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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Atletica Rio (3) / La terza di Bolt, ma nella storia entra Van Niekerk

Lunedì 15 Agosto 2016

bolt-rio

di DANIELE PERBONI

Segnatevi data e luogo: Rio de Janeiro (Stadio Olimpico Havelange), 14 agosto 2016. Uno spartiacque, da quel giorno il mondo non sarà più lo stesso. Più prosaicamente il giro di pista ha cambiato pelle, si è trasformato, non è più quella “bestia nera” che tutti abbiamo imparato a conoscere e chi lo ha frequentato sa di cosa stiamo parlando. Quattrocento metri corsi alla follia, quasi senza respirare, con l’acido lattico che piano piano ma inesorabilmente ti avvelena i muscoli, li trasforma in pezzi di legno, con il respiro che si fa più pesante affannoso. E il traguardo che si allontana sempre più. Basta! Tutto questo non esiste più, cancellato dal sudafricano Wayde Van Niekerk. Grazie a lui, quella distanza "maledetta" dal 14 agosto 2016 è diventata quasi un piacere. Sì, perché un giovin signore (attenzione! non è quello raccontato nella commedia “Il Giorno” di Giuseppe Parini) dell’altro emisfero, di 24 anni e un mese, ha impresso nella mente di chi lo ha seguito che si possono correre consecutivamente quattro 100 metri in meno di 11 secondi. Possibile?

Certo che è possibile e lo ha ampiamente dimostrato sulla grigia pista olimpica nella più grande finale della specialità di tutti i tempi, cancellando un certo Michael Johnson. È successo che quel bravo e religioso ragazzo di Cape Town, città dove è nato il 15 luglio 1992, ha sfoderato una prestazione mostre annichilendo tutti. Ha corso e vinto in 43”03, lasciandosi alle spalle il granadegno Kirani James (43”76, record stagionale) e il plurititolato statunitense LaShawn Merrit (43”85), il rappresentante di Trinidad e Tobago Cedenio (44”01, record nazionale), il portabandiera del Botswana (44”25 al record personale), e il rappresentante del Bahrein (44”36, altro record nazionale). Insomma gente che speri non debbano mai inseguirti perché ti hanno scambiato per un ladrom …

Quando la storia diventa leggenda

Prima di andare avanti, rileggiamola questa finale che riscrive uno dei più bei capitoli di storia dell'atletica:

1. (8) Wayde Van Niekerk (RSA) 43"03 [RM]
2. (6) Kirani James (GRN) 43"76
3. (5) Lashawn Merritt (USA) 43"85
4. (3) Machel Cedenio (TTO) 44"01
5. (1) Karabo Sibanda (BOT) 44"25 [RP]
6. (2) Ali Khamis Khamis (BRN) 44"36
7. (4) Bralon Taplin (GRN) 44"45
8. (7) Matthew Hudson Smith (GBR) 44"61

van niekerk

Il giovane Wayde, un predestinato

Che dire di più? Che il ragazzo, allenato da una donna di 74 anni, al passaggio dei 300 metri è stato cronometrato in 31 secondi netti, 66 centesimi meglio di quanto fece Johnson a Siviglia nel 1999 quando si portò a casa record e titolo mondiale con 43”18. Aggiungiamo che il capolavoro è stato costruito fra i 250 e i 300 metri, quando lo studente di marketing ha iniziato e prendere un leggero vantaggio sui diretti avversari. Uscito dall’ultima curva era davanti di circa un metro. Vantaggio che alla fine è andato aumentando. Solitamente si ha l’impressione che chi sta davanti corre più veloce. In realtà sono gli altri che rallentano. In questo caso no. Era l’ex rugbista sudafricano che stava mettendo metri fra se e gli altri. Spingeva, spingeva, spingeva. Pareva di vederlo alla fine di un 200. Impressionante! E i punti esclamativi non sono esagerati. Stando a quanto fatto vedere potrebbe essere il primo uomo ad abbattere la barriera dei 43 secondi. Lo dicono i suoi primati personali: 9”98 sui 100, 19”94 sui 200. E questa distanza il fresco primatista la ama veramente.

Sembra un predestinato Van Niekerk. Lo dice anche la sua storia personale. Nato prematuro, di 29 settimane, pesava meno di due chili (1,9) e i medici avvisarono la madre di tenersi pronta. Sarebbe potuto morire da un momento all’altro. Non accadde. Già il giorno dopo stava meglio e ricominciava a recuperare energie. Proviene da una famiglia sportiva, padre e madre hanno praticato attività agonistica a buoni livelli, e il primo approccio con lo sport lo ha avuto con il rugby, seguendo il cugino Cheslin Kolbe, anche lui presente a Rio nella squadra di rugby a 7. Successivamente ha provato con l’alto per passare poi alla velocità che, però, gli ha procurato diversi infortuni. «Troppo esplosiva per i suoi legamenti» ha sottolineato l’allenatrice. Così dal 2012, oltre a cambiare coach si è dedicato unicamente ai 400. Mai scelta fu più azzeccata. Si è messo in luce ai mondiali di Pechino 2015, quando si impose in 43”48 e dovette essere trasportato in ospedale per la fatica accumulata. «Ho sognato questa vittoria – ha confessato dopo la splendida cavalcata – e chi ha corso con me è stato capace di ispirarmi». Signori inchiniamoci alla bellezza del nuovo, …

Bolt vs Gatlin: tutto secondo copione?

