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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
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Letture / "Il linguaggio atletico": un omaggio alla bellezza dello Sport

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Mercoledì 4 Maggio 2016

carloparola

Questo articolo di Gaia Piccardi - titolo: Cosi lo sport ci disegna il carattere -, pubblicato ieri sul Corriere della Sera, apre la serie "Il bello dell'Italia" dedicata dal quotidiano al "patrimonio di saperi che può rilanciare la nazione". Ne riportiamo la parte iniziale e la chiusa finale. Concetti da condividere.

Ci sono gesti che sono arte, prima di diventare sport. Il salto ventrale nell'alto, quel fare l'amore con l'asticella cui un americano dell'Oregon, l'ingegnere civile Dick Fosbury, impose la rivoluzionme copernicana nell'anno che ribaltò - opla, a pancia in su - l'atletica: correva, con una fretta del diavolo, il 1968. E ancora il tocco di velluto di Gianni Rivera, la veronica di Adriano Panatta, un ghirigoro sul ghiaccio (uno qualsiasi) di Carolina Kostner. E ci sono forme d'arte profondamente innamorate dello sport. L'estetica del gesto è il ponte che unisce chi esegue e chi guarda. "Lo sport può essere un perfetto veicolo di apprendimento del significato di bellezza" annuncia il professor Stefano Zecchi, guru del dipartimento di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano: "il brutto è più facile da capire, arriva subito. La percezione della bellezza invece richiede cultura e finezza: non è innata, però può essere educata".

Ogni disciplina ha la sua chiave di lettura: bellezza è la smorfia di fatica di Coppi e Bartali nel ciclismo, la potenza controllata dello slalom di Tomba, la bracciata senza peso della Pellegrini. Nella concezione leopardiana la bellezza non è democratica però il gesto sportivo ha una forza iconografica che travalica epoche e continenti, generi e egualitarismi. E non parliamo solo del gesto classico: chi non ricorda il pugno guantato della pantera nera Tommie Smith sul podio dei 200 metri a Città del Messico 1968? O il cartellino rosso sventolato in faccia a Francesco Totti dall'arbitro Byron Moreno al Mondiale 2002, un totem piantato dentro il dramma collettivo che condannò l'Italia di Trapattoni?

Gesti che hanno la stessa potenza evocativa di un movimento eseguito a regola d'arte: "La forza del gesto affonda le radici nelle fondamenta mitiche che ne stanno all'origine - spiega Zecchi -. Il valore mitico e simbolico, come se lo sportivo fosse un eroe in battaglia, è il senso più alto di una qualità raggiunta. L'eccezionalità di una prodezza sportiva incanta, stupisce, meraviglia". E chi non vuole essere continuamente incantato, stupito, meravigliato?


I calciatori di Guttuso

"Lo sport è un fatto culturale, legato al comportamento - sostiene il professor Alfredo Calligaris, preparatore atletico della grande Inter di Helenio Herrera, uno dei padri della medicina sportiva in Italia -. E' tra le prime forme di globalizzazione del senso estetico: parla dappertutto lo stesso linguaggio e sa suscitare emozioni". Ed è in grado di accendere il grilletto dell'ispirazione degli artisti: i virtuosismi muscolari dei calciatori di Renato Guttusom privi di volti anche se corpi e maglie sono ben definiti, sono del 1965 e non possono non risentire del gesto vigoroso ed elegante che - a quel punto - da molti decenni si è imposto come icona del calcio italiano. E' il 15 gennaio 1950 quando, all'ottantesimo minuto di Fiorentina-Juventus, il difensore piemontese della Signora Carlo Parola si esibisce nella rovesciata per antonomasia, il parametro con cui da quell'istante in poi verrà misurata ogni acrobazia tra terra e aria di qualsiasi bipede in parastinchi.

La sublime bellezza del calcio anni luce prima dell'atletismo di Ibrahimovic. Corrado Bianchi, il fotografo maremmano autore dello scatto, racconterà così quel frammento di sport impastato di storia: "Parte un lancio di Magli verso Pandolfini. Egisto scatta, tra lui e il portiere c'è solo Carlo Parola; l'attaccante sente di potercela fare ma il difesore non gli dà il tempo di agire. Uno stacco imperioso, un volo in cielo, una respinta in uno stile unico. Parte l'ovazione".

Un colpo di reni in acrobazia che rimane conficcato nella cronaca spicciola di una partita dimenticabilissima (finita 0-0) e che nessuno, all'epoca, può immaginare che verrà immortalato da centinaia di milioni di album e bustine di figurine Panini in tutto il mondo.


Dalla statua di Mirone al cd

Ne hanno fatto di strada, i gesti dello sport, dal Discobolo di Mirone, illuminato anello di congiunzione tra paraclassico e classico. "Nel Terzo Millennio il disco è diventato un cd: si è digitalizzata l'idea di bellezza" è la tesi affascinante di Marino Niola, sociologo e antropologo. "Per gli antichi la bellezza era l'aspetto visibile dell'armonia e della bontà, l'equilibrio perfetto tra statica e dinamica. Oggi, invece, la bellezza nello sport contiene un concetto performativo: è la rottura dell'equilibrio". Tesi e antitesi. Il parametro di è capovolto. "Non a caso - spega Niola - spesso l'esultanza degli atleti, ma anche dei tifosi, ha qualcosa di isterico". Il gesto atletico di oggi, rispetto al Discobolo, ci parla di una società competitiva, che mette le persone e le fazioni una contro l'altra.

[...]

Nello sport moderno bisognoso di pulizia e di etica, isola felice in un mare inquinato, sopravvive l'incanto del gesto puro, portatore sano di emozioni e immortalità. Una parata plastica di Gigi Buffon che vale il quinto scudetto consecutivo della Juventus. La funambolica perversione di un tuffo di Tania Cagnotto, tanto più bello quanto più contorto e avvitato, in caduta libera verso i Gicohi di Rio. Il colpo di reni da umano con le ossa cave di Gianmarco Tamberi, l'altista marchigiano che studia da nuovo Javier Sotomayor.

Il saluto della scherma è il doveroso atto di cortesia verso l'avversario, antico quanto la disciplina, il rituale che la più grande schermitrice della storia appena giunta al passo d'addio - Valentina Vezzali - ha ripetuto uguale a se stesso per vent'anni di carriera, facendone l'architrave di un sistema chiuso di bellezza centripeta, accoccolata come un gatto neio 14 metri della pedana. "Non avrei mai potuto dimenticarmi il saluto, prima di un assalto - conferma la campionessa -. E' la prima cosa che il maestro mi ha insegnato, è il valore assoluto attorno a cui ruota la mia disciplina." E' la bellezza solenne della tradizione: chi non fa il saluto o lo esegue male. rischia una penalizzazione.  

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