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Atletica / Gli "Assoluti" della (possibile) transizione giovane

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Martedì 28 Giugno 2016

galvan

di DANIELE PERBONI

Il “Guidobaldi” di Rieti è, per tradizione, uno stadio con pista e pedane di antiche e ottime tradizioni. Da quelle parti grandi campioni del passato e del presente hanno ottenuto fior di prestazioni e molte di queste sono annoverate fra i primati mondiali. Inutile ora stendere l’elenco delle performances mondiali, per venirne a conoscenza basta scorrere le liste all-time presenti anche su questo sito. Qui ci preme sottolineare come, ancora una volta, il capoluogo della Sabina sia favorevolmente propizio alle faccende atletiche, in specie per quelle italiche.

E alla vigilia dei campionati continentali olandesi la “tre giorni” reatina ci ha consegnato un movimento che appare in buona salute, pur restando lontano anni luce dagli splendori internazionali. Ma questa è un’eredità che ci accompagna da sempre. Siamo abituati, infatti, a gioire di pochi e sublimi acuti e accontentarci di buoni o ottimi (scegliete voi…) riscontri tecnici che (periodicamente) ci sollevano dalla mediocrità. Anche se, negli ultimi 10-15 anni questa condizione (la mediocrità) ci ha fatto troppo spesso compagnia. Campionati italiani dicevamo, con un occhio ai Campionati Europei e l’altro a Rio.

Prospettive da medaglie

In funzione continentale, tra i tanti risultati di Rieti, spicca il record italiano di Matteo Galvan nei 400 (45"12, foto Colombo/Fidal)), record che resisteva da dieci anni (45"19 di Andrea Barberi) e che, a sua volta aveva migliorato il 45"26 del milanese Mauro Zuliani risalente al 1981. Insomma 14 centesimi di progresso in 35 anni. Poco, tanto? Sta di fatto che ora il ventisettenne vicentino delle Fiamme Gialle può guardare con più ottimismo al futuro e ambire almeno a un posto fra i primi otto europei. Gli altri potenziali metalli potrebbero venirci dal “solito” Gianmarco Tamberi nell’alto e dalla consocia Alessia Trost, dall’italo-cubana Libania Grenot nel giro di pista e dai faticatori impegnati nella mezza maratona: Meucci, La Rosa, Anna Incerti e Veronica Inglese. Per il resto, meglio stare calmini. Come sentenziava Forrest Gump “la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai cosa puoi trovarci dentro”.

La generazione giovane

Indubbiamente, grazie ai tricolori 2016, il grande (?) pubblico ha fatto la conoscenza di una sfilza di giovani virgulti che in futuro potranno ragionevolmente rimpolpare le generazioni in scadenza. Inoltre, come abbiamo già avuto modo di scrivere, l’atletismo nostrano si trova a dover fare i conti con giovani nati o originari da altri continenti e altre culture. Forze fresche, motivate e grintose che, oltre ad essere dotate di geni e discendenze ereditarie di ottima fattura genetica, vedono nello sport un mezzo di riscatto sociale e, perchè no, economico. Cosa questa che non guasta mai. Anzi!

Da sempre potenze atletiche come Francia, Gran Bretagna e Spagna, tanto per restare in Europa, pescano in questi “vivai” provenienti dai vecchi territori coloniali (non è, ovviamente, il nostro caso). Ora anche la piccola Italia (colonialmente parlando) può beneficiare di un fenomeno, quello di grandi correnti migratorie per i più svariati motivi, che per lo più si vedono in maniera negativa. Due dati su tutti: su 37 titoli tricolori assegnati, 12 sono andati ad atleti di provenienza o origine “non italiana"; così come risulta il 25% dei convocati in azzurro per gli Europei. Questo pare essere il futuro dello sport e della società italiana. E non dobbiamo che esserne ragionevolmente accoglientii.

La freschezza della velocità

Fra i tanti nomi emersi, ci ha colpito il giovanissimo (18 anni appena compiuti) velocista Filippo Tortu che dimostra ancora meno della sua età anagrafica. Proveniente da una famiglia ricca di “fibre bianche” (nonno Giacomo è stato uno sprinter da 10"9; Salvino, il papà-allenatore, vanta un 10"6 e un 10"8 ancora a 40 anni, mentre il fratello maggiore Giacomo ha un personale di 21"05) ha messo le mani sul suo primo titolo tricolore, correndo controvento (-1,3) in 10"32, ma vanta un più che eccellente 10"24 (+1,2), primato italiano juniores, strappato a Pier Francesco Pavoni. Atleticamente Tortu è nato e cresciuto nel vivaio dell’Atletica Riccardi di Milano, mentre ora è tesserato per le Fiamme Gialle.

Se sapranno farlo crescere e maturare con calma, e non abbiamo nessun dubbio che questo accada, potrà regalarci nuove emozioni. Con l’aiuto del 23enne Eseosa Desalu, tricolore sui 200 con 20"31 (terzo tempo all-time italiano), Massimiliano Ferraro, Giovanni Galbieri, Federico Cattaneo e Davide Manenti potrà rinverdire i fasti di una staffetta veloce (obiettivo l'ingresso nelle 16 squadre di Rio)  che ha sempre saputo primeggiare a livello internazionale, pur non vantando “mostri sacri” assoluti. Tanto per non farci mancare un pizzico di nostalgia, ricordiamo l’argento colto ai primi mondiali di Helsinki 1983: quel 38"37 con Tilli, Simionato, Pavoni e Mennea, con l'oro agli Stati Uniti (King, Gault, Smith, Lewis in 37"86 e bronzo all’Unione Sovietica (Prokofiev, Sidorov, Muraviev, Bryzgin in 38"41.


Tutti i dati sulla stagione, aggiornati a dopo Rieti, consultabili in TOP TEN.
 

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