CIO / I Giochi 2020 assegnati a Tokyo. Per il 2024 si riapre il capitolo Roma.

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Domenica 8 Settembre 2013

”Tokyo 2020 We Beliewe” era la scritta che illuminava il tempio Zojoji. Chi l’aveva apposta aveva visto giusto. Toccherà infatti a Tokyo organizzare i Giochi della XXXII Olimpiade (le date: dal 21 luglio al 9 agosto; nel 1964 si era gareggiato a metà ottobre). Questo il responso della 125ª Sessione del CIO tenuta all’Hilton di Buenos Aires sabato 7 settembre. Alla capitale giapponese – una megalopoli da 13 milioni di abitanti – sono bastate due votazioni per eliminare prima Madrid e poi rintuzzare le ambizioni di Istanbul. Alla prima chiamata, con 94 votanti (esclusi i membri dei paesi interessati), Tokyo ha avuto 42 preferenze, con Madrid e Istanbul alla pari con 26, tanto che per eliminare una delle contendenti si rendeva necessario il ballottaggio: prevaleva Istanbul per 49 a 45. Alla sfida finale, con i voti madrileni spostati sui nipponici, la proposta di Tokyo aveva largamente la meglio raccogliendo 60 voti contro i 36 dei turchi (più una astensione). Questo per la cronaca. Più articolate le considerazioni che scaturiscono dalla votazione. La prima riguarda, almeno nelle intenzioni, una scelta operata all’insegna della sicurezza, lontano da scommesse o avventure, come era capitato per Pechino 2008 o Rio 2016.


I membri del CIO – un gruppo di vecchi signori sui quali ogni tanto aleggia lo spettro della corruzione – hanno dato le loro preferenze a una città che rappresenta un paese dall’economia solida, se non proprio in espansione, e che ha un approccio senza eccessi allo sport. Un paese che, comunque si guardi la vicenda, resta pur sempre rassicurante, sia dal versante politico che per l’ordine dei conti pubblici. Può bastare anche ad accantonare i timori per il disastro di Fukushima, sul quale il neo-premier Shinzo Abe ha rovesciato ondate di rassicurazioni (in attesa di mettere in sicurezza i reattori danneggiati). Se si vuole poi credere che la scelta del CIO sia stata indirizzata da una valutazione più tecnica delle candidature (e non da manovre o pressioni economiche), si può ritenere quella di Tokyo la più logica tra le tre che si sono confrontate in Argentina. Tecnologia d’avanguardia e impianti di eccellente efficienza già pronti in gran parte (alla fine saranno 36, quindici dei quali già ultimati, quasi tutti concentrati sulla Baia di Tokyo in un raggio di non più di 8 chilometri), alla base del successo che in molti avevano previsto. Un progetto, quello giapponese, alla cui realizzazione hanno contribuito una ventina di aziende internazionali e che, semmai, ha il solo difetto di una certa freddezza. Il costo previsto (come noto i consuntivi, per i Giochi, non arrivano mai) è di 3,45 miliardi con l’accantonamento di altri 4,5 miliardi.

Le altre contendenti. La scelta di Tokyo – chiamata per la seconda volta ad ospitare i Giochi dopo quelli del 1964, ma la cui ambizioni olimpiche risalgono almeno agli anni Trenta del secolo scorso – ha penalizzato oltre misura le ambizioni di Istanbul, alla sua quinta sfida senza successo. Per sostenerla, in Argentina era arrivato anche il capo del governo turco Recep Tayyip Erdogan, con l’intento di smussare le accuse di doping calate sul suo paese e, soprattutto, le manifestazioni di piazza dei mesi scorsi in nome di un maggior rispetto della democrazia e dei diritti civili. Non sappiamo quanto queste vicende abbiano pesato sulla scelta finale, ma è indubbio che Istanbul, una città a cavallo tra Europa e Asia, rappresentava una nuova frontiera per il movimento olimpico, con uno sguardo rivolto al pianeta musulmano. Una proposta affascinante, ma che da sola non è bastata a convincere i 97 grandi elettori.

Se sorpresa invece c’è stata, essa sta nella eliminazione di Madrid al primo turno. Si riteneva la capitale spagnola in possesso di molti argomenti convincenti, malgrado le condizioni non floride del paese, ben sotto la media europea. Con un progetto messo a punto anche attraverso le due precedenti consecutive sconfitte e che conta su un parco impianti già ultimato. Non è bastato. Qualcuno ha inteso trovare una spiegazione al nuovo fallimento nel doping che sembra endemico allo sport spagnolo. Si può però ritenere che, guardando in avanti, sia Istanbul che Madrid vorranno rigiocare la loro carta olimpica anche per il 2024. Come pare voglia fare anche Roma, stando almeno alle dichiarazioni a caldo del premier Letta (Enrico), del sindaco Ignazio Marino e del neo-presidente del CONI Giovanni Malagò. Nulla di nuovo in riva al Tevere, dove un’occasione da prima pagina non si può negare a nessuno. Anche se i più informati parlano già della candidatura vincente di Parigi che nel 2024 celebrerà il centenario dei mitici Giochi del ’24. E vendicare la sconfitta del 2012 quando dovette inchinarsi a Londra per un pugno di voti (56 a 50 il responso delle urne). Staremo a vedere.