende la grande rivincita sull’etiope Almaz Ayana che l’aveva sopravanzata nei 10.000 di apertura del programma atletico. Dopo 4 chilometri piuttosto sottotono, parte come una palla di schioppo a 500 metri dalla fine, frantumando ogni resistenza e vince in 14’26”17 (record olimpico). L’etiope non prova neppure a seguirla e si lascia sopravanzare anche dall’altra keniana Obiri. La Cheruiyot, nata l’11-9-1983, atleta minutissima (1.55 x38 kg) è l’atleta keniana più medagliata di tutti i tempi: 4 titoli mondiali in pista (2 nei 5.000 e 2 nei 10.000), 2 argenti olimpici e il titolo di Rio. Il nome di battesimo, Cheruiyot, nel suo dialetto significa “una nata durante la nanna”. È sposata con Mosè Kiplagat ex ottimo fondista e suo allenatore, da cui ha avuto un figlio, Allan Kiprono Kiplagat, nato a ottobre 2013. La copia vive a Kaptagat e ha interessi nel settore immobiliare, in agricoltura e nei trasporti. «Amo mio marito perché capisce le mie esigenze di atleta. Mi aiuta negli allenamenti ed è sempre a disposizione. Ci svegliamo alle 5 del mattino per gli allenamenti e quando abbiamo finito è lui che si prende cura dei nostri affari, lasciandomi concentrare sulla mia attività agonistica».

E siamo a nove titoli olimpici. Dopo il successo nella 4x100 Bolt può tranquillamente essere iscritto nel libro della storia. Il più grande, forse l’unico velocista capace di centrare tre triplette. Cancellato anche il “Figlio del Vento”, al secolo Carl Lewis. Anche il figlio s’Alabama può vantare 9 ori olimpici, ma Carl gareggiava anche nel lungo… Quanti anni passeranno prima di veder spuntare un simile fenomeno? A questo punto è lecito chiedersi se continuerà o lascerà il mondo orfano della sua esuberanza e dei sui lampi sulle piste di tutto il mondo. Intanto con i compagni Powell, Blake e Ashmeade ballano felici, baciano la pista, gigioneggiano davanti ai fotografi che impazziscono per immortalarli. Ecco il risultato: 1. Giamaica 37”27, 2. Giappone (Yamagata, Izuka, Kiryu, Cambridge) 37”60 (record asiatico), 3. Canada (Haynes, Brown, Rodney, De Grasse) 37”64 (record nazionale). Squalificate Stati Uniti e Trinidad Tobago.

Nella corrispettiva prova femminile, si impongono gli Stati Uniti (Bartoletta, Felix, Gardner e Bowe) in 41”01, grazie a campi pressoché perfetti. Argento alla Giamaica (Williams, Thompson, Campbell-Brown, Fraser-Pryce) 41”36 e bronzo alla Gran Bretagna (Philip, Henry, Asher-Smith, Neita) a suon di record nazionale (41”77).

Così le altre finali di giornata. Asta: 1.Ekaterini Stefanidi (Gre) 4.85, 2. Sandi Morris (Usa) 4.85, 3. Eliza Mccartney (Nzl) 4.80 (record nazionale). Martello: 1. Dilshod Nazarov (Tjk) 78.68, 2. Ivan Tsikhan (Blr) 77.79, 3. Wojciech Nowicki (Pol) 77.73. E dopo un’attesa di quattro anni, per le ragazze della 4x400 (Chigbolu, Spacca, Folorunso e Grenot) arriva il record italiano (3’25”16, precedente 3’25”71, Barcellona 1-8-2010, Bazzoni, Milani, Spacca, Grenot), che spalanca le porte per l’ingresso in finale con il sesto tempo.
 

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