- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Atletica Rio (4) / Il doppio "mondiale" della vorace Anita

Martedì 16 Agosto 2016

wlodarczyk

di DANIELE PERBONI

Non smette di stupire l’atletica ai Giochi brasiliani. Alla quarta giornata, infatti, viene letteralmente frantumato un altro record mondiale. Sulla pedana del martello la 31.enne polacca Anita Wlodarczik, due titoli mondiali (Berlino 2009 e Pechino 2015), un argento olimpico (Londra 2012), oltre a quattro record mondiali all’attivo, al terzo tentativo spara la palla di ferro da 4 chili a un eccezionale 82.19, migliorando il suo precedente limite (81.08) di 1 metro e 21 centimetri. Una superiorità rimarcata anche al quinto lancio, quando scaglia l’attrezzo a 81.74, risultato migliore del suo precedente record mondiale. L’argento va alla cinese Zhang Wenxiu (76.75) e il bronzo alla britannica Sopie Hitchon (74.54 e record nazionale). La neo olimpionica ha una curiosa e commovente storia alle spalle, degna di una romantica commedia holliwoodiana.

I risultati dell'atletica nella sezione RIO 2016

Ma partiamo dall’inizio. Anita vive nella periferia di Rawciz, sua città natale (8 agosto 1985), dove non esiste alcun impianto sportivo. Così si dedica al ciclismo speedway, disciplina che si pratica su piste in terra battuta, fra polvere e sassi. È così brava che nel 1988 viene convocata per i Campionati Europei giovanili. Unica donna fra tanti i maschi, ed è anche la più giovane partecipante dall’alto (o basso?) dei suoi 13 anni. Ma, come ha dichiarato più volte, non ha rimpianti: «Grazie a quelle durissime gare le mie gambe sono cresciute forti e robuste, qualità che per il martello sono determinanti».

La bella storia di Anita

Nel prosieguo della carriera si affida anche a una psicologa per non “subire” l’enorme pressione a cui è sottoposta. In Polonia, infatti, il lancio del martello è una sorta di religione. Prepara i Giochi di Londra 2012, dove guadagna l’argento, allenandosi con martelli più pesanti di quello regolamentare. Anche di 5 o 6 chili: «Così nelle gare ufficiali l’attrezzo mi sembrava leggerissimo. Una piuma. Ma la mia tecnica lasciava piuttosto a desiderare, mi mancava la velocità di esecuzione». Questo handicap, a cui ha sopperito cambiando allenatore, comunque non le ha impedito di vincere il titolo europeo a Helsinki, un mese prima di Londra.

Nella capitale anglosassone, Anita è scesa in pedana indossando scarpe e guanti della connazionale Kamila Skolimowska, campionessa olimpica a Sydney 2000 a soli 17 anni e 331 giorni, e deceduta nel 2009, a 26 anni, mentre si allenava in Portogallo per una sospetta embolia polmonare, stando al medico della polizia polacca o per un attacco cardiaco come sostennero i medici sportivi. Ma come mai Anita possedeva quegli indumenti? lo racconta il padre di Kamila, Robert: «Quando nostra figlia se ne è andata, ci siamo ritrovati in casa moltissimo materiale tecnico di prima qualità. Così abbiamo deciso di donare il tutto a giovani atlete promettenti. E ad Anita sono toccate scarpe e guanti. A Londra, ci sembrava proprio di vedere nostra figlia, e abbiamo festeggiato quell’argento proprio come se lo avesse vinto Kamila». Le due ragazze, tra l’altro, si conoscevano personalmente. «A Pechino 2008 – racconta Anita – mi ha aiutata moralmente al mio debutto olimpico (la Skolimowska era stata eliminata nella qualificazioni), dicendomi che dovevo rappresentare degnamente il nostro paese».

Nota di colore. Al suo ritorno, il padre salutò la Wlodarczik con 77 rose, una per ogni metro lanciato nello stadio inglese (77.60). Nell’ambiente dei lanciatori, Anita è nota come una ragazza dall’enorme appetito. Leggendaria la colazione che fece prima della finale agli Europei di Barcellona 2010, dove si piazzò terza: nove uova sode. «Ero in ritardo e ultima in sala. Ho arraffato quello che era rimasto, …».

