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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Atletica Rio (7) / Tra Bolt, Clement e Eaton brillano le azzurre dell'alto

Vemerdì 19 Agosto 2016

bolt-200

di DANIELE PERBONI

In previsione della finale dei 200 metri (foto IAAF), abbiamo condotto una piccola empirica indagine fra conoscenti, amici e parenti, la maggior parte digiuni di atletica, su chi avrebbe vinto. Ignoravano tutto, l’eliminazione di Gatlin, l’exploit di De Grasse (chi?), il crono fatto segnare. Niente. La stragrande maggioranza ha vaticinato: “Vince Bolt”. Ma va? Troppo semplice, piace vincere facile! E in effetti, questa finale olimpica poteva perderla solo lui, il fulmine, quello con il pizzo mefistofelico, il figlio di Giamaica quello che, da buon cannibale, si è portato a casa tutti gli ori delle ultime tre Olimpiadi nelle gare più veloci del programma: 100 e 200. Manca ancora la staffetta 4x100, ma fra un paio di giorni sapremo com’è finita la tripletta delle triplette. Che il non più giovincello (30 anni, il tempo passa anche per questo spiritosello) sia un insaziabile e famelico collezionista di medaglie è noto a tutti, che spopoli su ogni rivista, quotidiano, social network e sia una delle facce più note a livello planetario lo sappiamo da anni, ma che anche la cognata chiami da qualche sperduto fiordo norvegese per sapere come è andata la sua gara, ancora mi mancava. Segno di una popolarità che non ha più confini.

Finisce con Bolt che sfila sul red carpet immergendosi nel consueto bagno di folla, dopo una gara dal grande sapore agonistico e dai contenuti tecnici un poco frenati dalla leggera pioggia e dalla brezza che soffiava contro (-0,5). La gara, come al solito, rispetta la consueta trama. I più veloci allo sparo sono il canadese De Grasse e il turco Guliyev (0,141 millesimi), mentre Bolt segna 0,156. Nulla di preoccupante. All’uscita dalla curva Usain ha già tre metri di vantaggio su De Grasse, metri che manterrà sino alla fine, nonostante la feroce rimonta di Lemaitre, Gemili e Martina. «Non ho bisogno di dimostrare niente altro – ha chiosato dopo l’arrivo – Che altro posso fare per dimostrare al mondo che sono il più grande?».

Bolt: l'obiettivo delle 9 medaglie

Tranquillo vecchio ragazzo. Nessuno ti toglierà questo titolo. Anche perché stai per raggiungere nell’olimpo degli dei gente come Carl Lewis e Paavo Nurmi che di medaglie ne hanno nove, mentre tu sei a quota 8 e ti attende ancora la staffetta con i compagni d’avventura pronti a servirti. Il 19”78 brasiliano è il più “lento” dei tre che gli hanno consegnato l’oro sui 200: (Pechino 19”30, Londra 19”32). De Grasse torna in patria con la seconda medaglia, dopo il bronzo nei 100 e solo tre millesimi separano Lemaitre da Gemili. Il panamense Edward (20”23) ha fatto registrare il tempo più veloce di sempre per un settimo classificato. Ecco l’ordine d’arrivo. 1. Usain Bolt (Jam) 19”78, 2. Andre De Grasse (Can) 20”02, 3. Christophe Lemaitre (Fra) 20”12, 4. Adam Gemili (Gbr) 20”12, 5. Churandy Martina (Ned) 20”13, 6. LaShawn Merrit (Usa) 20”19, 7. Alonso Edward (Pan) 20”23, 8. Ramil Guliyev (Tur) 20”43.

