Spagna '82 / Quel triplice "Campioni del mondo" ...

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Domenica 15 Luglio 2012
 spagna-1982

Sono trascorsi trent’anni, ma pochi successi del calcio sono conservati nella memoria collettiva della nostra gente come la vittoria ai mondiali di Spagna ’82. Dopo più di una generazione, quella vittoria è presente e vivida, ancor più dell’altra ottenuta in tempi recenti, nel 2006. Quel triplice “Campioni del mondo!” che Nando Martellini, al fischio finale dell’arbitro brasiliano Coelho, gridò con voce rotta, dette il via a una festa popolare di una dimensione e una partecipazione senza precedenti, al cui confronto impallidì quella del famoso 4-3 del Messico (sempre con la Germania …). Milioni di italiani si riversarono sulle strade e nelle piazze avvolti in drappi tricolori dalla più varie fatture, da quelli odorosi di naftalina scovati in fondo a qualche cassettone, a quelli cuciti in tutta fretta da zie e nonne volenterose, e non meno coinvolte di figli e nipoti.

In quella magica notte dell’estate1982, per la terza volta gli azzurri avevano vinto il campionato del mondo di calcio e, come mai era accaduto prima, tutti gli italiani, senza ceto e senza censo, si sentivano fratelli. I quotidiani sportivi uscirono a notte fonda con tirature rimaste insuperate. Fu una genuina festa nazionale che restituì a tutti l’orgoglio dell’appartenenza e la fierezza della vittoria. Alla festa partecipava anche il presidente Sandro Pertini che era volato a Madrid per la sfida conclusiva, una ennesima Italia-Germania, che gli azzurri si aggiudicarono con una superiorità che andò ben oltre il 3-1 conclusivo.

La cornice fu la solare Spagna appena tornata alla democrazia, dopo gli anni opachi del franchismo. Per ospitare nel modo più degno la rassegna, fiera della propria ricchezza artistica e culturale, la Spagna si trasformò in una immensa arena dai mille colori e dalle più accese passioni. La cerimonia di apertura, tenutasi al Nou Camp di Barcellona, fu sontuosa e densa di allegorie. Tra mille stendardi rossi e gialli, un esercito di ragazzi e ragazze riempirono il cielo di palloni colorati, mentre al suono di strumenti antichi si agitavano i giganteschi pupazzi rappresentanti tutte le province spagnole. Sulla tribuna d’onore c’era il nuovo re Juan Carlos. Difficile non scorgere in quel mondiale il rientro nella comunità internazionale di una Spagna finalmente europea, avviata sulla strada della modernità. Una premessa a quella più grande festa dello sport e dell’umanità che sarebbero state, dieci anni dopo, le Olimpiade catalane.

Quello dell’Italia, fu un campionato dalle diverse anime. Le premesse non parevano esaltanti, tanto più che il numero delle squadre era stato portato a 24. Due anni prima era deflagrato con violenza un altro scandalo delle scommesse, con pesanti squalifiche per alcuni nazionali, come Paolino Rossi, recuperato appena in tempo per diventare l’eroe del mondiale. Partita con prospettive incerte, nel primo turno la squadra di Bearzot rischiò addirittura il più clamoroso dei fallimenti, arenandosi in una serie di pareggi sconcertanti contro Polonia, Perù e un chiacchierato Camerun. In Patria ci si strappava le vesti, c’era chi gridava allo scandalo, sui giornali si faceva a gara nel firmare editoriali di fuoco, qualche parlamentare spinse il proprio zelo fino a chiedere il ritiro d’autorità della squadra. I giocatori reagirono stringendosi in un sdegnato silenzio stampa.

Ma quando tutto appariva perduto, accadde una specie di miracolo che è ancora tutto da spiegare. La storia è nota, impressa come è rimasta nella memoria nazionale. All’improvviso, inatteso si presentò quell’imponderabile che nel football si diverte spesso a mandare all’aria i pronostici più meditati. Quell’amalgama miracoloso di fortuna e capacità, che qualcuno si ostina a chiamare “cuore”. Via via vennero superate di slancio l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico, Socrates e Falcao (con la parata finale di Zoff che spense il respiro a milioni di italiani …). Poi in semifinale la Polonia di un Boniek acciaccato, e infine la Germania in una finale dal risultato già scritto da Rossi, Tardelli, Conti ...

Tanto che all’indomani L’Equipe poteva scrivere: “Ieri la Squadra [proprio così, in italiano, ndr] ha trionfato alla sua maniera, all’italiana: innanzitutto con uno spietato blocco difensivo, capace di neutralizzare tutti gli assalti di una squadra tedesca che, specialmente nel primo tempo, possedeva ancora delle risorse. E poi, con la formidabile volontà di portare con rapidità il pericolo nel campo avverso. Dopo un primo periodo equilibrato, l’Italia ha messo a segno molti pericolosi contropiedi che hanno scardinato la difesa tedesca. Il realismo italiano è stato spietato. E alla fine è stato giustamente ricompensato”. Nel consueto trasformismo italico, in molti tra gli addetti ai lavori si ingegnarono in indecorosi voltafaccia. Ci fu qualcuno, come Brera, che ammise semplicemente di essersi sbagliato, altri (e furono la maggioranza) si sperticarono nel rivelare, anche a chi non voleva saperlo, di averlo in fondo sempre saputo …, era solo scaramanzia. Ma tutto ciò, con quella straordinaria nottata c’entra poco.