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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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FuoriOnda / Ginnastica: la rivincita delle piccole grandi donne

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Mercoledì 17 Agosto 2016

ferrari

di FIAMMETTA SCIMONELLI

Palle di gomma con muscoli d’acciaio nascosti sotto le morbide forme femminili. Lo spettacolo di grazia e di forza che sanno offrire le ginnaste incanta gli occhi di chi le guarda. Se poi in finale del corpo libero di sono due azzurre allora il cuore comincia a battere all’impazzata perché non vorremmo vedere nessun errore, nessuna incertezza, cercare in ogni loro movimento la perfezione. Vanessa Ferrari (nella foto CONI) ed Erika Fasana hanno messo a dura prova le nostre coronarie. La prima, 25 anni, m.1,46 per 45 kg., nata in provincia di Brescia, la ammiriamo da 10 anni, quando nel 2006, ragazzina prodigio, conquistò l’oro mondiale nel Concorso Generale (che comprende tutte le specialità) e poi in seguito 5 ori mondiali e 10 europei nei singoli attrezzi. E’ stata la prima ginnasta italiana ad eseguire nel corpo libero lo Tsukahara avvitato “Silvas”, doppio salto indietro con doppio avvitamento, combinazione poi adottata con successo anche da Erika Fasana.

Alla terza esperienza olimpica dopo Pechino e Londra (dove terminò quarta nel corpo libero e settima nella gara a squadre) la “farfalla di Orzinuovi”, come chiamano Vanessa i suoi tifosi bresciani, ha sfoderato tutta la sua arte per imporsi sulle fortissime avversarie: le statunitensi Simone Biles, m. 1,45 di altezza , autentica protagonista della ginnastica a Rio, e Aly Raisman, m.1.46; ma oltre alle due americane meglio di lei, che per un’indecisione sulla chiusura ha lasciato pochissimi decimi, terminando la sua terza e ultima Olimpiade al quarto posto, si è classificata l’inglese Tinchler, capace di un esercizio senza errori, vera outsider della specialità.

Erika Fasana, comense, 20 anni, m.1.55 x 50 kg.,vincitrice di 5 medaglie al Festival Olimpico della gioventù nel 2011 e già settima nella squadra a Londra 2012, prima italiana ad eseguire il doppio salto teso con avvitamento, ha disputato a Rio 2016 la sua prima finale olimpica, terminando al sesto posto. Un successo, comunque, delle due ginnaste azzurre, belle e convincenti nelle loro prove. E un saluto particolare a Vanessa Ferrari, caporal maggiore dell’Esercito, che sembra decisa a lasciare l’attività agonistica: lei che ha saputo aprire, nel corso dei tanti anni di attività, un nuovo cammino mondiale e olimpico alla ginnastica femminile che speriamo sia in grado di raccogliere questa preziosa eredità.

La disciplina della ginnastica artistica, probabilmente creata per ragazze di piccolo taglio (le più alte superano a mala pena il metro e sessanta) sembra una rivincita vera di chi non può confrontarsi con le vichinghe di tante altre discipline. Chissà quante volte le bambine destinate a rimanere piccoline hanno pianto accanto ai loro genitori per non averle fatte crescere di più; quante volte si sono sentite inferiori alle compagne di scuola slanciate e appariscenti; quante volte, prima di conoscere la ginnastica e di amarla hanno pensato sconsolatamente di essere tagliate fuori dallo sport. Invece questa disciplina le riconcilia con la natura, le fa sentire belle e forti. Truccate e pettinate come delle vere attrici, queste ragazze si impongono con una fierezza disarmante anche a livello olimpico.

Evviva allora la disciplina che esalta le atlete minute, dal fisico perfetto e dalla volontà di ferro. Con quest’ultima e con la cura e il perfezionamento delle doti naturali si può salire fino alle finali e, magari, se la fortuna non ti abbandona per due volte, come ha fatto con Vanessa Ferrari, alle medaglie olimpiche.
 

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