Record sfiorato nei 3.000 siepi femminili da Ruth Jebet, keniana d’origine ma cittadina del Bahrein. Cittadinanza acquisita, questa volta in tempi non sospetti e non a tempo di record, … il suo 8’59”75 rappresenta il nuovo record asiatico e la seconda prestazione mondiale di tutti i tempi, dopo l’8’58”81 della russa Gulnara Gallina (Pechino, 17 agosto 2008). Argento per Hyvin Kiyeng Jepkemoi (Ken) 9’07”12, e bronzo a Emma Coburn (Usa) 9’07”63 al nuovo primato del continente americano. La prima importante medaglia di una statunitense In questa specialità. Al record nazionale anche la tedesca Gesa Felicitas Krause, sesta in 9’18”41.

Nel primo turno dei 400 ostacoli, da sottolineare l’inaspettata eliminazione del campione del mondo in carica, il keniano Nicholas Kiplagat Bett, squalificato per invasione di corsia.

Nella prova femminile, promosse alle semifinali la non ancora ventenne Ayomide Folorunso, terza nella sua batteria in 55”78, e Yaris Pedroso, reduce da un infortunio patito a gennaio, la migliore fra le ripescate con 55”91: rispettivamente nono e undicesimo tempo. Fuori Marzia Caravelli (57”77).

Italiani: la finale della Grenot e poco altro

Nei primi turni dei 200 donne, subito fuori Gloria Hooper, sesta nella sua batteria con 23”05. E qui sorge spontanea una domanda. Ma è proprio necessario spedire la ragazza oltre oceano, in Florida, e spendere un piccolo gruzzolo per poi vederla finire così mestamente nelle retrovie? Siamo così sicuri che in patria non si trovi un eccellente tecnico per farla andare almeno un “cicinin” più veloce? O gli allenatori italiani sono diventati tutti degli incapaci? Che ne dicono i vertici federali e quelli della Forestale, la società di appartenenza? Tanto per fare un po’ di demagogia ricordiamo che anche quelli sono soldi nostri. Signori non credete che si possano spendere meglio? Attendiamo risposte.

Fuori anche i siepisti Yuri Floriani (8’40”80), frenato da un dolore alla caviglia e Abdullah Bamoussa (8’42”81), convocato all’ultimo minuto dopo che già aveva staccato la spina e pensava di andare in vacanza.

Out anche Fabrizio Donato nel triplo. Il quarantenne bronzo olimpico di Londra 2012, alla seconda vera prova agonistica dell’anno, non riesce ad andare oltre il 16.54 della prima prova, inanellando poi due nulli di cui il seconda per un’inezia che avrebbe potuto garantirgli l’accesso alla finale. Bastava, infatti, anche un modesto 16.62 per raggiungere l’obiettivo. Solo in tre oltre i 17 metri: gli statunitensi Taylor (17.24) e Claye (17.05) e il cinese Dong (17.10).

La partita di poker dell’asta riserva, come sovente accade, una grande sorpresa. Tutti aspettavano il francese Lavillenie, campione olimpico in carica e il migliore specialista degli ultimi anni. Ma ecco spuntare il 23.enne brasiliano Thiago Braz Da Silva, lunghi soggiorni in quel di Formia seguito da Vitaly Petrov, che piazza un 6.03 che gli regala oro e primato olimpico. La gara: Lavillenie non commette errori sino a 5.93, mentre Da Silva li supera al secondo tentativo. 5.98: il francese è ok, mentre il brasiliano passa. Si va a 6.03. Salto riuscito per il brasiliano, fra il tripudio dei pochi presenti. A questo punto il francese chiede i 6.08. Nulla da fare, deve accontentarsi dell’argento a 5.98. Terzo è lo statunitense Sam Hendricks con 5.85.

Nei 400 donne, vince la bahamense Shaunae Miller (49”44, primato personale) davanti alla stelle-e-strisce Allyson Felix (49”51) e alla giamaicana Shericka Jackson (49”85). Ottava, con 51”25, Libania Grenot. «L’obiettivo era la finale olimpica e l’ho raggiunta. Diciamo che questa è stata una stagione perfetta che comprende anche l’oro europeo di Amsterdam. Non posso rimproverarmi nulla».

Il keniano David Lekuta Rushida vince senza eccessivo problemi gli 800 (1’42”15) bissando così l’oro di quattro anni fa. Secondo è l’algerino Teoufik Makhloufi (1’42”61, record nazionale) e terzo il giovane 21.enne Clayton Murphy (Usa) con 1’42”93, record personale migliorato di una enormità (vantava un 1’46”68 datata 2015). Quarto il francese Bosse (1’43”41) e quinto il keniano Ferguson Cheruiyot Rotich 1’43”55.
 

Cerca