La tanto attesa sfida fra il giamaicano Usain Bolt e lo statunitense Justin Gatlin è finita come tutti, o quasi, immaginavano. Il titolo (il terzo) è andato al caraibico (9”81). Gatlin, ancora una volta, si è dovuto inchinare (9”89) alla superiorità dell’avversario. Terzo è finito il canadese Andre De Grasse (9”91) e quarto l’altro giamaicano Yohan Blake (9”93). Una finale attesa in tutto il mondo, soprattutto a Rio. Bolt, infatti, è stato capace di riempire (quasi) lo stadio. Da segnalare che i primi sei sono scesi sotto i 10 secondi, con il sudafricano Simbine a 9”94 e l’ivoriano Meitè a 9”96 (record nazionale). Ha vinto a mani basse Bolt, dando l’impressione che si è limitato a vincere senza spingere sino in fondo, mentre Gatlin, contrariamente al solito, si è irrigidito troppo, pregiudicando se non la vittoria almeno in cronometraggio. I due protagonisti non sono più quelli di alcuni anni fa e il sospetto è che non li rivedremo più a fianco e sulla stessa pista. Ora attendiamo Usain all’altra doppietta (200).

Nell’altre finale di giornata, il triplo donne, successo per la colombiana Caterine Ibarguen (15.17/+0,4), davanti alla più giovane venezuelana Yulimar Ibarguen (14.98/+0,8) e alla kazaka Olga Rypakova (14.74/+0,3).

Gli italiani. Libania Grenot ce l'ha fatta: terza in semifinale alle spalle di Allyson Felix e Sgaunae Miller, ha corso in 50"60, sesto tempo tra le otto della finale. Disco rosso per Silvano Chesani nelle qualificazioni dell’alto, fermatosi a 2.22 e per il sammarinese Eugenio Rossi (2.17). Promossi tutti i migliori: Barshim, Bondarenko, Drouin, Ivanov, Grabarz, Cresce il rimpianto per l'assenza forzata dello sfortunato Gianmarco.

Maratona: ci sono anche le azzurre

I 42 chilometri riservati alle donne, corsi in un’atmosfera quasi surreale (poco pubblico e continue invasioni del percorso da parte di spettatori) hanno dimostrato, per l’ennesima volta, che le lunghe distanze sono terra di conquista per i corridori degli altipiani africani, Kenia ed Etiopia in primis. E anche chi sfoggia bandiere diverse, tipo, la seconda classificata di questi Giochi, in massima parte proviene da quei luoghi. Troppo facile ottenere nuovi passaporti per meriti sportivi in alcuni angoli del pianeta, specialmente nella penisola arabica.

Pochi ricordano la vicenda dell’ottocentista danese di origine keniana, Wilson Kipketer, che pur essendo il migliore al mondo nella specialità (migliorò tre volte il record mondiale degli 800), non riuscì a partecipare ai Giochi di Atlanta ‘96 perché i cinque anni di permanenza nel paese d’adozione non erano sufficienti per ottenerne l’eleggibilità olimpica. Pur essendo il migliore in assoluto (tre titoli iridati consecutivi), dovette attendere i Giochi di Sydney 2000 dove, in parabola discendente, si mise al collo comunque l’argento e il bronzo ad Atene 2004. Più recentemente è ancora fresco il caso della Turchia che ai Campionati Europei di Amsterdam ha schierato una squadra di cui il 50% dei componenti proveniva da oltre confine. Per ribadire il concetto segnaliamo che nelle semifinali dei 100 erano presenti due rappresentanti del Bahrein, chiaramente di origini caraibiche.

Dopo un lungo, ma noioso, duello si impone le 31.enne keniana Jamima Sumgong (2h24'04"), davanti alla portacolori del Bahrein, altra ex-keniana, Eunice Kirwa (2h24'31") e all'etiope Mare Dibaba (2h24'30"). Quarta un'altra etiope, Tirfi Tsegaye (2h24'47") e quinta la bielorussa Mazuronak (2h24'48"). Più che soddisfacente il comportamento delle azzurre Valeria Straneo, vice-campionessa iridata 2013 ed europea 2014, 13.ma in 2h29'44" alla prima maratona dell'anno, e comuqneu seonda delle europee. Eccellente la 44.enne piedrata di Aosta, Catherine Bertone, 25.ma in 2h33'29", mentre Anna Incerti  si è fermata al 35° chilometro.
 

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