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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
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Rio 2016 / Le responsabilita' del Brasile, e quelle del CIO ...

Venerdì 27 Maggio 2016

dilma

Le nubi che si vanno addensando in queste ore sui prossimi Giochi di Rio (mancano 70 giorni all'inaugurazione) preoccupano molto, non tanto per i rischi del loro svolgimento, che (salvo situazioni imprevedibili) seguiranno le attese, quanto perchè mettono ancora in discussione le logiche a monte della stessa esistenza dei Giochi Olimpici. Problema che ricade interamente sul CIO, un orgamisno nato nel 1894, assolutamente autoreferenziale, che (si) è posto al vertice dell'organizzazione sportiva mondiale ma che, col passare degli anni e gli annunci, appare sempre meno capace di gestirla.

Scriveva qualche tempo addietro Galli della Loggia, parlando del CIO, che si tratterebbe, in buona sostanza, di un gruppo di "vecchi signori moderatamente corrotti", che non hanno alcuna base elettorale, ma si scelgono tra di loro, per di più senza regole certe (invano si cercherebbero sulle carte del CIO tali criteri). Accade così che, in tempi non lontani, l'Italia si trovava ad avere ben 5 membri (oggi ridotti a 3), a fronte di centinaia di nazioni assolutamente non rappresentate. Attualmente il CIO ha 91 membri, numero solido, minacciato solo da banali logiche anagrafiche.

Tutto questo per ricordare che l'assemblea del CIO - tenuta il 2 ottobre 2009 a Copenaghen - per l'edizione 2016 scelse a larghissima maggioranza Rio de Janeiro che, nella votazione finale, "doppiò" Madrid. Tra le quattro città pretendenti (i Giochi, si ricordi, vengono assegnati alle città e non alle nazioni), era uscita al primo turno di consultazione Boston, malgrado in soccorso fosse arrivato Barack Obama - allora molto più popolare di quanto risulti oggi, dopo otto anni di mediocrità - accompagnato dalla moglie Michelle.

Quindi, tutti appassionatamente, a favore di Rio e per la prima volta del Sud America. Certo, si può dubitare della lungimiranza di un gruppo di "vecchi signori", per di più abituati alla prima classe e agli alberghi a sette stelle. Ma va anche detto che le scelte fatte allora dal CIO erano in linea con il quadro economico/politico del momento. A quel tempo, in tutto il mondo, si guardava con ammirazione ed invidia al Brics, l'acronimo che univa le cinque economie in maggiore espansione nate dalla globalizzazione. Con Russia, Cina, India e Sud Africa, il Brasile pareva il nuovo Eldorado, generato dalle politiche sociali del partito dei lavoratori (PT) del leader Lula.

Fu proprio Lula a raccogliere a Copenaghen quella nomination, tra esultanze eccessive e ritmi di samba. Sono trascorsi sette anni, da allora, e le cose sono profondamente mutate. Lula, secondo la stampa del suo paese, rischia oggi l'arresto, mentre la sinistra ha dovuto lasciare la guida del paese. La sua pupilla ed erede, Dilma Rousseff (nella foto, mentre riceve la fiamma olimpica), messa in stato di accusa dal senato brasiliano, è stata accantonata e il potere è finito nelle mani del professore universitario Michel Temer, da sempre fiero avversario di Lula. Toccherà a lui aprire i Giochi il prossimo 5 agosto.

Questo, per sommi capi, il processo politico. C'è poi la valutazione economica, il vero problema che, assieme alla mancanza di lungimirana del CIO, getta ombre sinistre sulle future assegnazioni (sono di queste ore le anticipazioni su casi di corruzione che avrebbero favorito la scelta di Tokyo per il 2020). Oggi il Brasile è in pieno caos, sociale e politico, innescato dal crollo del prodotto lordo del 3,8% all'anno. Mentre le strade delle città più importanti, ma non solo, vengono percorse da violente manifestazioni popolari, pro o meno Dilma.

Ci si augura che i Giochi brasiliani possano svolgersi secondo le attese, anche se non tutti gli impianti sono stati ultimati, ci sono problemi ecologici e minacce dello Zika, c'è l'incognita esplosiva delle favela, la violenza endemica delle città sudamericane, la polizia che per acquistare armi deve chiedere aiuto ai privati, ma soprattutto esiste una instabilità sociale molto marcata e pericolosa. Certo, non si può dare di tutto questo colpa al CIO. Ma, ... una volta chiusi i Giochi (21 agosto), tutti a casa - a cominciare dai membri del CIO che saranno calati in massa - mentre i problemi e i debiti resteranno totalmente sulle spalle dei brasiliani. Un po' come capita tutte le volte (dice qualcosa Atene 2004?). Ma il CIO è già pronto per le nuove scelte (settembre 2017), con la benedizione dei grandi network televisivi, i cui interessi tutto determinano.

 

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