Oiboh! Nel pomeriggio di giovedì 18 agosto, l’Italia si scopre un paese di saltatori in alto. Avete presente quei fenicotteri dalle gambe lunghissime cosce che ai noi poveri “tappi” arrivano alle orecchie, magri o magre da far invidia a una fotomodella? Ecco, quella gente lì. Quelli che nell’attesa fra un salto e l’altro magari si fumano un cigarillos per rilassarsi. Non tutti sia chiaro. Solo qualcuno e sono sempre più rari. Li abbiamo visti nei tempi andati, quando non era ancora reato “pippare” nei luoghi pubblici all’aperto come gli stadi. Oggi sarebbero messi alla gogna mediatica… Gimbo Tamberi ha pensato bene di prendersi una vacanza? Ecco che la squadra azzurra sfodera due perle da far invidia a nazioni sportivamente più evolute: le friulane Alessia Trost e Desirèe Rossit. 23 anni una, 22 l’altra, una lunga carriera agonistica nel futuro e grandi/piccole soddisfazioni alle spalle. Promosse a pieno titolo per aver superato 1.94. Quota richiesta per accedere alla finale.

Le amiche che non escono a cena

Un unico allenatore, Gianfranco Chessa, la sola cosa che le accomuna. Caratteri diversi, personalità opposte. «Ci vediamo in pedana, condividiamo lo stesso tecnico – disse qualche mese or sono Alessia – ma non usciamo certo a cena insieme». Capito l’antifona? In quel di Rio, però, a dispetto del Grande Freddo che nutrono una verso l’altra, si ritroveranno in bella compagnia: la crema dell’High Jump mondiale. E pur essendo tutte "amiche", state pur certi che sabato 20 agosto un volta in pedana avranno il coltello fra i denti. Garantito! Diciassette ragazze assatanate e decise a mettersi al collo tre medaglie per cui hanno lavorato duramente.

Trost: «È stata una bella qualificazione. All’inizio correvo con troppa velocità, e in questo momento per saltare non mi serve, poi controllandola sono riuscita anche ad avere una stabilità tecnica che mi mancava da un po’ di tempo. Ovviamente il pensiero va al mio allenatore che ha lavorato quattro anni insieme a me, e che per problemi di salute non ha potuto essere qui. L’Olimpiade è un’emozione unica, Gianmarco Tamberi mi ha detto: Vai lì e divertiti, voglio vederti con il sorriso”, che sembra banale ma significa anche qualcosa di tecnico. Adesso testa alla finale, sarà una gara completamente nuova».

Rossit: «Nei salti alla terza prova, mi sono detta di stare calma e ho pensato solo a quello che so fare, soprattutto nell’ultimo a 1.94. Quest’anno ho trovato maggiore sicurezza, ho voluto conquistare la finale anche per il mio allenatore. Pensavo che potesse essere sufficiente 1.92 ed ero felicissima, poi sono riuscita a salire ancora. Sto vivendo tranquillamente l’esperienza olimpica, senza particolari pressioni. La pedana è molto reattiva e in finale sarà tosta, però sono convinta che posso far bene».

Nei giorni precedenti avevamo scritto che non ritenevamo la Rossit in grado di competere per un posto sul podio e che la Trost stava attraversando un periodo di involuzione tecnica. Confermiamo tutto, anche se, onestamente, nelle prove di qualificazione hanno dimostrato di avere carattere e grinta agonistica. Insomma superlative!. Non possiamo che chieder loro di smentirci clamorosamente.

Stelle-e-strisce tra luci e ombre e non solo

Nei 400 con barriere, finisce come doveva finire: cioè con la vittoria dello statunitense Kerron Clement, dato per favorito da quasi tutti i bookmaker, che ci ha regalato anche il primo “meno 48” dell’anno: 47”73. E così, dopo i titoli iridati di Osaka 2007 e Berlino 2009 e l’argento alle Olimpiadi di Pechino 2008, arriva anche questa medaglia d’oro, a suggellare una stagione eccellente. Dopo una prova all’altezza dei Giochi, Clement si lascia alla spalle il keniano Boniface Mucheru Tumuti (47”78,record nazionale) e il turco, ex cubano, campione d’Europa, Yasmani Copello (47”92, record nazionale). Quarto l’irlandese Thomas Barr con 47”97, altro record nazionale migliorato.

Ricordate la squalifica di Kemboi nelle siepi? Aveva appoggiato un piede oltre il cordolo, appena uscito dalla riviera, senza danneggiare nessuno e non aver acquisito vantaggi. La Francia, su segnalazione di Mahiedine Mekhissi (quarto) presenta ricorso. Accettato e il bronzo prende la via francese. Dopo una notte di riflessione ecco che il vecchio campione posta su Facebook «Avevo deciso di andare in pensione subito dopo le Olimpiadi solo se tornavo con una medaglia. Ora sento che devo riportarla a casa, non per protesta, ma per rimetterla sulla strada giusta. Kemboi non è andato in pensione verrà a Londra 2017 (Campionati Mondial. ndr) per ri-vendicare la medaglia. Nessun limite».

Pur difettando di esperienza internazionale (al suo attivo può vantare solo una partecipazione ai Mondiali Under 23 di Bressanone nel 2009, dove però ha vinto il peso e si è piazzato secondo nel disco), Ryan Crouser non si lascia condizionare dal blasone degli avversari e al secondo lancio “ammazza" la gara sparando la palla di ferro a 22.52 (record olimpico). Da lì in poi è tutto un susseguirsi di ottime prove ma nessuna che mette seriamente in pericolo l’oro. E per mettere maggiormente al sicuro il successo, al quinto tentativo va ancora oltre i 22 metri, un’altra prestazione migliore di quella del secondo. Finisce così: 1. Ryan Crouser (Usa) 22.52, 3. Joe Kovacs (Usa) 21.78, 3. Tomas Walsh (Nzl) 21.36, 4. Franck Elemba (Congo) 21.20 (record nazionale), 5. Darlan Romani (Bra) 21.02 (record nazionale), 6. Tomasz Majewski (Pol) 20.72.

L’ottavo oro targato stelle & strisce (24 le medaglie sin qui conquistate dagli americani) arriva dai 400 ostacoli donne, grazie a Dalilah Muhammad, che fa sua la prova, sotto la pioggia, con un sonoro 53”13. L’argento va alla danese Sara Slott Petersen, la campionessa d’Europa, che firma il primato nazionale con 53”55. Il bronzo è ancora una questione Usa: se lo mette al collo Ashely Spencer (53”72), che beffa nel finale la ceca Zuzana Hejnova (53”92). Dato statistico: malgrado la presenza costante, e le sette medaglie conquistate nella storia prima di questa, gli Stati Uniti centrano oggi, grazie alla Muhammad, il primo oro nel giro di pista con barriere.

Grande sorpresa nel giavellotto femminile, con il successo della 21.enne croata Sara Kolak, bronzo ai recenti Campionati Europei di Amsterdam (e ai mondiali junior di due anni fa a Eugene). Con 66.18 ai Giochi si è migliorata complessivamente, tra qualificazione e finale, di quasi tre metri! Questo è stato il suo quinto record nazionale dell’anno, migliorandosi, nel solo 2016, più di otto metri. Con questa vittoria è già l’ottava volta che centra il primato nazionale, da quando ne aveva 18. La Kolak è il secondo oro croato, con quello della discobola Sandra Perkovic, a questi Giochi. L’argento va alla sudafricana Sunette Viljoen con 64.92, sua prima medaglia olimpica dopo quattro partecipazioni. Inoltre è la prima medaglia in questa specialità vinta da una atleta africana. Il bronzo se lo aggiudica la ceca Barbora Spotakova, oro olimpico a Pechino 2008 e Londra 2012, con 64.80, prima donna a vincere tre medaglie nel giavellotto.

Ashton Eaton si conferma campione olimpico del decathlon, anche se la sua risulta una vittoria tutt’altro che comoda. Alla partenza dei 1500 metri, infatti, il primatista del mondo (9045 punti ai Mondiali di Pechino), ha appena una quarantina di lunghezze sul 24enne francese Kevin Mayer, argento europeo a Zurigo due anni fa. Eaton alla fine ce la fa (8893 punti, record olimpico eguagliato), ed il francese coglie un inaspettato argento (8834, record nazionale), davanti al canadese Warner (8666). Con due successi, Eaton raggiunge nel libro d’oro dei Giochi il britannico Daley Thompson (1980-1984), e il connazionale Bob Mathias (1948-1952).

Eliminata Yusneysi Santiusti nella semifinale degli 800. Malgrado un ritmo non eccelso (59”3 il passaggio ai 400) è settima nella sua serie con 2’00”80. Può bastare.
 

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